Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 28439 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 28439 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il 27/07/1991
avverso l’ordinanza del 07/03/2025 del TRIBUNALE DI NAPOLI, in funzione di giudice dell’appello cautelare;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni della Procura generale, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME nel senso dell’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Napoli, con il provvedimento indicato in epigrafe, ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso il rigetto della Corte d’appello di Napoli dell’istanza di sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari (con sistemi elettronici di controllo).
Trattasi di istanza depositata dopo la sentenza di secondo grado, emessa all’esito di giudizio di rinvio, con la quale è stata confermata la responsabilità dell’imputato per la partecipazione al sodalizio di cui all’art. 74, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, previa esclusione del ruolo di organizzatore, e in merito a diversi reati fine (con conseguente modifica in melius del trattamento sanzionatorio, determinato, considerata la riduzione per il rito, in anni nove e mesi uno di reclusione).
Avverso l’ordinanza nell’interesse di NOME COGNOME è stato proposto ricorso fondato su un motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Si deducono violazione di legge e vizio cumulativo di motivazione in merito alla ritenuta persistenza delle esigenze cautelari e ai giudizi di adeguatezza e proporzionalità della sola custodia cautelare in carcere. Nonostante l’operatività del regime presuntivo di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., operante con riferimento alla fattispecie associativa, il Tribunale al fine di escludere l’adeguatezza degli invocati arresti domiciliari avrebbe dovuto motivare in merito all’attualità della condotta partecipativa dell’instante, con riferimento a una partecipazione accertata dal novembre 2017 all’agosto 2018 e per la quale l’indagato è in custodia cautelare in carcere dal 4 febbraio 2020. A ciò si aggiungerebbe la mancata considerazione di quanto emergente dalla sentenza rescindente in merito all’apparato motivazionale relativo al ruolo organizzativo attribuito ad NOME COGNOME successivamente escluso in sede di rinvio con conseguenti riduzione del trattamento sanzionatorio e sproporzione della misura cautelare in atto.
La Procura generale ha concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile.
La difesa censura l’apparato motivazionale sotteso alla ritenuta persistenza delle esigenze cautelari e all’adeguatezza e proporzionalità della sola custodia cautelare in atto in ragione del tempo decorso (tanto dai fatti quanto dall’esecuzione della misura custddiale), dell’esclusione del ruolo organizzativo in seno al sodalizio e dell’assenza di elementi tali da dimostrare l’attualità della condotta partecipativa, ferma restando la gravità indiziaria in ordine ai reati di cui all’ordinanza cautelare per i quali è stata confermata la condanna in appello (in ragione del c.d. «principio di assorbimento» del giudizio sulla gravità indiziaria dalla decisione sul merito dell’imputazione su cui si vedano, ex plurimis, Sez. 4, n. 15088 dell’11/03/2025, COGNOME, Rv. 287974 – 01, e con particolare riferimento al suo concreto atteggiarsi, Sez. 4, n. 39033 del 27/09/2022, COGNOME, Rv. 283587 – 01, e Sez. 1, n. 55459 del 15/06/2017, COGNOME, Rv. 272398 – 01).
Occorre premettere che (al pari di quello sulla gravità indiziaria) i giudizi circa la sussistenza delle esigenze cautelari e l’adeguatezza della misura applicata (anche in relazione al ritenuto mancato superamento del regime presuntivo di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., laddove operante) sono sindacabili in sede di legittimità soltanto se si traducono nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza, contraddittorietà insanabile ovvero in manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di legittimità non concerne dunque la ricostruzione dei fatti né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (ex plurimis: tra le più recenti, Sez. 4, n. 17450 del 02/04/2025, COGNOME in motivazione; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, Merja, Rv. 248698 – 01).
Circa il merito cassatorio, rileva evidenziare che in tema di misure cautelari si è definitivamente chiarito che l’art. 274, lett. c), cod. proc pen., n testo introdotto dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, richiede che il pericolo che l’indagato commetta altri delitti deve essere non solo concreto, ma anche attuale. Ne deriva che non è sufficiente ritenere altamente probabile che l’imputato torni a delinquere qualora se ne presenti l’occasione ma è anche necessario prevedere che gli si presenti effettivamente un’occasione prossima per compiere ulteriori delitti della stessa specie (Sez. 3, n. 34154 del 24/4/2018,
COGNOME, Rv. 273674 – 01; si veda altresì, tra le più recenti, Sez. 4, n. 17450 del 02/04/2025, COGNOME, cit.).
Il principio è stato successivamente calibrato, anche da questa stessa Sezione, affermandosi che il requisito dell’attualità deve essere inteso nel senso che possa formularsi una prognosi in ordine alla continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell’incolpato, desumibile anche dalle modalità del fatto per cui si procede, sia sull’esame delle sue concrete condizioni di vita. Tale valutazione prognostica non richiede, tuttavia, la previsione di una «specifica occasione» per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice (Sez. 4, n. 47837 del 4/10/2018, C., Rv. 273994 01, si veda altresì Sez. 4, n. 17450 del 02/04/2025, COGNOME, cit.). Essa richiede difatti una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (cfr. Sez. 5 n. 11250 del 19/11/2018, dep. 2019, Avolio, Rv. 277242 – 01; si veda altresì Sez. 4, n. 17450 del 02/04/2025, COGNOME, cit.).
Quanto sopra si pone in linea di continuità con i principi elaborati ancor prima della novella di cui alla I. n. 47 del 2015 che ha introdotto nel testo dell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., il requisito dell’attualità.
Si è infatti ritenuto, anche prima di tale modifica, che il requisito dell’attualità costituisse presupposto implicito per l’adozione della misura cautelare, in quanto necessariamente insito in quello della concretezza del pericolo. L’attualità deve difatti essere intesa non come imminenza del pericolo di commissione di ulteriori reati ma come prognosi di commissione di delitti analoghi, fondata su elementi concreti, rivelatori di una continuità e effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata, al momento della adozione della misura, nella riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, non meramente ipotetiche e astratte, ma probabili nel loro vicino verificarsi (Sez. 6, n. 24779 del 10/5/2016, COGNOME, Rv. 267830 – 01; Sez. 2, n. 47891 del 7/9/2016, COGNOME, Rv. 268366 – 01; Sez. 2, n. 53645 del 8/9/2016, COGNOME, Rv. 268977 – 01).
Orbene, nella specie i giudici di merito mostrano di aver fatto corretta applicazione del doppio regime presuntivo di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (operante con riferimento all’ascritto reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990), tanto da non averlo ritenuto superato, previa
valutazione anche dell’intervenuta esclusione del ruolo organizzativo, del tempo decorso e delle altre deduzioni difensive.
5.1. Il riferimento è, in particolare, al ritenuto persistente pericolo d reiterazione in ordine al quale, nonostante l’evidenziato regime presuntivo, l’ordinanza impugnata si diffonde escludendo anche l’idoneità degli arresti domiciliari con strumenti elettronici di controllo.
Sul punto rileva l’apparato motivazionale che fa perno sulla capacità criminale dell’imputato desunta dalle modalità di partecipazione al sodalizio gestito dal genitore, come emergenti dalla sentenza d’appello. Pur escluso il ruolo organizzativo, il Tribunale valorizza il ruolo di primo piano assunto da NOME COGNOME nel coadiuvare suo padre nella gestione dell’associazione. Il riferimento è, in particolare, alla diretta tenuta da parte del ricorrente dei rapporti non solo con i sodali, occupandosi anche del loro mantenimento economico, ma anche con i fornitori internazionali mediante viaggi all’estero. Quanto innanzi è stato valorizzato al fine di evidenziare, anche in ragione dell’assenza di una rivisitazione del proprio operato illecito, il concreto pericolo di intrattenere rapporti con ambienti della criminalità (anche organizzata) operante nel settore degli stupefacenti, ritenuto dai giudici di merito non arginabile con gli arresti domiciliari supportati da strumenti elettronici di controllo, ancorché da eseguirsi in luogo geograficamente distante da quello di operatività del sodalizio.
5.2. Quanto appena evidenziato mostra altresì l’inammissibilità di altri profili di censura per mancato confronto con la motivazione dell’ordinanza impugnata (per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 10897 del 29/01/2025, COGNOME, cit., tra le più recenti; Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286468 – 01; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, NOME, Rv. 254584 – 01).
In particolare, si deduce, ai fini del giudizio di adeguatezza, l’omessa considerazione da parte del Tribunale dell’operata esclusione in sede di rinvio del ruolo organizzativo, invece valutata in sede d’appello cautelare nei termini appena evidenziati, nonostante l’operatività del regime presuntivo di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. A dire del ricorrente, l’ordinanza impugnata avrebbe parimenti omesso di considerare, ai fini del persistente giudizio di proporzionalità, l’omessa considerazione del conseguente diverso trattamento sanzionatorio. Sotto tale ultimo aspetto, il ricorrente non confronta il suo dire non solo con l’operatività del detto regime presuntivo ma anche con la ritenuta gravità dei fatti emergente proprio dal trattamento sanzionatorio. Ancorché rideterminato in melius in ragione dell’esclusione del ruolo organizzativo, esso è
n
difatti pari ad anni nove e mesi uno di reclusione, così determinato, dunque, partendo dalla pena di tredici anni, sette mesi e quindici giorni di reclusione, ritenuta equa e congrue alla gravità dei fatti.
5.3. Il profilo di censura che si appunta sulla mancata considerazione dell’insussistenza di elementi tali da far ritenere ancora attuale la partecipazione del prevenuto al sodalizio è manifestamente infondato, in ragione del mancato confronto con il principio di diritto governante la materia.
In tema di misure cautelari riguardanti il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, difatti, la prognosi di pericolosità non si rapporta sol all’operatività della stessa o alla data ultima dei reati-fine ma ha a oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale, come avvenuto nella specie, il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti. Sicché, la mera rescissione del vincolo (in ipotesi anche in ragione della cessazione della permanenza del sodalizio) non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (ex plurimis: Sez. 4, n. 20973 del 13/05/2025, COGNOME, tra le più recenti, oltre che Sez. 3, n. 163 del 12/01/2021, COGNOME, Rv. 281293 – 01, e Sez. 4, n. 3966 del 12/01/2021, Fusco, Rv. 280243 – 01).
In conclusione, all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. e valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186).
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dalla Cassa delle
ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 20 giugno 2025
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