Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20213 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20213 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/12/2023 del TRIB. LIBERTA di GENOVA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME il quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Genova, quale giudice del riesame cautelare, a seguito di appello del pubblico ministero, applicava a COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere in relazione alla detenzione con finalità di spaccio di alcuni involucri contenenti sostanza stupefacente del tipo cocaina-crack, rinvenuti su un tavolo dell’abitazione ove egli abitava insieme ad un connazionale che, al momento della perquisizione si era dato alla fuga. Il giudice della cautela aveva applicato al Wade la misura del divieto di dimora nel Comune di Genova.
Il giudice del riesame, nel disporre la misura della custodia in carcere, valorizzava la personalità del ricorrente, privo di permesso di soggiorno ed irregolare nel territorio italiano, identificato anche mediante altri “alia pluripregiudicato per fatti della stessa specie e privo di una dimora stabile presso la quale potere disporre la esecuzione della misura domiciliare, evidenziando al contempo che, il pericolo di recidivazione desumibile dalle circostanze del reato, che atteneva ad una non modesta scorta di stupefacente di buona qualità e dai profili della personalità dell’indagato, prescindevano dall’ambito geografico e territoriale della cautela, ma imponevano una restrizione detentiva, anche in ragione del pericolo di fuga che sussisteva per la mancanza di stabili collegamenti con il territorio italiano.
3. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la difesa di NOME affidandosi ad un unico motivo di ricorso con il quale deduce violazione di legge, evidenziando da un lato la carenza motivazionale del provvedimento impugnato in relazione al dedotto ridimensionamento del quadro probatorio ravvisato nell’ordinanza genetica riguardo alla reale partecipazione dell’imputato alla detenzione della sostanza stupefacente, la quale era rinvenuta sul tavolo di una abitazione di cui il COGNOME non aveva la disponibilità; dall’altro alla mancanza di rinnovata valutazione della attualità e della concretezza delle esigenze cautelari, tanto con riferimento al pericolo di fuga, riconosciuto sulla base di valutazioni astratte che non consideravano che il COGNOME era stato già in precedenza cautelato e, in esecuzione pena, aveva sofferto un lungo periodo di detenzione domiciliare senza manifestare alcun intento di fuga, quanto in relazione al pericolo di recidivanza, tenuto conto che i trascorsi criminali erano risalenti, le ipotes ascritte riconducevano a fattispecie di minore offensività e che anche la gravità del fatto ascritto era ravvisata con giudizi ipotetici e non pertinenti su collegamenti con la criminalità locale e sulla qualità degli stupefacenti che non erano stati ancora sottoposti ad accertamento tossicologico.
1.11 ricorso è manifestamente infondato e ne va dichiarata la inammissibilità.
Va ricordato, in proposito, che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito. In questa prospettiva, alla Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Tale controllo di logicità, comunque, deve rimanere “interno” al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere ad una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o ad un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (sez.2, n.27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv.276976) in quanto alla Corte suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (sez.4, n.26992 del 29/05/2013, PM in proc.Tiana, Rv.255460). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2. In questa prospettiva, risulta evidente la manifesta fondatezza del ricorso, atteso che la difesa del ricorrente omette totalmente di confrontarsi con il contenuto dell’ordinanza impugnata la quale pure ha ampiamente motivato sulla ricorrenza di rilevantissime esigenze cautelari ricostruite, sulla base del disposto dell’art.274 cod.proc.pen., con riferimento alla gravità e alle specifiche modalità del fatto reato (detenzione in concorso di plurimi involucri di sostanza stupefacente del tipo cocaina e crack, strumenti di confezionamento e di suddivisione in un contesto evocativo, anche in presenza di rilevante somma di denaro in contanti, di una fiorente attività di spaccio), sia con riferimento ai profili personalistici del desunti dal concreto atteggiarsi del suo contributo alla commissione dei reati di cui alla contestazione, dai precedenti penali della stessa specie e dall’impiego di “alias”, oltre che dall’assenza di qualsiasi stabile collegamento con il territorio nazionale e della irregolarità amministrativa della sua presenza in territorio italiano. Nessun confronto risulta altresì svolto in relazione alla esigenza cautelare del pericolo di
fuga, individuato dal giudice del riesame, in aggiunta a quanto evidenziato dal primo giudice, attingendo ad una serie di elementi conoscitivi e presuntivi tratti dal curriculum giudiziario del reo e dall’assoluta precarietà della sua presenza sul territorio nazionale e, comunque dalla inadeguatezza di una misura coercitiva non detentiva, stante la rilevante capacità criminale non contenibile mediante una misura domiciliare in assenza di un domicilio stabile sul territorio nazionale.
Quanto poi ai profili di attualità delle esigenze cautelari esse non costituiscono un predicato della loro “concretezza”. Si tratta, infatti, di concet distinti, legati l’uno (la concretezza) alla capacità a delinquere del reo, l’al (l’attualità) alla presenza di occasioni prossime al reato, la cui sussistenza, anche se desumibile dai medesimi indici rivelatori (specifiche modalità e circostanze del fatto e personalità dell’indagato o imputato), deve essere autonomamente e separatamente valutata, non risolvendosi il giudizio di concretezza in quella di attualità e viceversa (Sezione COGNOME 3, 18 dicembre 2015, Gattuso). COGNOME In questa prospettiva, risulta evidente che le doglianze appaiano prive di confronto con la motivazione della ordinanza impugnata. COGNOME Il giudice del riesame ha rispettato pertanto l’obbligo motivazionale di evidenziare le ragioni per cui ha ritenuto sussistere una alta probabilità di reiterazione di condotte criminose della stessa specie), così da riconoscere una prossima, seppure non imminente, occasione di delinquere (sez.3, n.34154 del 24/04/2018 COGNOME, Rv.273674.01; sez.2, n.6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv.282767). In tema di esigenze cautelari invero il pericolo di recidiva è attuale ogni qual volta sia possibile una prognosi in ordine alla ricaduta nel delitto che indichi la probabilità di devianze prossime all’epoca in cui viene applicata la misura, seppur non specificatamente individuate, né tantomeno imminenti, ovvero immediate; ne consegue che il relativo giudizio non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, desunti sia dall’analisi della personalità dell’indagato (scrutinabile anche mediante l’apprezzamento delle modalità esecutive del fatto per cui si procede e dei precedenti penali pure presenti che denotano recidiva). Le indicate modalità e le caratteristiche della condotta criminosa e i profil afferenti alla personalità del prevenuto (azione delittuosa condotta, pluralità di correi, contesto criminoso in cui i correi operavano, rifornimenti abbondanti) costituiscono espressione della concretezza, ma ancora più dell’attualità delle esigenze cautelari connesse al pericolo di recidivazione criminosa. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto ai profili di adeguatezza e di proporzionalità il giudice del riesame, ha altresì escluso, con motivazione del tutto adeguata, che si sottrae al sindacato del giudice di legittimità, che i suddetti pericula possano essere contenuti mediante
una cautela domiciliare, in ragione della pluralità e della gravità delle es cautelarí da soddisfare, dell’insufficienza di un presidio lasciato all’autocontr cautelato, che neppure ha una stabile dimora tenuto conto della capacità crimin di questi.
Alla pronuncia di inammissibilità del ricorso consegue la condanna d ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza della prova esonero della responsabilità per colpa, al versamento di una somma di denaro favore della cassa per le ammende ai sensi dell’art.616 cod.proc.pen., nella mi indicata in dispositivo.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà ricorrente, deve disporsi ai sensi dell’articolo 94, cornma 1-ter, disp. atticoorditrans. cod. proc. pen. – che copia della stessa sia trasmessa al di dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perché provveda a stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 1° febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente