Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9919 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9919 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/03/2025
TERZA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Catania il 09/05/1987, avverso l’ordinanza del 04/11/2024 del Tribunale di Catania; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 4 novembre 2024, il Tribunale del riesame di Catania ha respinto il riesame proposto dal ricorrente avverso l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Catania del 18/10/2024, con la quale Ł stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME in relazione al delitto di cui agli artt. 110 cod. pen., 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990, perchØ, in concorso con altri soggetti, anche separatamente giudicati, avevano illecitamente trasportato da Catania fino a Siracusa, dove avevano effettuato, in favore di un acquirente, una prima cessione di 466 grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina e, poi, atteso che gli acquirenti non avevano gradito la qualità del narcotico, avevano provveduto alla relativa sostituzione, consegnando 500 grammi della medesima sostanza.
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, lamentando mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606, lett. e) e b), cod. proc. pen., per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen. in ordine al giudizio di sussistenza delle esigenze cautelari ed ai criteri di scelta della misura di cui agli artt. 273 ss. cod. proc. pen.
La difesa deduce, innanzitutto, la mancata considerazione della risalenza nel tempo dei fatti, che consentirebbe di escludere qualsivoglia attuale esigenza cautelare idonea a giustificare la massima misura custodiale, tanto piø che, in altro procedimento per reato analogo e coevo a quello qui
giudicato, relativo ad una partita di sette chilogrammi di sostanza stupefacente, definito con sentenza irrevocabile, il G.I.P. riteneva misura cautelare idonea nei confronti del predetto quella degli arresti domiciliari.
Deduce, inoltre, la difesa, sotto il profilo della concretezza ed attualità delle esigenze cautelari, che dette esigenze non possono essere desunte esclusivamente dalla gravità del reato per cui si procede, che l’ordinanza impugnata non prospetta alcun elemento attuale o, in ogni caso, successivo al periodo oggetto di contestazione, nØ tantomeno circostanze che preannuncino condotte future tali da suscitare un concreto pericolo di reiterazione o da cui possa ricavarsi il rischio del verificarsi di tali evenienze, sostenendo come non possa logicamente ritenersi che il ricorrente, privo degli strumenti necessari alla reiterazione degli illeciti, oltre che ristretto presso la propria abitazione e decontestualizzato dal contesto criminale oggetto del procedimento, possa reiterare le condotte illecite che gli vengono contestate.
Deduce, infine, la difesa che le contestazioni per le quali si procede sono riconducibili al medesimo disegno criminoso delle condotte irrevocabilmente giudicate, sicchŁ, in ipotesi di riconoscimento del vincolo della continuazione, i fatti per cui si procede sarebbero meno gravi rispetto a quelli sui quali si Ł formato il giudicato, con inevitabile ridimensionamento della pena che verrà inflitta e con la paradossale situazione nella quale il ricorrente sarebbe destinatario della misura degli arresti domiciliari per il reato piø grave e della custodia in carcere per il reato meno grave, in stridente contrasto con il principio di proporzionalità delle misure cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In via preliminare, quanto ai limiti del sindacato di legittimità, in tema di misure cautelari personali, deve essere ricordato che alla Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni e di controllare la congruenza della motivazione rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828).
Il controllo di logicità deve rimanere quindi ‘all’interno’ del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate; in altri termini, l’ordinamento non conferisce alla Corte alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nØ alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, in ciò rientrando anche l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice cui Ł stata chiesta l’applicazione della misura, nonchØ al tribunale del riesame. Il controllo di legittimità Ł perciò circoscritto al solo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, ovvero: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti cioŁ prima facie dal testo dell’atto impugnato (sul punto, tra le tante, cfr. Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013 Rv. 255460; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01).
Alla luce di tali condivise premesse ermeneutiche, deve rilevarsi che le doglianze prospettate vanno esaminate congiuntamente perchØ incentrate tutte sulla questione della sussistenza delle esigenze cautelari, nonchØ sulla adeguatezza e sulla proporzionalità della misura applicata, e sono infondate.
2.1 Per quanto attiene alla verifica dell’esistenza di elementi indicativi di un concreto pericolo di reiterazione del reato, si Ł avuto modo di rilevare, a seguito degli interventi modificativi apportati dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 (l’art. 2, lett. a) della legge suddetta ha disposto che all’art. 274. lett. c) cod. proc. pen. dopo la parola «concreto» siano inserite le parole «e attuale»), che (Sez. 3, n. 37087 del 19/5/2015, Marino, Rv. 264688), l’attuale conformazione della norma codicistica richiede ora che il pericolo che l’indagato commetta altri delitti sia non solo concreto, ma anche attuale, con la conseguenza che non Ł piø sufficiente ritenere – in termini di certezza o di alta probabilità – che questi torni a delinquere qualora se ne presenti l’occasione, ma Ł anche necessario, anzitutto, prevedere – negli stessi termini di certezza o di alta probabilità – che gli si presenti effettivamente un’occasione per compiere ulteriori delitti (v. anche, Sez. 6, n. 21350 del 11/5/2016, COGNOME, Rv. 266958; Sez. 6, n. 24476 del 4/5/2016, COGNOME, Rv. 266999).
Si Ł però ulteriormente precisato che tale requisito non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare Ł chiamata a realizzare (Sez. 2 n. 5054 del 24/11/2020, dep. 2021, Barletta, Rv. 280566; Sez. 1 n. 14840 del 22/1/2020, COGNOME, Rv. 279122; Sez. 3, n. 34154 del 24/4/2018, COGNOME, Rv. 273674; Sez. 5, n. 33004 del 3/5/2017, COGNOME, Rv. 271216; Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269684), dovendosi quindi escludere in presenza di una condotta del tutto sporadica ed occasionale e dovendo, invece, essere affermato qualora – all’esito di una valutazione prognostica fondata sulle modalità del fatto, sulla personalità del soggetto e sul contesto socio-ambientale in cui egli verrà a trovarsi, ove non sottoposto a misure – appaia probabile, anche se non imminente, la commissione di ulteriori reati, senza la previsione di specifiche occasioni di recidivanza, con la conseguenza che il requisito dell’attualità del pericolo può sussistere anche quando l’indagato non disponga di effettive ed immediate opportunità di ricaduta (Sez. 2, n. 2474 del 08/11/2024, dep. 2025, Greco; Sez. 3, n. 47644 del 05/12/2024, Sitzia; Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991; Sez. 5, n. 11250 del 19/11/2018, dep. 2019, Avolio, Rv. 277242).
Si Ł peraltro specificato, in alcuni casi, che il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto espressamente dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 nel testo dell’art. 274 lett. c) cod. proc. pen., costituiva già prima della entrata in vigore della legge in questione un presupposto implicito per l’adozione della misura cautelare, in quanto necessariamente insito in quello della concretezza del pericolo (Sez. 6, n. 24779 del 10/5/2016, COGNOME, Rv. 267830; Sez. 6, n. 9894 del 16/2/2016, C., Rv. 266421; Sez. 3, n. 12477 del 18/12/2015, dep. 2016, Mondello, Rv. 266485).
Il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, dunque, presuppone la riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati che può però essere apprezzata anche sulla base delle modalità della condotta concretamente tenuta, della personalità dell’indagato, del contesto entro il quale i fatti si sono svolti, nonchØ su altri elementi obiettivi che consentano la formulazione del giudizio prognostico richiesto, che resta necessariamente tale.
Nel caso in esame, il Tribunale cautelare ha adeguatamente illustrato le ragioni per le quali era sussistente il pericolo che l’indagato reiterasse la commissione di reati in materia di traffico di sostanze stupefacenti, in ragione dell’ingente quantitativo di sostanza stupefacente di cui disponeva e delle concrete modalità del fatto, indicative del solido inserimento di costui in una estesa rete criminale dedita al narcotraffico; il Tribunale evidenziava, altresì, che l’indagato riceveva ordini da NOME NOME COGNOME all’epoca dei fatti detenuto, e disponeva di persone di fiducia che curavano la consegna di cocaina venduta all’ingrosso. Aggiungeva il Tribunale cautelare che il ricorrente aveva concordato la pena per acquisto di sostanze stupefacenti di diversa tipologia da un gruppo
associativo mafioso facente capo a NOME COGNOME e che inoltre alcuni collaboratori di giustizia avevano indicato il ricorrente come impiegato a tempo pieno nel settore delle sostanze stupefacenti, molto vicino al clan COGNOME e uomo di fiducia del capo clan NOME COGNOME. Aggiungeva il Tribunale, sotto il profilo della personalità, la presenza di precedenti penali, anche se non specifici, e di procedimenti penali in corso per reati analoghi a quelli per cui si procede.
L’ordinanza impugnata, avendo pertanto ancorato a specifici elementi concreti il periculum libertatis, risulta, sul punto, del tutto immune da censure e trova completamento, sotto il profilo dell’attualità, nelle affermazioni del G.I.P. secondo cui, seppur le condotte sono riferibili al 2022, il modus operandi, le condanne subite e i recenti coinvolgimenti in attività criminali escludono una prognosi di volontaria astensione dal crimine da parte degli indagati; dovendosi ricordare in proposito che il provvedimento emesso dal giudice procedente e quello di conferma emesso dal Tribunale del riesame si integrano tra di loro reciprocamente, in modo che le eventuali carenze di motivazione dell’uno possono essere sanate con le argomentazioni utilizzate dall’altro (Sez. 4, n. 36157 del 12/09/2024, COGNOME; Sez. 6, n. 48649 del 06/11/2014, COGNOME, Rv. 261085; Sez. 3, n. 8669 del 15/12/2015, COGNOME, Rv. 266765), vigendo il principio della reciproca integrazione tra i provvedimenti del giudice di merito, costituenti doppia conforme anche per le ordinanze in materia di libertà personale (Sez. 4, n. 33710 del 21/06/2024, Stepich).
2.2 Anche sotto il profilo della scelta e della valutazione di adeguatezza della misura custodiale, il Collegio non ravvisa fondatezza nei rilievi censori mossi dal ricorrente, avendo il Tribunale ritenuto l’inidoneità di misure non custodiali, che gli avrebbero consentito di approfittare degli ampi margini di libertà alle stesse connessi per commettere nuovamente reati analoghi, nonchØ l’inidoneità degli arresti domiciliari perchØ anche detta misura, seppur applicata con mezzo elettronico di controllo, non avrebbe scongiurato il pericolo di condotte analoghe in ambito domestico, avvalendosi dei consolidati legami con la criminalità organizzata catanese. Il provvedimento impugnato appare, in definitiva, sufficientemente motivato anche sotto il profilo della adeguatezza della misura applicata, collegata alla concreta inidoneità di ogni misura meno afflittiva di quella piø grave a contenere il pericolo di reiterazione del reato (Sez. 3, n. 7782 del 20/01/2021, COGNOME; Sez. 3, n. 32702 del 27/02/2015, COGNOME, Rv. 264261).
Una motivazione, quindi, ampiamente esistente, esauriente e comunque sicuramente tale da escluderne quella assenza o apparenza di esistenza che sola concreta il vizio di violazione di legge eccepibile in questa sede.
Deve, infatti, ribadirsi che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione Ł ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., Sez. 6, n. 2705 del 12/09/2024, dep. 2025, COGNOME; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178 – 01).
Anche sul punto l’ordinanza impugnata si Ł espressa del tutto adeguatamente e conformemente alla legge.
In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso proposto nell’interesse del ricorrente deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
Tenuto conto, inoltre, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi Ł ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza ‘versare in
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, l. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate. Alla cancelleria spettano gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 05/03/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME