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Esigenze cautelari attuali: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un soggetto accusato di essere il promotore di un’associazione dedita al traffico di stupefacenti, confermando la custodia cautelare in carcere. La difesa sosteneva che le esigenze cautelari attuali fossero venute meno a causa del tempo trascorso dall’ultimo reato contestato. La Corte ha stabilito che, per gravi reati associativi, la presunzione di pericolosità è forte e il mero passare del tempo non è sufficiente a superarla, specialmente di fronte a una struttura criminale radicata e a un ruolo di vertice dell’indagato.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari Attuali: il Tempo Non Cancella il Pericolo nei Reati Associativi

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10102 del 2024, ha affrontato un tema cruciale della procedura penale: la valutazione delle esigenze cautelari attuali nei confronti di un soggetto accusato di essere al vertice di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La pronuncia chiarisce che il semplice decorso del tempo tra la commissione dell’ultimo reato e l’applicazione di una misura cautelare non è sufficiente, da solo, a far venire meno il pericolo di recidivanza, specialmente in contesti di criminalità organizzata.

I Fatti del Caso

Il Tribunale della Libertà di Trento aveva confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per un individuo, ritenuto promotore di un vasto gruppo criminale dedito al traffico di cocaina e hashish. La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua argomentazione principale sulla presunta mancanza di attualità delle esigenze cautelari. Secondo il ricorrente, l’ultimo reato-fine contestato risaliva a quasi due anni prima dell’esecuzione della misura, un lasso di tempo che, a suo dire, avrebbe dovuto far venir meno la presunzione di pericolosità. Inoltre, la difesa ha evidenziato che l’indagato aveva intrapreso un’attività lavorativa lecita, elemento che avrebbe dovuto essere considerato positivamente.

L’Analisi della Corte sulle Esigenze Cautelari Attuali

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno ribadito un principio consolidato in giurisprudenza: per i reati associativi di particolare gravità, come quello previsto dall’art. 74 del Testo Unico Stupefacenti, opera una doppia presunzione relativa. Si presume non solo la sussistenza delle esigenze cautelari, ma anche l’adeguatezza della misura più afflittiva, ovvero la custodia in carcere.

Spetta quindi all’indagato fornire elementi concreti per vincere tale presunzione, dimostrando o l’insussistenza del pericolo di recidiva o la possibilità di soddisfare le esigenze cautelari con una misura meno gravosa. La Corte ha specificato che il fattore temporale, sebbene rilevante, assume un peso decisivo solo se di “notevole consistenza”.

Le motivazioni

Nel caso di specie, il periodo intercorso tra l’ultimo reato contestato (ottobre 2021) e l’emissione dell’ordinanza (luglio 2023) – meno di un anno e nove mesi – è stato considerato “del tutto fisiologico” per indagini complesse come quelle relative a un’associazione criminale. Questo intervallo non è stato ritenuto sufficiente a indebolire la presunzione di pericolosità.

La Corte ha sottolineato che la prognosi sul pericolo di recidivanza non si limita alla data dell’ultimo reato, ma deve considerare la professionalità criminale dell’individuo e il suo grado di inserimento nel circuito illegale. Nel caso in esame, il Tribunale aveva correttamente valorizzato elementi schiaccianti: l’enorme quantità di stupefacenti gestita (oltre 12 kg di cocaina e 20 kg di hashish), l’elevato numero di soggetti coinvolti, i cospicui ricavi e l’utilizzo di condotte elusive. Questi fattori, uniti al ruolo di vertice del ricorrente, dipingono un quadro di elevata pericolosità sociale e di un radicamento profondo nell’ambiente del narcotraffico, rendendo concreto e attuale il rischio di reiterazione dei reati.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce la severità con cui l’ordinamento giuridico tratta i reati associativi. Per chi è accusato di far parte di un’organizzazione criminale, specialmente con un ruolo di primo piano, superare la presunzione di pericolosità è un compito arduo. La decisione conferma che i giudici devono effettuare una valutazione complessiva, che non si ferma al calendario, ma analizza la struttura del gruppo, la personalità dell’indagato e la sua capacità di continuare a delinquere. Il semplice trascorrere di un periodo di tempo, anche significativo, non basta a garantire una misura meno afflittiva se il profilo criminale complessivo indica un pericolo sociale ancora concreto e attuale.

Il tempo trascorso tra il reato e l’arresto annulla automaticamente la necessità della custodia cautelare?
No. Secondo la Corte, il decorso del tempo è solo uno degli elementi di valutazione. Se l’intervallo non è di “notevole consistenza” e se l’indagato ha un profilo di alta pericolosità legato a un reato associativo, la presunzione della necessità della misura cautelare rimane valida.

Cosa significa “presunzione di adeguatezza” della custodia in carcere per i reati associativi?
Significa che per reati particolarmente gravi, come l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 d.P.R. 309/1990), la legge presume che la custodia in carcere sia l’unica misura idonea a fronteggiare il pericolo sociale. È l’indagato a dover fornire prove specifiche per dimostrare che una misura meno grave, come gli arresti domiciliari, sarebbe sufficiente.

Quali elementi considera il giudice per valutare l’attualità del pericolo di recidivanza in un’associazione a delinquere?
Il giudice non si basa solo sulla data dell’ultimo reato, ma valuta complessivamente la professionalità criminale, il grado di inserimento dell’individuo nel gruppo, il suo ruolo, le quantità di droga trattate, i ricavi, la capacità organizzativa del sodalizio e l’utilizzo di condotte per eludere i controlli. Questi elementi dimostrano il radicamento nel circuito criminale e, di conseguenza, l’attualità del pericolo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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