Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33841 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33841 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Roccadaspide (SA) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/04/2025 del Tribunale di Salerno;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore del ricorrente, avvocato NOME COGNOME, che si è riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglinnento.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, con atto del proprio difensore, impugna l’ordinanza del Tribunale di Salerno in epigrafe indicata, che ha respinto l’appello da lui proposto a norma dell’art. 310, cod. proc. pen., avverso l’ordinanza con cui lo stesso Tribunale, quale giudice della cognizione, aveva rigettato la sua istanza di revoca o sostituzione degli arresti domiciliari, ai quali egli si trova sottoposto in relazione a due reati di turbata libertà degli incanti ed uno di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, in qualità di corruttore.
A lui si addebita, in estrema sintesi, di essere stato parte – nella qualità, allora rivestita, di presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE – di un sistema di condizionamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti deliberati dal Comune di Capaccio-Paestum, apprestato dal sindaco NOME COGNOME, per l’effetto ottenendo l’assegnazione alla predetta società di due di quegli appalti e versando in corrispettivo al sindaco una consistente somma di denaro ed altre utilità, mascherate da prestazioni relative a contratti di subappalto con altre ditte riferibili allo stesso COGNOME.
La sua difesa denuncia vizi di motivazione e violazione di legge processuale in punto di attuale permanenza di esigenze cautelari e di necessità di una misura custodiale.
2.1. Deduce, anzitutto, in linea AVV_NOTAIO, che, pur a fronte di un quadro cautelare notevolmente mutato, il Tribunale si è limitato a riportare la successione cronologica dei fatti ed a riproporre le considerazioni dell’originario provvedimento cautelare.
2.2. In particolare, poi, relativamente al ritenuto pericolo per la genuinità della prova, quei giudici si sarebbero soffermati esclusivamente sulla condotta del sindaco COGNOME, estendendone i possibili riflessi al ricorrente in ragione dei vantaggi che da quella gli potrebbero derivare, con una valutazione, però, che si presenta puramente congetturale, dal momento che l’ordinanza non individua nessun contributo attivo da lui prestato al malizioso comportamento del sindaco. Non è noto, infatti, il contenuto dei “pizzini” con i quali quest’ultimo soleva comunicare con i suoi complici; non è possibile, dunque, determinare quali sarebbero i vantaggi che da tale condotta altrui il ricorrente avrebbe potuto e potrebbe trarre; non può, infine, dedursi il pericolo di “inquinamento” probatorio dalla semplice eventualità che gli indagati predispongano una strategia difensiva concordata.
2.3. Quanto, poi, al pericolo di reiterazione criminosa, rileva la difesa che COGNOME ha dismesso tutte le sue cariche nella “RAGIONE_SOCIALE” sin dal momento dell’interrogatorio c.d. “di garanzia”.
Il Tribunale ha ritenuto che ciò non sia sufficiente ad elidere tale esigenza cautelare, in quanto egli ha comunque conservato un ruolo nel consiglio di amministrazione della società ed ha mantenuto una quota di partecipazione al relativo capitale.
Replica il ricorso che la prima affermazione è smentita dalla visura della RAGIONE_SOCIALE di commercio versata in atti, mentre il ruolo di socio sarebbe marginale ed ininfluente sulle deliberazioni della società, essendo l’indagato titolare di una quota del capitale sociale pari soltanto al 14% e non avendo più la possibilità di operare in nome e per conto di quella.
2.4. Si sostiene, infine, che, sulla base delle anzidette considerazioni, eventuali esigenze cautelari residue comunque avrebbero potuto essere salvaguardate con misure interdittive.
Ha depositato memoria scritta la Procura AVV_NOTAIO, chiedendo di rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è lagg–1 : 49-L 2F9 infondato.
Esso sostanzialmente si limita – fino al punto di esporsi a possibili censure d’inammissibilità per genericità – a riproporre le doglianze rassegnate al Tribunale dell’appello, senza un effettivo e puntuale confronto critico con gli argomenti impiegati da quei giudici per disattenderle. E la lettura coordinata, contenuta nell’ordinanza, di emergenze investigative pressoché incontroverse tra le parti non presenta alcuna evidente flessione di tipo logico, perciò sottraendosi a censura in questa sede.
Il Tribunale, infatti, ha diffusamente descritto un sistema di condizionannento degli appalti comunali particolarmente articolato, ordito ed attuato dall’allora sindaco COGNOME, al quale COGNOME ed il procuratore speciale della sua società, il coindagato COGNOME, erano legàti da un rapporto privilegiato (in un passaggio della motivazione essi vengono definiti «i principali beneficiari del sistema alfieriano»: pag. 30)
Unitamente a tale dato di contesto, l’ordinanza ha quindi valorizzato una serie di circostanze, che, senza alcuna forzatura logica, possono ritenersi favorevoli alla commissione di nuovi reati analoghi ed al condizionamento della prova, quanto meno in prospettiva dibattinnentale, avendo osservato come l’istruttoria in contraddittorio non sia ancora iniziata e dovendosi evidentemente tener conto delle limitate possibilità di migrazione nel processo degli atti delle indagini.
Si tratta, nello specifico, della particolare avvedutezza del sindaco nel proteggersi da possibili iniziative investigative (per esempio, ma non solo, comunicando mediante biglietti anche nei suoi colloqui a vista e dialogando con i suoi interlocutori in stanze diverse dal suo ufficio senza portarsi appresso i telefoni cellulari); delle specifiche abilità maturate dall’indagato, nel corso del tempo, nel sistema dei rapporti sotterranei con l’amministrazione comunale; del coinvolgimento della “RAGIONE_SOCIALE” RAGIONE_SOCIALE, tuttora attuale, in svariate procedure d’appalto ulteriori rispetto a quelle oggetto di giudizio; e, ancora, della natura $(. solamente formale della dismissione, da parte del ricorrente, delle cariche
all’interno della società, il cui patrimonio rimane suddiviso tra i suoi stretti familiari, i quali continuano a comporre anche il consiglio di amministrazione.
La prognosi di esistenza di concreti pericoli di reiterazione criminosa e di compromissione del quadro probatorio si rivela, dunque, ampiamente plausibile.
Sicuramente inammissibile per genericità, invece, è il secondo motivo di ricorso, in punto di adeguatezza di una misura coercitiva e custodiale anziché di tipo interdittivo.
Quella difensiva in tal senso, invero, è una pura asserzione (pag. 12, ricorso), in quanto non è sorretta da alcuna argomentazione specifica, a fronte di una motivazione dell’ordinanza, sul punto, che ragionevolmente dà risalto, in particolare, alla presa di distanza soltanto formale del COGNOME dalla società e, quindi, alla concreta probabilità che egli continui di fatto ad operare per conto di essa dietro lo schermo degli amministratori di diritto, così rendendo vane eventuali misure interdittive.
Il ricorso, in conclusione, dev’esser respinto, con conseguente condanna del proponente a sopportarne le spese (art. 616, cod. proc. pen.).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2025.