Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 12749 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 12749 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato in VENEZUELA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nata a CAPO D’ORLANDO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CAPO D’ORLANDO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CAPO D’ORLANDO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/06/2023 del TRIB. LIBERTA’ di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; ricorsi;
udite le conclusioni del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha chiesto di rigettare i udite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO e dell’AVV_NOTAIO, per gli imputati, che hanno chiesto di accogliere i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22 giugno 2023, il Tribunale di Messina – Sezione Riesame – in accoglimento dell’appello proposto dal pubblico ministero, ha applicato nei confronti di COGNOME NOME la misura degli arresti
domiciliari e nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME la misura del divieto di esercizio di poteri direttivi e di impresa per la durata di sei mesi, relazione ai reati di bancarotta fraudolenta (contestati al COGNOME, al COGNOME e al COGNOME), di minaccia a pubblico ufficiale (contestato al COGNOME), di dichiarazioni fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (contestati al COGNOME e al COGNOME) e di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (contestati al COGNOME e al COGNOME).
Il giudice per le indagini preliminari aveva rigettato la richiesta di applicazione delle misure, in quanto aveva ritenuto che le esigenze cautelari fossero prive del necessario requisito dell’attualità.
Il Tribunale per il riesame ha accolto l’appello, ritenendo fondate le argomentazioni spese dal pubblico ministero nell’atto d’impugnazione.
Avverso l’ordinanza, tutti e quattro gli indagati hanno proposto ricorso per cassazione a mezzo del loro difensore.
Il ricorso di COGNOME NOME si compone di due motivi.
3.1. Con un primo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen. e 216 e 219 legge fall.
Il ricorrente contesta la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e, in particolare, l’impostazione accusatoria secondo la quale l’indagato – nella qualità di amministratore di fatto – avrebbe completamente “svuotato” le società fallite “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, per trasferirne le risorse e i beni strumentali a nuove strutture societarie (“RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“).
Con particolare riferimento alla “RAGIONE_SOCIALE“, il ricorrente sostiene che: la Corte dei conti (sentenza n. 257 del 2023) avrebbe escluso in capo all’indagato la qualifica di amministratore di fatto del gruppo di società; il consulente AVV_NOTAIO. COGNOME avrebbe escluso che vi fossero particolari relazioni tra l’indagato e la “RAGIONE_SOCIALE“.
Tali elementi non potrebbero essere superati dalle conversazioni intercettate nel 2021.
Con particolare riferimento alla “RAGIONE_SOCIALE“, sostiene che il fallimento della società non sarebbe derivato da operazioni dolose compiute dall’indagato, bensì dall’esclusione, per squilibrio finanziario, della società sportiva dal campionato 2008-2009. Con particolare riferimento a tale società, il ricorrente sostiene che, come emergerebbe dal prospetto dei conti
correnti estrapolato dalla relazione del coadiutore, i conti della società sarebbero stati in ordine e chiusi in pareggio. Il ricorrente sostiene, inoltre, che i prelievi pagamenti contestati non fossero destinati ad altre società riconducibili all’indagato.
Con riferimento alla società “RAGIONE_SOCIALE“, il ricorrente sostiene che nessuna conAVV_NOTAIOa distrattiva potrebbe ipotizzarsi a carico dell’indagato, che sarebbe stato socio di maggioranza a partire dall’anno 2003 e, in tale veste, avrebbe anticipato alla società 500.000,00 euro. Le conAVV_NOTAIOe contestate sarebbero non delle distrazioni, ma dei meri rimborsi per le anticipazioni effettuate.
Il ricorrente, infine, sostiene che non vi sarebbero elementi certi e incontrovertibili per sostenere che l’indagato avesse svolto il ruolo di amministratore di fatto della società “RAGIONE_SOCIALE“.
3.2. Con un secondo motivo, deduce il vizio di motivazione, in relazione all’art. 274 cod. proc. pen.
Contesta la sussistenza delle esigenze cautelari, evidenziando che già il giudice per le indagini preliminari aveva posto in rilievo che non poteva ritenersi sussistente il requisito della attualità delle esigenze, atteso che le conAVV_NOTAIOe contestate risalivano al 2018. Il Tribunale avrebbe errato nel dare rilievo alla vicenda legata alla società “RAGIONE_SOCIALE“, poiché la relativa procedura fallimentare si era conclusa con il rigetto dell’azione, per insussistenza della condizione di decozione della società. Così come avrebbe errato nel dar rilievo alle minacce che l’indagato avrebbe proferito nei confronti del curatore, atteso che si tratterebbe di un reato di natura diversa da quelli per i quali si procede.
I ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME – redatti con un unico atto – si compongono di due motivi.
4.1. Con un primo motivo, deducono i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 274 e 292 cod. proc. pen.
Rappresentano che COGNOME NOME risponde esclusivamente del reato di cui al capo F) della rubrica, relativo all’emissione di una fattura per un’operazione inesistente.
Tanto premesso, sostengono che la motivazione del provvedimento impugnato, nella parte relativa alle esigenze cautelari, sarebbe viziata, atteso che essa non solo risulterebbe generica, avendo il Tribunale effettuato una valutazione cumulativa in relazione a tutti gli indagati, ma sarebbe anche non pertinente rispetto alla posizione del COGNOME, essendo sostanzialmente correlata ai fatti di bancarotta, a lui non contestati.
4.2. Con un secondo motivo, deducono il vizio di motivazione, in relazione all’art. 274 cod. proc. pen.
Sostengono che la motivazione del provvedimento impugnato, nella parte relativa alle esigenze cautelari, sarebbe generica e astratta, essendo basata esclusivamente sulle cariche formali rivestite dai tre indagati, che peraltro sarebbero relative a società oramai fallite.
Pongono, inoltre, in rilievo come sia trascorso un considerevole periodo di tempo dalla commissione dei fatti contestati agli indagati, che risalgono al 2018 e al 2019.
COGNOME NOME, con atto depositato il 5 dicembre 2023, ha presentato motivi nuovi.
5.1. Con un unico motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 274 cod. proc. pen.
Contesta la motivazione dell’ordinanza impugnata, nella parte relativa alle esigenze cautelari, poiché il Tribunale, dando rilievo alla vicenda relativa al finanziamento della società “RAGIONE_SOCIALE“, avrebbe fatto discendere la sussistenza del pericolo di recidiva dal mero esercizio di attività imprenditoriale.
La motivazione sarebbe, inoltre, «illogica ed acriticamente assertiva», nella parte in cui avrebbe dato rilievo al dissenso manifestato dall’indagato rispetto all’operato del curatore fallimentare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di COGNOME NOME deve essere dichiarato inammissibile, mentre, invece, i ricorsi degli altri indagati devono essere accolti.
Il ricorso di COGNOME NOME deve essere dichiarato inammissibile.
2.1. Il primo motivo è inammissibile.
Con esso, invero, il ricorrente ha articolato alcune censure che, pur essendo state da lui riferite alle categorie dei vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., non evidenziano alcuna effettiva violazione di legge né travisamenti di prova o vizi di manifesta logicità emergenti dal testo della sentenza, ma sono, invece, dirette a ottenere un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dal Tribunale (cfr. Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano).
Al riguardo, va ricordato che «in tema di ricorso per cassazione, il controllo di legittimità, anche nel giudizio cautelare personale, non comprende il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso
lo spessore degli indizi, né quello di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti nelle valutazioni del Gip e del tribunale del riesame, essendo, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento» (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Sansone, Rv. 269438).
Va evidenziato che, in ogni caso, il Tribunale, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato, ha motivato in maniera adeguata, coerente e senza incorrere in alcun vizio logico (cfr. pagine 3 e ss. dell’ordinanza).
Il Tribunale ha posto in rilievo che – dagli atti di indagine – emergeva che l’indagato aveva completamente “svuotato” le società fallite “RAGIONE_SOCIALE“, “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, per trasferirne le risorse e i beni strumentali alle nuove strutture societarie “RAGIONE_SOCIALE“, RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, in modo da consentire a queste ultime d continuare nelle medesime attività imprenditoriali, senza il peso dei debiti maturati dalle fallite.
Con particolare riferimento alla “RAGIONE_SOCIALE“, di cui l’indagato era anche amministratore di diritto, ha evidenziato che – dagli atti e, in particolare, dalla relazione del curatore – emergeva che, sebbene la società dopo la data del 30 giugno 2008 non avesse più operato essendo stata esclusa dal campionato, erano state effettuate rilevanti movimentazioni sul suo conto corrente, che avevano portato a un ulteriore significativo depauperamento dei conti aziendali e alla conseguente integrale erosione del capitale e del patrimonio sociale. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, dalla disamina delle movimentazioni bancarie, emergeva che i prelievi e i pagamenti erano destinati a società riconducibili all’indagato, quali l’RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE. A favore di quest’ultima, tra il terzo trimestre 2008 e il primo trimestre 2010, risultavano operazioni per complessivi euro 111.000,00, in un periodo di tempo in cui la “RAGIONE_SOCIALE” era inattiva e non aveva più depositato bilanci e documentazione contabile.
Il Tribunale, poi, ha rilevato che – dalle emergenze dell’istruttoria e, in particolare, dalle conversazioni intercettate (specificamente riportate ed analizzate nel provvedimento impugnato), dalle dichiarazioni rese da COGNOME NOME e dagli esiti dell’attività di perquisizione – risultava in maniera indiscutibile il ruolo di amministratore di fatto dell’indagato. Ha evidenziato che il «granitico quadro di gravità indiziaria» non poteva essere posto in discussione
dalle allegazioni dalla difesa e, in particolare, dalla sentenza della Corte dei conti, che riguardava una vicenda completamente diversa, in relazione alla quale l’autorità giudiziaria contabile aveva ritenuto che, nell’ambito di quel procedimento, non vi fossero prove specifiche a sostegno di una concreta attività gestionale svolta di fatto dall’indagato, nell’ambito dei consorzi agrari interessati da quelle vicende.
Il Tribunale, infine, si è ampiamente soffermato sulle conAVV_NOTAIOe distrattive poste in essere dall’indagato, specificando gli elementi sulla base dei quali le distrazioni emergevano (cfr., in particolare, pagine 5 e 6 dell’ordinanza).
Si tratta di una motivazione adeguata, rispetto alla quale il ricorrente non ha dimostrato la sussistenza di alcun effettivo travisamento di prova o di un vizio logico determinante.
2.2. Il secondo motivo del ricorso originario e l’unico motivo aggiunto – che possono essere trattati congiuntamente, essendo strettamente correlati tra loro sono inammissibili.
Essi, invero, sono privi di specificità, perché meramente reiterativi di identiche doglianze proposte con i motivi di gravame, disattese nella sentenza impugnata con corretta motivazione in diritto e congrua e completa argomentazione in punto di fatto (cfr. pagine 6 e ss. dell’ordinanza), con le quali il ricorrente non si è effettivamente confrontato.
Il Tribunale, in particolare, ha ritenuto che l’attualità delle esigenze cautelari fosse dimostrata dai due episodi, di recente accadimento.
Il primo relativo al finanziamento ottenuto dalla società “RAGIONE_SOCIALE“, che, a prescindere dallo stato di insolvenza di quest’ultima, dimostrava, comunque, che l’indagato aveva continuato a gestire come amministratore occulto le nuove società – che costituivano la “prosecuzione economica” di quelle fallite – e che le continuava a gestire con modalità analoghe a quelle che avevano portato all’insolvenza delle precedenti società, distraendo le risorse di queste ultime dai fini sociali.
Il secondo relativo alle pesanti minacce che l’indagato aveva proferito nei confronti del curatore fallimentare per costringerlo a desistere dal procedimento ex art. 147 legge fall.
Minacce che erano significative della pervicacia dell’indagato nel continuare nelle proprie conAVV_NOTAIOe criminose e che rendevano necessaria la misura di tipo custodia le.
Sotto altro profilo, va rilevato che il motivo aggiunto è inammissibile, poiché deAVV_NOTAIOo con atto presentato oltre il termine di 15 giorni dall’udienza.
I ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME devono essere accolti.
3.1. Entrambi i motivi – che possono essere trattati congiuntamente, essendo strettamente correlati – sono fondati.
Il Tribunale ha dedicato alla sussistenza delle esigenze cautelari relative a questi tre indagati poche righe, nelle quali si limita ad affermare che vi sarebbe la concreta esigenza di evitare la reiterazione delle conAVV_NOTAIOe collaborative che il COGNOME, la COGNOME e il COGNOME avevano tenuto in favore del COGNOME.
Si tratta di una motivazione del tutto carente in ordine alla concretezza e all’attualità del pericolo di reiterazione del reato.
Il Tribunale, invero, non ha indicato alcun elemento dal quale potere desumere l’effettiva concretezza di tale pericolo. Non si è poi posto il problema dell’attualità delle esigenze, a fronte di conAVV_NOTAIOe commesse tra il 2018 e il 2019 e in assenza di altre vicende dalle quali potere desumere il permanere delle esigenze cautelari (circostanza che, in ordine al profilo in questione, differenzia la posizione dei tre indagati da quella del COGNOME).
Devono, pertanto, essere accolti i ricorsi presentati da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, con conseguente annullamento, nei loro confronti, dell’ordinanza impugnata, con rinvio per un nuovo giudizio al Tribunale di Messina.
Deve essere, invece, dichiarato inammissibile il ricorso presentato da COGNOME NOME. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che deve determinarsi in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Messina, Sezione del Riesame.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, 15 dicembre 2023.