Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10895 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10895 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI BOLOGNA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/10/2023 del TRIB. DEL RIESAME di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del PG PAOLA FILIPPI:
il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria depositata e conclude per l’inammissibilità d ricorso;
udito il difensore:
AVV_NOTAIO del foro di CAGLIARI si riporta alle memorie depositate a mezzo pec in data 05/02/2024, associandosi alle conclusioni del Procuratore Generale
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 3 ottobre 2023 il Tribunale del riesame di Bologna, accogliendo l’impugnazione di NOME COGNOME, ha revocato nei suoi confronti l’ordinanza applicativa degli arresti domiciliari, ritenendo non più sussistenti l esigenze cautelari apprezzate dal giudice che aveva emesso la misura.
Ricorre per cassazione il pubblico ministero, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
Evidenzia che l’indagato, vice-brigadiere dei carabinieri, è sottoposto ad indagine per circa 35 episodi di falsità in atto pubblico, commessi nell’arco di due anni, principalmente nell’ambito di memoriali di servizio e di altri atti inter firmati nella qualità di comandante interinale di stazioni dell’Arma, allo scopo di far risultare una presenza in ufficio diversa e superiore a quella effettiva.
Ritiene che il Tribunale del riesame abbia reso una motivazione illogica circa l’inesistenza di esigenze cautelari attuali, facendo leva soprattutto su una sospensione dal servizio che è stata disposta in relazione all’applicazione della misura custodiale e che verrebbe meno laddove la misura fosse revocata, con conseguente riespansione delle esigenze cautelari.
Il Tribunale felsineo ha poi valorizzato la circostanza che i falsi addebitati a COGNOME sono stati commessi nell’ambito di una funzione di comando che il grado rivestito di norma non consente e che non è, comunque, consentita dalle funzioni cui è stato adibito a seguito dell’applicazione della misura; il pubblico ministero ricorrente obietta che uno dei reati oggetto di provvisoria incolpazione sarebbe stato commesso il giorno successivo al venir meno del comando interinale e dunque in assenza di una funzione di comando, sicché anche sotto questo profilo la motivazione dell’ordinanza impugnata sarebbe illogica.
Infine, il Tribunale sarebbe incorso in violazione di legge laddove ha sostanzialmente confuso il concetto di attualità del pericolo di reiterazione con il concetto di “imminenza” di tale pericolo, non richiesto dalle norme.
È stata chiesta la trattazione orale.
Il Procuratore generale si è riportato alla memoria nella quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il Difensore si è richiamato alla propria memoria, associandosi alle conclusioni del Procuratore generale ed allegando il definitivo trasferimento del COGNOME ad altro incarico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
E’ certamente vero, come sostiene il Pubblico ministero ricorrente, che, in tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato non va equiparato all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato: esso «indica, invece, la continuità del “periculum libertatis” nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminal dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare» (Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767; conf. Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991).
Non si richiede al giudice della cautela, dunque, un giudizio sull’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto quanto «una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata del fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza» (Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, Gizzi, Rv. 282891).
La motivazione del Tribunale del riesame appare conforme alle richiamate e consolidate premesse interpretative e non appare viziata da profili di illogicità manifesta, evidenziabili ictu ocu/i dal testo del provvedimento impugnato.
Il Tribunale, infatti, premesso il giudizio di gravità indiziaria rispetto a tu fatti-reato cui si riferiva il titolo cautelare, ha esaminato la fattispecie concre fondato il giudizio di insussistenza dell’attualità del pericolo di reiterazione quelle caratteristiche della stessa che la giurisprudenza di legittimità da ultimo citata ha ritenuto significative sul punto: modalità realizzative della condotta, personalità del soggetto, contesto socio-ambientale.
Il Tribunale ha correttamente considerato che i circa 35 episodi di falso per cui si procede sono stati realizzati approfittando della posizione provvisoria di comando che al vice-brigadiere COGNOME era stata attribuita. Sul punto il pubblico ministero ha evidenziato la contestazione di un singolo episodio di tentata truffa militare, commesso il giorno seguente alla cessazione di tale esperienza di comando, ma ciò non toglie rilievo alla condivisibile affermazione del Tribunale,
resa plasticamente evidente dal numero delle contestazioni di falso in atto pubblico e della loro collocazione nel tempo, esattamente in corrispondenza dei momenti in cui il COGNOME è stato comandante interinale, sicché appare logicamente fondata la conclusione secondo la quale distogliere l’indagato da tali posizioni riduce la propensione alla reiterazione, quantomeno, dei delitti di falso in atto pubblico che sono le più gravi e ripetute tra le contestazioni formulate.
In punto “personalità del soggetto” il Tribunale ne ha evidenziato l’incensuratezza, con considerazioni che il Pubblico ministero ricorrente non ha contestato.
Quanto al contesto socio-ambientale, ancora una volta la motivazione si presenta priva di rilievi nel momento in cui ha corroborato il giudizio di non attualità delle esigenze cautelari (sia sotto il profilo del pericolo di reiterazione sotto il diverso profilo dell’inquinamento probatorio) con considerazioni inerenti all’effetto dissuasivo dell’iniziale sottoposizione a misura in capo ad un appartenente alle forze dell’ordine, alla diffusione mediatica della notizia, a trattamento riservato al COGNOME dai propri colleghi, che non si sono mai resi disponibili ad “addomesticare” prove a suo favore.
Il Tribunale ha poi considerato il trasferimento del COGNOME, seguito alla vicenda, per trarne la ragionevole convinzione che lo stesso non sarà più assegnato ad un ruolo di comando.
L’osservazione del Tribunale del riesame non è adeguatamente scalfitta dalla considerazione del Pubblico ministero secondo la quale, essendo la sanzione collegata alla pendenza della misura, la revoca di quest’ultima potrebbe porre nel nulla la sanzione militare inflitta. Non si tratta di discutere se COGNOME possa meno essere riammesso in servizio, ma di giudicare l’attualità, anche in assenza della misura, del rischio che egli sia nuovamente adibito nell’immediato futuro a ruoli di comando nell’Arma dei Carabinieri: giudizio che il Tribunale ha condotto, in modo logicamente scevro da vizi, escludendo tale concreta possibilità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del pubblico ministero.
Così deciso il 21/02/2024