Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22004 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22004 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a REGGIO CALANOME COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a REGGIO CALANOME avverso l’ordinanza in data 23/11/2023 del TRIBUNALE DI REGGIO CALA-
NOME;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
lette le note dell’AVV_NOTAIO COGNOME, che ha replicato alla requisitoria del Procuratore generale e ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME e COGNOME NOME, per il tramite del comune difensore e con ricorsi congiunti, impugnano l’ordinanza in data 23/11/2023 del Tribunale di Reggio Calabria che, in sede di riesame, ha confermato l’ordinanza in data 03/10/2023 del G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria, che aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di COGNOME NOME e quella degli arresti domiciliari nei confronti di COGNOME NOME, per il reato di estorsione pluriaggravata, anche ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen..
Deduce:
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’omessa
valutazione della memoria difensiva e in riferimento all’art. 192 cod. proc. pen..
Inosservanza di norma processuale in relazione all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen..
Con il primo motivo il ricorrente mette in dubbio la credibilità della persona offesa, in ragione della preesistenza di un debito di COGNOME verso i COGNOME, per come risultante dalle dichiarazioni di COGNOME NOME, raccolte in sede di indagini difensive. Precisa che la circostanza era stata dedotta davanti al giudice, ma non era stata da questi valutata, così configurandosi nel vizio di omessa motivazione, su una circostanza decisiva.
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione ai gravi indizi di colpevolezza sull’estorsione e in relazione alle aggravanti contestate ai sensi dell’art. 628, comma 3, nn. 1 e 3 cod. pen. e 416-bis.1 cod. pen..
In questo caso si assume che il G.i.p. e il Tribunale non hanno specificato in cosa sarebbe consistita la minaccia rivolta dai COGNOME a COGNOME.
Violazione di legge, mancata assunzione di una prova decisiva e vizio di motivazione in relazione ai gravi indizi di colpevolezza e alle esigenze cautelari.
Il ricorrente evidenzia che dagli atti di indagine emerge che i COGNOME risultano estranei al contesto criminale di riferimento, per come confermato dai collaboratori di giustizia e dai contenuti delle conversazioni intercettate, con particolare riferimento a quelle intercorse tra COGNOME NOME e COGNOME NOME, che vengono compendiate.
Si aggiunge che in relazione all’estorsione in danno di Berna non si rinvengono contatti tra i COGNOME e NOME, che doveva essere il referente nel territorio di Gallina.
Con riguardo alla personalità degli indagati e alla loro proclività delinquenziale deduce l’esistenza di plurimi elementi positivamente valutabili in favore dei COGNOME, che vengono specificati, obiettandosi che non vi sono elementi concreti negativamente valutabili a loro carico.
3.1. La difesa sostiene anche che la valutazione fatta dal tribunale sull’attualità del pericolo di reiterazione risulta ultroneo e poco verosimile, in quant non tiene conto del tempo decorso tra il tempo di commissione dei fatti e l’applicazione della misura cautelare; precisa che risulta decorso un tempo pari ad almeno tre anni, visto che la stessa persona offesa ha dichiarato che i rapporti con i COGNOME si erano interrotti nel 2020 e che gli episodi contestati agli indagati sono circoscritti tra il dicembre 2018 e il dicembre 2020.
Aggiunge che l’attualità delle esigenze cautelari non può essere desunta dalla sola gravità dei fatti e che non è stato rinvenuto alcun elemento utile a far configurare l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen..
Con riguardo al pericolo di inquinamento probatorio si assume la totale
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assenza di elementi utili a desumerlo e la conseguente mancanza di concretezza e di attualità, in ragione della natura congetturale della motivazione.
I ricorrenti si dolgono altresì della violazione del principio di proporzione.
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. e dell’aggravante di cui all’art. 628, comma terzo, n. 3, cod. pen..
Con riguardo all’aggravante mafiosa declinata nel senso dell’agevolazione, i ricorrenti sostengono che a tal fine non è sufficiente la valorizzazione delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME, contraddetta dalla relazione della Polizia giudiziaria in data 20/06/2022 e dalla corretta lettura delle dichiarazioni rese dalla persona offesa COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso riferiti alla gravità indiziaria sono inammissibili, quanto si presentano come una lettura delle emergenze procedimentali alternativa a quella esposta dai giudici di merito.
1.1. Il tribunale ha rinvenuto i gravi indizi di colpevolezza a carico di COGNOME NOME e NOME nelle dichiarazioni della persona offesa, ossia COGNOME NOME, il quale ha riferito che, in origine, era stato vittima dell’estorsion perpetrata da COGNOME NOME, al quale aveva corrisposto una somma pari a circa cinquecento o mille euro, tra il 2015 e il 2018. Precisava che dal 2018, lo stesso COGNOME, gli ingiungeva di pagare nelle mani di COGNOME NOME e di COGNOME NOME la somma oggetto dell’estorsione. Perciò, dal 2018 al 2020 COGNOME riferisce di avere pagato la somma fino al 2020. COGNOME precisa che nel 2020 rifiutava di continuare i pagamenti e che perciò si aveva un “raffreddamento” nei rapporti con i COGNOME.
A domanda del pubblico ministero, COGNOME precisava che il “raffreddamento” era consistito nel fatto che i due COGNOME non erano più passati dalla sua azienda per riscuotere i pagamenti che, perciò, cessavano nel 2020.
Il tribunale ha spiegato che le dichiarazioni della persona offesa -oltre che risultate genuine, coerenti e non contaminate da intenti calunniosi- venivano riscontrate dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali riferivano -sostanzialmente- che l’estorsione in danno di COGNOME era stata resa possibile dall’intervento dei COGNOME. Ulteriore riscontro veniva indicato nelle risultanze dei procedimenti condotti dalla D.D.A. di Reggio Calabria, dalle quali emergeva l’esistenza di rapporti tra i COGNOME e soggetti appartenenti alle ‘ndrine reggine, in particolare con RAGIONE_SOCIALE NOME.
Tale quadro fattuale fa emergere gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati quanto alla partecipazione all’estorsione, visto che gli indagati si prestavano a ricevere le somme estorte. Possono ritenersi altresì configurate le
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aggravanti di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., sia sotto il profilo dell’agevolazion sia sotto il profilo delle modalità mafiose.
La condotta degli odierni ricorrenti, invero, si presenta in rapporto di consapevole continuità con l’originaria richiesta estorsiva avanzata da COGNOME evocando la cosca (così configurandosi la modalità mafiosa) e specificando che le somme pagate dalla vittima dell’estorsione erano somme necessarie alla cosca per pagare gli stipendi ai detenuti (così configurandosi l’agevolazione mafiosa).
Risulta configurata, altresì, l’aggravante delle più persone riunite, visto che è pacifico che entrambi i COGNOME si recassero insieme presso COGNOME per pretendere le somme estorte.
Va messo in evidenza come il tribunale abbia rimarcato e più volte specificato che i due COGNOME non sono partecipi ad alcuna consorteria mafiosa e che la condotta loro contestata è limitata alla partecipazione all’estorsione in danno di COGNOME.
1.2. A fronte di una motivazione che si presenta adeguata, logica e non contraddittoria oltre che conforme ai principi di diritto disciplinanti i temi trattat difesa solleva questioni intese a censurare il contenuto valutativo dell’ordinanza impugnata. Ciò importa che essi non sono riconducibili al vizio di violazione di legge, in quanto caratterizzate da apprezzamenti di fatto sull’ordito motivazionale del provvedimento impugnato, oltre che non apprezzabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
Va a tal proposito ricordato che in tema di misure cautelari personali «il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito», (Sez. 2, Sentenza n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628 – 01; Sez. 4, Sentenza n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884 – 01; Sez. 6, Sentenza n. 11194 del 08/03/2012, Lupo Rv. 252178).
Tali valutazioni di merito, invero, si rinvengono con riguardo alla mancata valutazione delle dichiarazioni di COGNOME, all’attendibilità della persona offesa e contenuto delle conversazioni intercettate.
Invero:
1.2.1. La censura di non aver preso in esame tutti i singoli elementi risultanti in atti ovvero prospettata dalle parti, costituisce una censura del merito della decisione, in quanto tende, implicitamente, a far valere una differente interpretazione delle emergenze processuali, sulla base di una diversa valorizzazione di alcuni elementi rispetto ad altri.
Peraltro, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, il tribunale ha dato atto dei contenuti delle dichiarazioni rese da COGNOME. Va specificato che dall’ordito argomentativo emerge come esse siano state ritenute recessive rispetto agli elementi ritenuti a carico dei COGNOME, così come illustrati.
1.2.2. Quanto alle considerazioni sviluppate dalla difesa in relazione al giudizio di attendibilità di COGNOME, va ricordato che «in tema di valutazione della prova testimoniale, l’attendibilità della persona offesa dal reato è questione di fatto, non censurabile in sede di legittimità, salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sullo “id quod plerurnque accidit”, ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità», (Sez. 4 -, Sentenza n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609 – 01).
La motivazione in esame non si mostra congetturale, così che risulta insindacabile in sede di legittimità.
1.2.3. Quanto al significato da attribuire alle conversazioni intercettate, va ribadito che «costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite», (Sez. 3 – , Sentenza n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01).
1.2.4. I motivi relativi ai gravi indizi di colpevolezza, sono, dunque, inammissibili.
A diversa conclusione si perviene in relazione al profilo delle esigenze cautelari, al cui riguardo i motivi si mostrano fondati in relazione ai profili de concretezza e della attualità.
2.1. Va ricordato che «in tema di custodia cautelare in carcere, la presunzione relativa di pericolosità sociale posta dall’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen. determina la necessità che il giudice, senza dover dar conto della ricorrenza dei “pericula libertatis”, si limiti a apprezzare le ragioni della su esclusione, ove queste siano state evidenziate dalla parte o siano direttamente evincibili dagli atti, tra le quali, in particolare, rilevano sia il fattore “tempo tras dai fatti”, che deve essere parametrato alla gravità della condotta, sia la rescissione dei legami con il sodalizio di appartenenza, desumibile da indicatori concreti, quali le attività risocializzanti svolte in regime carcerario, volte al reinserimento ne circuito lavorativo lecito, nonché l’assenza di comportamenti criminali», (Sez. 5 – , Sentenza n. 806 del 27/09/2023 Cc., dep. il 2024, S., Rv. 285879 – 01).
In sostanza, il giudice della cautela non può adagiarsi sulla mera presunzione
di pericolosità sociale prevista in via astratta dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., avendo l’obbligo di scendere sul piano concreto dei fatti, confrontandosi con quegli elementi idonei a superare quella presunzione, in quanto opposti dalla difesa o eventualmente emergenti dagli atti.
In tal senso vanno considerati -tra gli altri- il tempo trascorso dai fatti l’eventuale rescissione dalla consorteria di appartenenza, l’assenza di comportamenti criminali.
Il tribunale, in effetti, ha considerato il primo di tali elementi, ma ha del tutt trascurato gli ulteriori elementi, ancorché emergenti dalla lettura complessiva e unitaria dell’ordinanza impugnata.
I giudici, invero, hanno rilevato la significatività del tempo decorso dai fatti ma non hanno considerato gli ulteriori elementi incidenti sia sulla concretezza, sia sull’attualità del giudizio di pericolosità.
In tal senso il tribunale non ha considerato che i due COGNOME non appartengono ad alcuna consorteria mafiosa, così trascurando una circostanza che più volte viene rimarcata e ribadita nella motivazione dell’ordinanza impugnata, dove si tiene a sottolineare che ai due indagati non viene contestata la partecipazione ad alcuna cosca di ‘ndrangheta.
Parimenti, lo stesso tribunale evidenzia che la persona offesa aveva riferito che i due COGNOME non si recavano più a riscuotere le somme estorte quando COGNOME si rifiutò di pagare loro le somme oggetto di estorsione, così che gli indagati cessavano la propria condotta delittuosa, senza porre alcuna condotta utile vincere il rifiuto della vittima, al fine di protrarre ulteriormente la condotta delittuo
A ciò si aggiunga che il tribunale non evidenzia ulteriori condotte criminose realizzate dai due COGNOME prima e -soprattutto- dopo la vicenda in esame, a decorrere dal tempo del rifiuto opposto da COGNOME, ossia dal 2020.
La motivazione, dunque, non si confronta con tutti tali elementi che sembrano divergere circa la concretezza e attualità delle esigenze cautelari.
2.2. Analoghe considerazioni valgono anche per il pericolo di inquinamento probatorio, che risulta affermato in maniera apodittica dal tribunale, che non indica gli elementi concreti da cui ricava che i Polirneno potrebbero in qualche maniera intervenire sulla persona offesa per inquinare la genuinità delle sue dichiarazioni.
Indicazione tanto più necessaria a fronte della circostanza già evidenziata, secondo cui i due ricorrenti non reagivano in alcuna maniera al rifiuto opposto da COGNOME di eseguire gli ulteriori pagamenti.
A tale riguardo, va ricordato che «in tema di misure cautelari personali, il pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova, richiesto dall’art. 274 lett. cod. proc. pen., per l’applicazione delle stesse, deve essere concreto e va identificato in tutte quelle situazioni dalle quali sia possibile desumere, secondo la
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regola dell’id quod plerumque accidit, che l’indagato possa realmente turbare il processo formativo della prova, ostacolandone la ricerca o inquinando le relative fonti. (Sez. 6, Sentenza n. 29477 del 23/03/2017, COGNOME, Cc. Rv. 270561 – 01)».
2.3. Da quanto esposto emerge che l’ordinanza impugnata va annullata limitatamente alle esigenze cautelari, con rinvio al tribunale per rinnovare il proprio esame sul punto, alla luce dei rilievi sopra evidenziati.
Con riguardo alla sola posizione di COGNOME NOME, una copia del presente provvedimento deve essere trasmessa, a cura della Cancelleria, al Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1ter, disp. att. cod. proc. pen., in quanto dalla sua pronuncia non consegue la rimessione in libertà del detenuto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria Sezione per il riesame delle misure cautelari personali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1- ter, Disp. Att. Cod. Proc. Pen. nei confronti del solo COGNOME NOME.
Così deciso il 17/04/2024