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Esigenze Cautelari: Cassazione annulla per tempo

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare per estorsione aggravata. Pur riconoscendo la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, la Corte ha ritenuto carente la motivazione sulle esigenze cautelari. Secondo i giudici, il tribunale non ha adeguatamente considerato il lungo tempo trascorso dai fatti (oltre tre anni) e l’assenza di legami degli indagati con consorterie mafiose, elementi che impongono una valutazione concreta e attuale del pericolo di reiterazione del reato, non basata su mere presunzioni.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari: quando il tempo che passa svuota la pericolosità

La valutazione delle esigenze cautelari rappresenta uno dei punti più delicati del procedimento penale, poiché incide sulla libertà personale dell’indagato prima di una condanna definitiva. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 22004 del 2024, offre un’importante lezione su come il trascorrere del tempo debba essere concretamente ponderato dal giudice, andando oltre la semplice gravità del reato contestato. Il caso riguarda un’ordinanza di custodia cautelare annullata non per mancanza di indizi, ma per una motivazione insufficiente sulla persistenza del pericolo.

I Fatti del Caso

Due soggetti venivano sottoposti a misura cautelare (carcere per uno, arresti domiciliari per l’altro) per il reato di estorsione pluriaggravata, anche con l’aggravante del metodo mafioso. L’accusa si basava principalmente sulle dichiarazioni della persona offesa, la quale aveva riferito di essere stata costretta a versare somme di denaro prima a un esponente di una cosca locale e, successivamente, ai due indagati, che avrebbero agito come intermediari per la riscossione. I fatti contestati si erano svolti in un arco temporale compreso tra il 2018 e il 2020. Nel 2020, la vittima si era rifiutata di continuare a pagare e, secondo la sua stessa testimonianza, i due indagati avevano semplicemente cessato di presentarsi, senza porre in essere ulteriori condotte minacciose. Il Tribunale del Riesame aveva confermato le misure cautelari, ritenendo solidi gli indizi di colpevolezza. Contro tale decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha operato una netta distinzione tra il giudizio sui gravi indizi di colpevolezza e quello sulle esigenze cautelari, arrivando a conclusioni opposte per i due profili.

Gravi Indizi di Colpevolezza: una valutazione di merito insindacabile

Per quanto riguarda la sussistenza dei gravi indizi, la Cassazione ha dichiarato i motivi di ricorso inammissibili. I giudici di legittimità hanno ribadito che la valutazione delle prove, come le dichiarazioni della persona offesa e dei collaboratori di giustizia, spetta esclusivamente al giudice di merito. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. La Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale fosse logica e coerente nel ricostruire la vicenda e nell’attribuire credibilità alle fonti di accusa, confermando quindi la solidità del quadro indiziario a carico degli indagati per il reato di estorsione.

L’annullamento per la carenza di esigenze cautelari attuali

Il punto di svolta della sentenza risiede nell’analisi delle esigenze cautelari. La Corte ha accolto il ricorso su questo specifico punto, annullando con rinvio l’ordinanza impugnata. Secondo la Cassazione, il Tribunale del Riesame ha errato nel non fornire una motivazione concreta e attuale sul pericolo di reiterazione del reato. La semplice presunzione di pericolosità legata alla gravità del titolo di reato non è sufficiente, specialmente quando emergono elementi di segno contrario che il giudice ha l’obbligo di considerare.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha fondato la sua decisione su principi consolidati. In primo luogo, ha sottolineato che, anche in presenza di reati gravi per cui opera una presunzione di pericolosità, il giudice deve scendere sul ‘piano concreto dei fatti’. Nel caso specifico, il Tribunale aveva trascurato elementi cruciali:

1. Il tempo trascorso: Erano passati oltre tre anni dalla cessazione della condotta criminosa (2020) all’applicazione della misura cautelare. Un lasso di tempo così significativo impone una riflessione più approfondita sull’attualità del pericolo.
2. L’assenza di appartenenza a cosche: La stessa ordinanza impugnata specificava che i due indagati non erano affiliati ad alcuna consorteria mafiosa. Questo elemento indebolisce la presunzione di una pericolosità sociale radicata e persistente.
3. La condotta successiva ai fatti: Gli indagati, di fronte al rifiuto della vittima di continuare a pagare, avevano interrotto la loro azione delittuosa senza insistere o porre in essere ulteriori minacce. Questo comportamento, secondo la Corte, andava attentamente valutato per misurare l’effettiva pericolosità attuale.
4. Assenza di altri comportamenti criminali: Il Tribunale non ha evidenziato altre condotte criminose commesse dagli indagati nel periodo successivo ai fatti contestati.

In sintesi, la motivazione del Tribunale è stata giudicata apodittica e generica, poiché non si è confrontata con questi specifici elementi che potevano far dubitare della concretezza e attualità delle esigenze cautelari.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale dello stato di diritto: la compressione della libertà personale attraverso le misure cautelari deve essere sempre ancorata a un pericolo concreto e attuale, non a mere presunzioni o automatismi. Il giudice ha il dovere di motivare in modo puntuale, considerando tutti gli elementi a disposizione, inclusi quelli favorevoli all’indagato, come il tempo trascorso e la condotta post-delictum. Il caso viene quindi rinviato al Tribunale di Reggio Calabria per una nuova valutazione che tenga conto di questi principi, dimostrando che un solido quadro indiziario non implica automaticamente la necessità della custodia in carcere.

Perché la misura cautelare è stata annullata nonostante la presenza di gravi indizi di colpevolezza?
La misura è stata annullata non per l’assenza di indizi, ma perché la motivazione del Tribunale sulle esigenze cautelari è stata ritenuta carente. Il giudice non ha valutato in modo concreto e attuale il pericolo di reiterazione del reato, limitandosi a una valutazione astratta basata sulla gravità del reato contestato.

Quale importanza ha il tempo trascorso dai fatti nella valutazione delle esigenze cautelari?
Il tempo trascorso (in questo caso, oltre tre anni dalla cessazione della condotta) è un elemento fondamentale. La Corte di Cassazione ha stabilito che un lasso di tempo così significativo impone al giudice di motivare in modo particolarmente rigoroso perché il pericolo di reiterazione del reato debba considerarsi ancora attuale, non potendo basarsi su una semplice presunzione.

L’assenza di legami con la mafia ha influito sulla decisione?
Sì. Il fatto che gli stessi giudici di merito avessero escluso l’appartenenza degli indagati a consorterie mafiose è stato un elemento decisivo. Questa circostanza, unita al tempo trascorso e alla condotta tenuta dopo il rifiuto della vittima, avrebbe dovuto indurre il Tribunale a una valutazione più specifica e meno generica della pericolosità sociale degli indagati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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