Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20196 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20196 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Crotone il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la ordinanza in data 05/12/2023 del Tribunale di Catanzaro, seconda sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli art 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del di. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, Con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
rilevato che il ricorrente è stato ammesso alla richiesta trattazione orale in presenza, validamente richiesta nei termini di legge;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, riportandosi alla memoria del 29/03/2024.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 05/12/2023, il Tribunale di Catanzaro rigettava il ricorso ex art. 309 cod. proc. pen. presentato nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro applicativa della misura cautelare della custodia in carcere per i reati di illecita concorrenza e incendio in concorso (capo 3), tentata estorsione (capo 5) e turbata libertà di scelta del contraente (capo 4), tutti aggravati ex art. 416-bis.1 cod. pen. Nelle more, con ordinanza in data 16/02/2024, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro revocava la misura cautelare nei confronti del COGNOME in relazione ai capi 3 e 4 (la misura attualmente in vigore è in essere in relazione al solo capo 5).
Avverso la predetta ordinanza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla gravità indiziaria per gli atti intimidatori asseritamente posti in essere in dat 01/03/2019 e 21/04/2019 (capo 5: artt. 81, secondo comma, 56, 629, primo comma, 416-bis. 1 cod. pen.).
Nell’incolpazione provvisoria del capo 5, si contestano tre condotte di carattere intimidatorio: 1) il rinvenimento di bottiglia in plastica contenente benzina e accendino in data 01/03/2019; 2) il rinvenimento di un involucro bianco contenente due cartucce a pallini sull’autovettura della persona offesa NOME COGNOME (Sindaco del Comune di Roccabernarda) in data 21/04/2019; 3) la telefonata a NOME COGNOME (moglie del COGNOME) del 29/07/2019. Secondo il Tribunale, il grave indizio della paternità delle condotte intimidatorie iscritte COGNOME giace nelle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME, il quale indicava in NOME COGNOME il mandante di tali attentati, come riferitogli dal figlio NOME COGNOME con il quale lo COGNOME, dal 30 luglio 2018 al 29 maggio 2019, aveva condiviso un periodo di detenzione in carcere. In sede di interrogatorio reso in data anteriore all’episodio sub 3), il collaboratore riferiva di non sapere se il Sindaco COGNOME avesse estromesso il COGNOME dai lavori di manutenzione elettrica del Comune (presunto movente delle condotte) e, in merito alle intimidazioni sub 1 e 2 riferiva solo in ordine al mandante senza poter precisare se il COGNOME fosse stato l’esecutore. E nulla poteva aggiungere alla gravità indiziaria del primo episodio l’osservazione del Tribunale in merito alla fonte anonima (non costituente indizio) che il 04/03/2019 avrebbe riferito ai Carabinieri di Petilia Policastro che il COGNOME aveva “avvicinato” gli amministratori
comunali. Il Tribunale avrebbe poi affermato che, nel corso del servizio di ascolto operato dal 22/03/2019 ai 20/05/2019 delle captazioni ambientali presso la Casa comunale di Roccabernarda, gli amministratori avrebbero indicato nel COGNOME il “responsabile di tali azioni intimidatorie”: se il riferimento fosse alla captazione de 08/03/2019, questa potrebbe riguardare solo il primo atto intimidatorio, ma non anche i due successivi. Difetto di gravità indiziaria che vi sarebbe anche in relazione al terzo episodio, in quanto la COGNOME aveva riferito di conoscere il COGNOME ma di non aver conosciuto la sua voce nel corso della telefonata minatoria del 29/07/2019.
Secondo motivo: violazione di legge in merito alla valutazione delle esigenze cautelari. Il requisito dell’attualità del pericolo della reiterazione non può essere equiparato all’imminenza del pericolo della commissione di un ulteriore reato, specie se si pone mente alla circostanza, non irrilevante, dell’incensuratezza del COGNOME e dell’assenza di elementi recenti che diano conto dell’effettività di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a prevenire, così come pretende la giurisprudenza più recente in tema di valutazione dell’attualità del pericolo di recidivanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato in relazione al solo secondo motivo proposto.
Ritiene il Collegio, a fronte di deduzioni che invocano principi estranei alla fase cautelare, di dover chiarire i limiti di sindacabilità da parte di quest Suprema Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti sulla libertà personale.
2.1. Invero, secondo l’orientamento consolidato di questa Suprema Corte, che il Collegio condivide, l’ordinamento non conferisce al giudice di legittimità alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonchè del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’at impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: a) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la
congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr., Sez. 6, n. 2146 del 25/05/1995, COGNOME, Rv. 201840; Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011, deo. 2012, COGNOME, Rv. 251760).
2.2. Inoltre, il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze d riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti “prima fade” dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto (Sez. 1, n. 1700 del 20/03/1998, Barbaro, Rv. 210566), nè possono essere dedotte come motivo di ricorso per cassazione avverso il provvedimento adottato dal tribunale del riesame pretese manchevolezze o illogicità motivazionali di detto provvedimento, rispetto a elementi o argomentazioni difensive in fatto di cui non risulti in alcun modo dimostrata l’avvenuta rappresentazione al suddetto tribunale, come si verifica quando essa non sia deducibile dal testo dell’impugnata ordinanza e non ve ne sia neppure alcuna traccia documentale quale, ad esempio, quella costituita da eventuali motivi scritti a sostegno della richiesta di riesame, ovvero da memorie scritte, ovvero ancora dalla verbalizzazione, quanto meno nell’essenziale, delle ragioni addotte a sostegno delle conclusioni formulate nell’udienza tenutasi a norma dell’art. 309, comma 8, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 1786 del 05/12/2003, dep. 2004, Marchese, Rv. 227110). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3. In ogni caso, la nullità che la legge pone a presidio del corretto adempimento del dovere di valutazione critica non può essere infatti relegata in una dimensione squisitamente formalistica, e non può quindi essere dedotta facendo leva esclusivamente sulla rilevazione di particolari tecniche di redazione che al più possono valere quali indici sintomatici ma non sono esse stesse ragioni del vizio. La parte interessata deve, invece, indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali l’asserita accettazione acritica avrebbe impedito apprezzamenti di segno contrario e di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate (Sez. 1, n. 333 del 28/11/2018, dep. 2019, Esposito, Rv. 274760).
2.4. Tanto precisato, nel caso di specie deve rilevarsi quanto segue.
La censura proposta deve ritenersi manifestamente infondata perché attiene essenzialmente al merito della decisione impugnata, oltre a presentare profili di aspecificità, non confrontandosi adeguatamente con le argomentazioni del Tribunale del riesame che, senza incorrere in illogicità evidenti, ha riconosciuto gravità indiziaria in capo al COGNOME in relazione al fatto contestato al capo 5).
La vicenda è quella dell’esercente di un’impresa di manutenzione elettrica, l’indagato, che riceve commesse pubbliche dal Comune di Roccabernarda in una cornice di intimidazione mafiosa. Il fatto specifico per cui è procedimento riguarda un episodio di tentata estorsione ai danni del sindaco di quel Comune. La minaccia è stata attuata facendo rinvenire nei pressi dell’abitazione del sindaco una bottiglia contenente benzina ed un accendino. Nella circostanza, risulta che l’indagato abbia telefonato all’abitazione del sindaco e, parlando con la moglie dello stesso, abbia profferito minacce come meglio specificati in atti. Si legge nel provvedimento impugnato: “… tali atti di intimidazione si inserivano nel contesto delineato al capo precedente, laddove, a seguito di nuove elezioni amministrative, il COGNOME aveva perso i referenti politico-istituzionali grazie ai quali aveva, in sostanza, instaurat un monopolio sull’affidamento dei servizi di manutenzione. Con le contestate condotte il COGNOME mirava in modo inequivoco a costringere il COGNOME ad affidare alla ditta di cui era titolare il predetto servizio di manutenzione e, quindi, conseguire indebitamente la relativa remunerazione con pari danno per il Comune di Roccabernarda. Infatti il COGNOME … si era reso assegnatario del servizio di manutenzione dell’impianto di illuminazione pubblica del Comune di Roccabernarda dal 17/12/2009 al 23/02/2018 attraverso plurimi affidamenti diretti e dal 22/01/2018 al 22/01/2019 attraverso selezione seguita a gara ad evidenza pubblica. Il nuovo Sindaco COGNOME invece, interrompendo tale illecita procedura, con ordinanza n. 4 del 30/01/2019 affidava il predetto servizio in via temporanea ed urgente all’impresa “RAGIONE_SOCIALE” avente sede nel diverso Comune di Cutro. L’evento lesivo non si verificava perché il COGNOME non cedeva alle plurime intimidazioni, reali e verbali, e sporgeva querela per tali fatti presso i Carabinieri. Ricorre, altresì, la circostanza aggravante di aver commesso il fatto avvalendosi dell’appartenenza alla consorteria ‘ndranghetistica denominata “RAGIONE_SOCIALE” insistente nel territorio di Roccabernarda e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva o, comunque, di aver commesso il fatto allo scopo di agevolare l’attività della predetta organizzazione criminale, corroborandone il potere nei confronti dell’amministrazione comunale di Rocca bernarda RAGIONE_SOCIALE“. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
L’ordinanza impugnata descrive i gravi indizi a carico del COGNOME (telefonata minatoria partita da un’utenza fissa intestata ad un’ignara cittadina
previa indebita apposizione sulla predetta utenza di un doppino telefonico che rendeva possibile collegare abusivamente un apparecchio telefonico: le immagini tratte dal sistema di videosorveglianza consentivano di constatare la presenza del COGNOME nell’area interessata in orario compatibile con quello di effettuazione della minaccia; esiti di intercettazione ambientale presso l’Ufficio del Sindaco, che consentivano di evincere come gli amministratori pubblici avessero espressamente indicato il COGNOME come responsabile delle azioni intimidatorie; contenuto della fonte confidenziale dei Carabinieri di Petilia Policastro in data 04/03/2019, secondo la quale il COGNOME aveva “avvicinato” gli amministratori comunali per minacciarli: v. pagg. 8 e 9 dell’ordinanza impugnata).
2.5. Fermo quanto precede, lungi dal delineare un effettivo vizio di legittimità, le doglianze articolate nel primo motivo di ricorso finiscono per contestare il giudizio di merito in ordine alla gravità indiziaria cui sono approdati giudici di merito che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ritenere al contrario tali elementi pienamente e integralmente riscontrati all’esito della ricostruzione, consentita dalla fase processuale, della vicenda. Ed in effetti, è utile ribadire che, ai fini della corret deduzione del vizio di violazione di legge di cui all’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., il motivo di ricorso deve strutturarsi sulla contestazione della riconducibilità del fatto – come ricostruito dai giudici di merito – nella fattispec astratta delineata dal legislatore; altra cosa, invece, è, come accade sovente ed anche nel caso di specie, sostenere che le emergenze istruttorie acquisite siano idonee o meno a consentire la ricostruzione della condotta di cui si discute in termini tali da ricondurla al paradigma legale. Nel primo caso, infatti, viene effettivamente in rilievo un profilo di violazione di legge laddove si deduce l’erroneità dell’opera di “sussunzione” del fatto (non suscettibile di essere rimessa in discussione in sede di legittimità) rispetto alla fattispecie astratta; nel secondo caso, invece, la censura si risolve nella contestazione della possibilità di enucleare, dalle prove acquisite, una condotta corrispondente alla fattispecie tipica che è, invece, operazione prettamente riservata al giudice di merito. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorrente, in sostanza, contesta l’approdo decisionale cui sono pervenuti i giudici di merito, sottoponendo alla Corte una serie di argomentazioni che si risolvono nella formulazione di una diversa ed alternativa ricostruzione dei fatti volta alla “minimizzazione” delle condotte e ad una lettura forzosamente innocentista.
Fondato, come detto, è il secondo motivo.
La risalenza nel tempo della condotta (posta in essere nel 2019), l’assenza di sopravvenienze in senso sfavorevole all’indagato, la contrazione delle accuse,
l’indimostrata esistenza di rapporti con i ritenuti “ambiti criminali di settore” l’incensuratezza del ricorrente costituiscono circostanze di fatto che dovevano necessariamente imporre una rivalutazione del quadro cautelare ai fini dell’individuazione della misura più adeguata nell’attualità a far fronte alle ritenute esigenze cautelari di natura socialpreventiva: compito che, a seguito del presente annullamento sullo specifico punto, viene demandato al giudice di rinvio.
Da qui l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente alla valutazione inerente alla sussistenza di esigenze cautelari, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla valutazione inerente alla sussistenza di esigenze cautelari e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma 11 19/04/2024.