Esigenze Cautelari: La Detenzione per Altra Causa Non Annulla il Pericolo
La valutazione delle esigenze cautelari rappresenta uno dei punti più delicati del procedimento penale, bilanciando la libertà dell’individuo e la tutela della collettività. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su due aspetti spesso dibattuti: l’influenza di uno stato di detenzione preesistente e il semplice decorso del tempo. La Corte ha stabilito che questi fattori, da soli, non sono sufficienti a determinare un’attenuazione delle misure restrittive, ribadendo la necessità di una valutazione concreta e attuale del pericolo.
Il Contesto del Caso: Richiesta di Revoca della Misura
Il caso in esame riguarda una persona destinataria di una misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/90). Tale misura, tuttavia, non era mai stata eseguita poiché la persona si trovava già detenuta per un’altra causa. La difesa aveva presentato appello al Tribunale della Libertà chiedendo la revoca o la sostituzione della misura con una meno afflittiva. La principale argomentazione si basava sulla presunta disparità di trattamento rispetto ad alcuni coimputati, ai quali la misura era stata mitigata, nonostante fossero accusati anche del più grave reato di associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.).
La Decisione della Cassazione sulle esigenze cautelari
Il Tribunale della Libertà aveva respinto la richiesta e la Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso, ha confermato questa linea, dichiarando l’impugnazione inammissibile. La Suprema Corte ha smontato le argomentazioni difensive, offrendo un’analisi precisa dei principi che regolano la materia delle misure cautelari.
La Detenzione per Altra Causa
Un punto centrale della decisione riguarda lo stato di detenzione della ricorrente. La Corte ha ribadito un principio consolidato: essere detenuti per un’altra ragione non è di per sé un elemento che neutralizza le esigenze cautelari relative a un diverso procedimento. Il pericolo di reiterazione del reato, infatti, deve essere valutato in prospettiva. L’ordinamento penitenziario prevede diverse possibilità per cui una persona detenuta possa riacquistare, anche per brevi periodi, la libertà. Pertanto, la misura cautelare mantiene la sua funzione preventiva, preparandosi all’eventualità che lo stato di detenzione per l’altra causa venga a cessare.
Il Decorso del Tempo e la Parità di Trattamento
L’altro argomento difensivo, basato sul decorso del tempo e sulla situazione dei coimputati, è stato ugualmente respinto. La Cassazione ha ricordato che il semplice passare del tempo non comporta un’automatica affievolimento delle esigenze cautelari. Inoltre, il paragone con i coimputati è stato ritenuto improprio. La mitigazione della misura nei loro confronti era avvenuta non per un generico affievolimento del pericolo, ma per una ragione tecnica e specifica: l’imminenza del decorso dei termini massimi di durata della misura. Si trattava, quindi, di una situazione peculiare non estensibile alla ricorrente, la cui misura non era neppure mai entrata in esecuzione.
Le Motivazioni della Corte: Analisi Dettagliata
Le motivazioni della Corte si fondano su una valutazione rigorosa e concreta dei fatti. Il Tribunale aveva correttamente evidenziato la persistenza di un quadro indiziario grave, caratterizzato da plurimi acquisti e cessioni di sostanze stupefacenti, collegamenti con esponenti di spicco della criminalità organizzata locale e una manifesta professionalità nel delinquere. Di fronte a un quadro così delineato, la difesa non ha offerto elementi di novità in grado di incrinare la valutazione originaria circa la pericolosità sociale dell’imputata. La Corte ha sottolineato che, in assenza di nuovi elementi fattuali che dimostrino un reale cambiamento della situazione, la valutazione delle esigenze cautelari rimane valida. L’emanazione del decreto di rinvio a giudizio, inoltre, è stata considerata un atto dalla valenza neutra, non idoneo a modificare il quadro cautelare.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa sentenza riafferma principi fondamentali in materia di libertà personale e misure cautelari. In primo luogo, la valutazione delle esigenze cautelari deve essere sempre concreta e attuale, non basata su automatismi. In secondo luogo, né lo stato di detenzione per altra causa né il mero trascorrere del tempo sono, di per sé, sufficienti a giustificare una revoca o un’attenuazione delle misure. È necessario che la difesa fornisca elementi nuovi e specifici che dimostrino un effettivo venir meno del pericolo che la misura intende prevenire. Infine, il principio di parità di trattamento può essere invocato solo a parità di situazioni, e non quando le decisioni a favore di altri imputati sono basate su circostanze peculiari e non replicabili.
Essere già detenuti per un’altra causa fa venir meno le esigenze cautelari per un nuovo reato?
No, la Corte ha chiarito che lo stato di detenzione non esclude di per sé la configurabilità delle esigenze cautelari, poiché la persona potrebbe riacquistare la libertà, anche per brevi periodi, e la misura serve a prevenire tale rischio.
Il semplice passare del tempo è sufficiente per ottenere un’attenuazione della misura cautelare?
No, la sentenza ribadisce che il solo decorso del tempo non è un elemento sufficiente per desumere un’attenuazione o un’esclusione delle esigenze cautelari, se non accompagnato da altri elementi concreti di novità.
È possibile invocare la parità di trattamento se a un coimputato viene concessa una misura meno restrittiva?
Sì, ma solo se le situazioni sono effettivamente paragonabili. Nel caso di specie, la mitigazione per i coimputati era dovuta a una ragione tecnica specifica (l’imminenza della scadenza dei termini di durata della misura) non applicabile alla ricorrente, rendendo il paragone non pertinente.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30461 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30461 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nata a Canicattì il 26/09/1986, avverso l’ordinanza del 10/04/2025 del Tribunale della libertà di Caltanissetta udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Caltanissetta, giudicando sull’appello, ha rigettato la richiesta di NOME COGNOME di revocare la misura peraltro mai eseguita perché COGNOME risulta detenuta per altro – degli arresti domiciliari e di applicare una misura meno restrittiva in relazione al reato ex art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990 per il quale nei suoi confronti si procede.
Nel ricorso presentato dal difensore di Milazzo si chiede l’annullamento dell’ordinanza per vizio della sua motivazione consistito nel trascurare la disparità di trattamento fra la ricorrente e alcuni dei suoi coimputati nel medesimo procedimento per i quali – nonostante che gli stessi siano accusati anche del reato ex art. 416-bis cod. pen. – la misura è stata sostituita con misure meno restrittive, ritenendo le esigenze cautelari affievolitesi per il decorso del tempo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Tribunale ha osservato che non emergono elementi di novità circa le esigenze cautelari che possano condurre a accogliere l’appello.
1.1. GLYPH Ha correttamente ribadito che lo stato di detenzione per altra causa del destinatario di una misura coercitiva custodiale non è di per sé in contrasto con la configurabilità di esigenze cautelari, in particolare di quella rappresentata dal pericolo di reiterazione della condotta criminosa – perché nel vigente ordinamento penitenziario non vi sono titoli o condizioni detentive assolutamente ostativi alla possibilità di riacquistare, anche per brevi periodi, la condizione d libertà (Sez. 1, n. 3793 del 27/07/2023; Sez. 4, n. 484 del 12/11/2021, dep. 2022, Rv. 282416) – e che l’attenuazione o l’esclusione delle esigenze cautelari non può essere desunta dal solo decorso del tempo di esecuzione della misura (Sez. 3, n. 43113 del 15/09/2015, Rv. 265652).
1.2. GLYPH Ha richiamato le valutazioni sulle base delle quali nei precedenti provvedimenti si sono ravvisate le esigenze cautelari (pluralità degli acquisti e delle cessioni illecite di cocaina, collegamenti con criminali di spicco della mafia locale, inserimento in circuiti criminali, già manifestata professionalità nel delinquere) e ha considerato che la emanazione del decreto di rinvio a giudizio costituisce un dato dalla valenza neutra.
1.3. GLYPH Relativamente alla avvenuta mitigazione della misura cautelare nei confronti di alcuni coindagati ha osservato (precisando di prescindere da ogni valutazione giuridica sul provvedimento adottato) che questa è avvenuta per la imminenza del decorso dei termini di durata della misura e, quindi, per una situazione peculiare non valevole per la ricorrente (per la quale l’esecuzione della misura non ha ancora avuto corso).
Nel suo appello il ricorrente non ha offerto al Tribunale elementi di valutazione nuovi circa le esigenze cautelari già adeguatamente vagliate nei precedenti provvedimenti e, né con il ricorso in esame si confronta con quanto dal Tribunale correttamente osservato circa le altre questioni (come prima argomentato sub 1.1. e 1.2.).
Ne deriva che il ricorso risulta inammissibile con conseguente condanna della ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 12/06/2025