Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23223 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23223 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato il DATA_NASCITA a Locri
avverso l’ordinanza in data 22/02/2024 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; uditi i difensori, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22 febbraio 2024 il Tribunale di Reggio Calabria, in sede di appello cautelare, ha confermato quella del G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria, che ha respinto la richiesta di NOME COGNOME di sostituzione della custodia in carcere, applicatagli per i reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. 309 del 1990, co la misura degli arresti domiciliari, sia pur presidiati da braccialetto elettronic
richiesta formulata ai sensi dell’art. 275, comma 4 cod. proc. pen. in ragione del fatto che NOME è padre di due figli di età inferiore ad anni sei e ha perduto la moglie nel gennaio del 2024, cosicché i predetti hanno necessità della presenza della figura paterna.
Ha proposto ricorso NOME tramite i suoi difensori.
Deduce vizio di motivazione in relazione all’art. 275, comma 4, cod. proc. pen. Era stato prospettato che la presunzione di cui all’art. 275, comma 4 cod. proc. pen. prevale su quella di adeguatezza della custodia in carcere, in assenza di uno spiccatissimo rilievo dei pericoli menzionati dall’art. 274 cod. proc. pen.
Il ricorrente si era creato un nucleo familiare e ha tragicamente perduto la moglie in un sinistro stradale occorso mentre tornava da un colloquio con il marito: a fronte di ciò, l’eccezionale intensità del rischio era stata rilevata dal G.i.p. termini astratti, con aggravamento del giudizio rispetto a quello formulato al momento dell’applicazione della misura.
Il Tribunale aveva omesso di motivare sulla sussistenza di specifici elementi dai quali poteva emergere l’allarmante rilievo dei pericoli, avendo fatto derivare le esigenze di eccezionale rilevanza dalla gravità dei reati per il ruolo avuto dal ricorrente e dalla presunzione legale di sussistenza delle esigenze cautelari, quando le eccezionali esigenze non possono desumersi dalla gravità del titolo di reato e dalla presunzione ex lege, occorrendo l’indicazione degli elementi che facciano emergere la certezza della reiterazione in presenza di pericolo concreto di tale intensità da superare la presunzione di non adeguatezza della custodia in carcere.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché risulta manifestamente infondato, indulgendo nella riproposizione di deduzioni che hanno trovato nel provvedimento impugnato idonea risposta.
Va invero rimarcato come il Tribunale abbia dato conto del corretto rapporto intercorrente tra la presunzione di adeguatezza della custodia in carcere, stabilita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., e la situazione contemplata dall’art. 275, comma 4, cod. proc. pen., rilevando la prevalenza della seconda, a meno che non ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.
Inoltre, il Tribunale ha sottolineato come tale eccezionalità debba correlarsi alla peculiare cogenza delle esigenze, tale per cui le stesse sarebbero certamente
vanificate da misure cautelari diverse dalla custodia in carcere (secondo i principi desumibili da Sez. 6, n. 7983 del 01/02/2017, Rotunno, Rv. 269167).
A fronte di ciò il Tribunale, contrariamente a quanto difensivamente dedotto, non ha fondato genericamente il proprio giudizio sulla gravità dei reati e sulla stessa presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Al contrario, ha segnalato la peculiarità del ruolo organizzativo, che, in base al quadro indiziario venuto in rilievo, il ricorrente aveva assunto nella conduzione di un vasto e ramificato traffico di sostanze stupefacenti, con forniture provenienti dal Sudamerica, implicanti la capacità di gestire l’invio del denario, le operazioni di esfiltrazione della cocaina al porto di Gioia Tauro e la successiva destinazione della droga, nel quadro di una rete di rapporti anche a base territoriale e familiare, comprovante una stabile dedizione allo svolgimento di attività illecite nel settore del narcotraffico, ulteriormente qualificata dalla disponibilità di una pistola e da operazioni volte al riciclaggio dei proventi, anche in Germania.
Inoltre, il Tribunale ha sottolineato come le illecite condotte fossero state compiute dopo che il ricorrente aveva riportato una elevata condanna per reati di rapina, in materia di armi e ricettazione, a dimostrazione della mancanza di qualsivoglia effetto dissuasivo e di un’indole refrattaria al rispetto di limiti e vincol nel quadro di un consolidato stile di vita, costituente anche l’essenziale fonte di reddito e di sostentamento, in tale prospettiva essendosi fatto riferimento anche ad un episodio risultante dal compendio indiziario, secondo cui il ricorrente aveva manifestato l’intendimento di assoldare un sicario per far uccidere un membro dell’organizzazione, che si temeva potesse rendere dichiarazioni pericolose.
Così inquadrato il rango delle esigenze connesse al pericolo di reiterazione di reati di pari natura e gravità, il Tribunale ha inoltre dato conto di un parimenti elevato pericolo di fuga, propiziato dai consolidati rapporti con trafficanti sudamericani e dai collegamenti instaurati in territorio tedesco, rilevando inoltre come la mera restrizione domiciliare avrebbe finito per ricollocare il ricorrente nello stesso ambiente familiare e criminale che aveva costituito l’humus dell’attività delittuosa pregressa.
La motivazione del provvedimento impugnato risulta dunque idonea a soddisfare lo standard richiesto per valutare l’eccezionalità delle esigenze cautelari, tali da imporre la restrizione in carcere senza alcuna possibilità di ricorso ad una mera restrizione domiciliare, sia pur presidiata da strumenti di controllo, o nonostante la situazione evocata dall’art. 275, comma 4, cod. proc. pen., non rilevando che nell’ordinanza genetica non si fosse fatto riferimento a
quell’eccezionalità, allorché risultava bastevole la presa d’atto dell’insussistenza di elementi idonei a vincere la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., fermo restando che rileva il quadro delineato piuttosto che l’utilizzo di formule linguistiche, ove sia comunque desumibile la cogenza del pericolo rappresentato.
Il ricorso, che si limita a contestare gli assunti del Tribunale, senza confutarne specificamente la valenza, risulta dunque inammissibile, conseguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa dell’inammissibilità, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 09/05/2024