Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13290 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13290 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/01/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a CANICATTI’ il 27/08/1973 avverso l’ordinanza del 10/04/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Milano Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso udito il difensore avvocato COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 10 aprile 2024 il Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell’appello cautelare ex art. 310 cod. proc. pen., in riforma dell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari in sede del 26 settembre 2023, ha applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di cui all’art. 416bis cod. pen.aggravato e descritto al capo 1) della rubrica.
L’ipotesi investigativa convalidata dal Tribunale del riesame milanese, in difformità da quanto deciso dal primo giudice, Ł quella della configurabilità di un’associazione mafiosa, costituita da un, così definito, sistema mafioso lombardo strutturato secondo modalità organizzative mutuate dalle mafie ‘storiche’ alcune delle quali, da tempo, già operanti sul territorio lombardo.
Si tratta di un vero e proprio sodalizio mafioso del quale fanno parte esponenti delle organizzazioni denominate cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta.
In particolare, NOME COGNOME costituisce figura inquadrata nel contesto del gruppo COGNOME della componente camorristica dell’associazione in questione e il relativo ruolo Ł stato desunto, secondo la descrizione dell’editto imputativo, dalla partecipazione ad alcuni delitti in materia di sostanze stupefacenti, dalla circostanza dell’accompagnamento dell’esponente di vertice, NOME COGNOME ad alcuni incontri con esponenti politici, dall’acquisizione diretta o indiretta del controllo di alcune attività economiche, dalla partecipazione alle condotte di reimpiego della gestione e del controllo di attività economiche e dalla partecipazione ad alcuni summit, ossia ad incontri
aventi ad oggetto la discussione di questioni qualificanti per la complessiva attività del gruppo.
L’esistenza di una sorta di consorzio tra alcune famiglie ascrivibili al novero delle mafie storiche operanti nel territorio milanese e limitrofo, ha trovato significativa convalida nell’affermazione del Tribunale secondo cui Ł configurabile un accordo stabile e duraturo tra indagati legati alle diverse componenti «di un sistema di cointeressenze tra gruppi operativi tra loro disomogenei sotto il profilo dello schieramento criminale, ma associati attraverso l’apporto comune di capitali, la predisposizione di mezzi, la messa a disposizione di risorse umane, la costituzione di società, tutti elementi funzionalmente aggregati dal fine comune, ossia quello di trarre profitto attraverso molteplici attività, lecite ed illecite, che costituiscono la fonte delle entrate delle organizzazioni criminali mafiose di riferimento ed il collante tra le stesse. A detta associazione Ł apportato da taluni indagati, quale ‘capitale sociale, il legame con tali gruppi criminali di originario riferimento nelle loro terre di origine, con i quali detto legame viene mantenuto proprio per la sua valenza ‘mafiosa’».
Di particolare rilievo, in funzione della prova (quanto meno, sotto il profilo della gravità indiziaria) della natura dell’associazione, le plurime dimostrazioni del mutuo sostegno economico ai componenti del gruppo attinti da provvedimenti restrittivi della libertà personale.
Con riferimento ai settori di operatività dell’associazione, sono stati indicati gli interessi per il narcotraffico, le estorsioni, le false fatturazioni, le attività nel settore dell’edilizia e di quelle attuate con la consumazione di illeciti fiscali, il riciclaggio.
Particolarmente attivo Ł stato ritenuto il sodalizio nel settore dei servizi erogati in materia di dispositivi di protezione nel periodo della pandemia da COVID-19 e degli ecobonus ristrutturazione al 110%.
Sono state valorizzate la emergenze investigative in tema di gestione di una cassa comune, della soluzione di controversie di natura economica (con l’esposizione in prima persona dei personaggi di vertice del sodalizio) e le plurime occasioni di incontro tra i diversi indagati, numerosi dei quali oggetto di registrazione audio video.
Oltre a ciò, il Tribunale si Ł ampiamente soffermato sulle attività intrinsecamente illecite quali la disponibilità di armi e le condotte estorsive per alcune delle quali anche il Giudice per le indagini preliminari ha ritenuto configurabile la gravità indiziaria.
Nella ricostruzione delle attività di narcotraffico Ł emersa la particolare destrezza dei diversi soggetti che vi hanno preso parte anche per la disponibilità, per nulla scontata, di criptotelefonini, per la significativa capacità di rifornimento e le quantità ingenti di sostanza reperita.
Peraltro, risulta dal capo di imputazione la contestazione di due delitti in materia di narcotraffico solo uno dei quali riguarda soggetti facenti parte del gruppo mafioso di cui al capo 1).
Con specifico riguardo alle estorsioni i giudici di merito si sono soffermati con riguardo specifico alla rilevanza criminale degli interlocutori e alla notorietà della circostanza nel contesto territoriale di operatività del gruppo.
Anche il costante impiego della violenza, di minacce, di vessazioni e soprusi Ł stato ritenuto indicativo della «spendita della fama criminale» acquisita in funzione della dimostrazione della percezione, sul territorio, della natura mafiosa del sodalizio.
Con riferimento alla posizione soggettiva del ricorrente NOME COGNOME il Tribunale ha evidenziato quanto segue.
Sono stati segnalati plurimi contatti, rapporti, incontri e conversazioni con esponenti di vertice dell’associazione in funzione del raggiungimento degli obiettivi del sodalizio.
E’ stata desunta la conoscenza, da parte dell’indagato, dell’attività del gruppo e la sua partecipazione alla stessa; tanto alla luce della gravità indiziaria ritenuta con riguardo allo spaccio di sostanze stupefacenti di cui ai capi 37) e 39) e al contributo alle attività di intestazione fittizia, al
commercio di gasolio e acciaio, a quello di mascherine, alle attività inerenti al superbonus, alla gestione di parcheggi e ambulanze.
Respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposto dal Pubblico ministero, il Tribunale ha ritenuto la sussistenza della gravità indiziaria della partecipazione dell’indagato alle condotte qualificanti gli interessi dell’associazione, quali la partecipazione ad alcuni episodi di cessione di sostanza stupefacente, i rapporti con i (ritenuti) esponenti apicali del gruppo associativo che ritenevano Orlando soggetto particolarmente affidabile, la partecipazione attiva alla gestione di alcune attività economiche di interesse comune.
Relativamente alle esigenze cautelari, il Tribunale ha richiamato la doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., a fronte della quale la mancanza di precedenti penali di rilievo e il decorso del tempo dai fatti sono stati ritenuti elementi recessivi.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore fiduciario, articolando due motivi.
3.1. Con il primo ha eccepito violazione di legge e vizio di motivazione contraddittoria e illogica in relazione alla partecipazione all’associazione mafiosa di cui al capo 1) della rubrica.
In ordine all’esistenza del sodalizio mafioso ha riepilogato, riportandosi alle relative considerazioni, quanto argomentato dal Giudice per le indagini preliminari in ordine alla sussistenza del gruppo mafioso.
In merito alla partecipazione, ha evidenziato la carenza indiziaria in ordine a numerosi reati fine (con particolare riferimento a quelli di trasferimento fraudolento di valori di cui ai capi 72) e 77)) e al delitto associativo di narcotraffico di cui al capo 22).
Con riferimento ai primi, ha evidenziato la mancata emersione di elementi tali da giustificare la riconducibilità al ricorrente delle società RAGIONE_SOCIALE
COGNOME non ha mai partecipato al versamento di denaro nella cassa comune e il sostegno economico per la detenzione di NOME COGNOME ha rivestito carattere episodico.
L’attività consistita nel «recupero» di una ingente somma di denaro Ł rimasta priva di concreti riscontri; irrilevanti sarebbero i contatti con ambienti della politica e del tutto lecite le iniziative imprenditoriali e le importazioni dall’estero.
Priva di portata significativa sarebbe, inoltre, la partecipazione ad alcuni incontri finalizzati alla pianificazione degli investimenti del gruppo.
L’apporto all’associazione si sarebbe esaurito in un breve periodo di tempo (aprile – giugno 2020) e sarebbe consistito in una partecipazione con ruolo marginale.
Nella prospettiva del ricorrente, si pone in termini di contraddittorietà la ricostruzione che vede Orlando autore della sottrazione di una ingente somma di denaro nei confronti di un soggetto apicale come NOME COGNOME senza subire conseguenze di rilievo.
Mancherebbe, infine, ogni motivazione in ordine all’affectio societatis, ossia della volontà consapevole di contribuire all’esistenza e al rafforzamento dell’associazione.
3.2. Con il secondo motivo ha eccepito i medesimi vizi con riguardo alle esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura applicata.
Il riferimento alla doppia presunzione operante ai sensi dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. sarebbe stato operato dal Tribunale milanese in termini apodittici e privi di concreto riferimento alla posizione del ricorrente.
I giudici di merito non avrebbero considerato, dunque, l’emersione di profili di dubbio ragionevole sulle esigenze cautelari nel caso concreto; d’altronde, la stessa mancata contestazione di reati fine, ad eccezione di due residuali ipotesi di spaccio di sostanze stupefacenti, nonchØ del
delitto di narcotraffico, in uno con la limitata durata nel tempo della partecipazione al sodalizio, integrerebbero elementi suscettibili di essere presi in esame al fine di escludere le esigenze cautelari.
In particolare, ha evidenziato la presenza di elementi positivi, con particolare, riferimento a quanto risultante da captazioni del 4 dicembre 2020 e del 24 marzo 2021, della sostanziale rescissione del vincolo associativo tra Orlando e il gruppo facente capo ad Amico, per come risultante anche dalla mancata contestazione di condotte ulteriori successive al dicembre 2020.
Il difensore e il Procuratore generale hanno chiesto procedersi a discussione orale.
Il Procuratore generale ha depositato una memoria con la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato limitatamente al profilo delle esigenze cautelari ed Ł infondato nel resto.
Il primo motivo di ricorso Ł infondato.
2.1. In relazione alla fattispecie associativa mafiosa, la cui esistenza, sotto il profilo indiziario, Ł stata contestata dal ricorrente (sebbene in termini piuttosto generici) si osserva che, ponendosi in termini di serrato confronto con l’ordinanza di rigetto del giudice investito dell’originaria richiesta cautelare, il Tribunale ha preventivamente illustrato gli elementi sui quali ha insistito il ragionamento del Giudice per le indagini preliminari, con particolare riguardo alla capacità intimidatoria del sodalizio, alla sua struttura, alla prova della partecipazione al gruppo e dell’affectio societatis e alla mancata valutazione dei elementi indiziari di segno contrario rispetto all’ipotesi avanzata con la richiesta originaria.
La nuova organizzazione mutua, secondo la ricostruzione del Tribunale, la propria natura mafiosa dalle organizzazioni originarie di appartenenza dei diversi consociati: «mafiosità che costituisce proprio una parte del capitale sociale, della dote che ogni organizzazione ha apportato al nuovo sistema».
E’ stato ricostruito tale indissolubile legame con le cosche storiche anche attraverso l’analisi degli interessi dei vari soggetti appartenenti alle cosche operanti tuttora nei territori che le hanno originariamente espresse (come, ad esempio, i rapporti di cointeressenza con la cosca della quale NOME COGNOME era il massimo esponente).
I rapporti sono stati giudicati tali da non escludere l’autonomia del gruppo mafioso di nuova costituzione e, comunque, da non pregiudicare la nascita e l’operatività di un nuovo autonomo sodalizio frutto di una cointeressenza inedita di affari tali da consentire un mutuo scambio di profitti tra i gruppi federatori in quello che Ł stato definito dal Tribunale una sorta di «patto federatore criminale» (o «pactum sceleris trasversale»), per come risultante da alcune vicende di natura economica espressamente riportate nel provvedimento oggetto di ricorso (pagg. 97 e seguenti).
La presenza di imponenti interessi comuni di natura economica non ha escluso la configurabilità anche di una gestione comunitaria o consortile di asset piø tradizionali delle cosche mafiose quali il narcotraffico e la disponibilità delle armi.
In sostanza, Ł risultato dimostrato, a livello indiziario, un assetto organizzativo stabile, con una suddivisione di ruoli tra soggetti organizzati secondo rapporti funzionali ad una progettualità criminale con la condivisione di attività illecite svolte anche attraverso un numero rilevante di società le cui compagini, ruoli e interessi sono state oggetto di ampia disamina.
Il Tribunale si Ł ampiamente soffermato sulla configurabilità, nella fattispecie dell’affectio
societatis (pagg. 204 – 211) ritenendo dimostrata la stabilità dei rapporti soggettivi.
Rispetto a tale condizione, sono stati giudicati irrilevanti eventuali contrasti interni, contrariamente a quanto precedentemente sostenuto dal Giudice per le indagini preliminari.
Sono state adeguatamente valorizzate, piuttosto, le cointeressenze di esponenti apicali dei diversi gruppi criminali nella gestione della complessa contesa tra i COGNOME e NOME COGNOME
Si tratta di elemento adeguatamente valorizzato in ossequio al principio per cui «in tema di associazione per delinquere, l’esistenza di scopi personali diversi e contrapposti tra i singoli associati, operanti nell’ambito di strutture imprenditoriali autonome e concorrenti, non Ł ostativa al riconoscimento del vincolo associativo, ove tali divergenze trovino composizione in un progetto generale, da realizzare mediante le attività delittuose, finalizzato a perseguire un utile da ripartire tra le diverse imprese» (Sez. 3, n. 23335 del 28/01/2021, COGNOME Rv. 281589 – 01).
Parimenti, Ł stata valorizzata l’esistenza di una cassa comune destinata soprattutto ad assicurare l’assistenza giudiziaria ed economica ai detenuti e alle loro famiglie, sottolineando che ad essa contribuiscono tutti i gruppi, così evidenziando l’esistenza di un vincolo di mutua solidarietà, in base al quale tutti provvedono a fornire tale assistenza a prescindere dalla compagine di provenienza del singolo (ad esempio concorrendo i Pace, i Crea e i Fidanzati a far fronte al sostentamento di NOME Vestiti e dei suoi familiari).
La motivazione dell’ordinanza impugnata, pertanto, su questo punto Ł logica e completa, tenuto conto del livello di gravità indiziaria che deve essere ritenuto sufficiente per l’emissione di una misura cautelare; lo stesso Giudice per le indagini preliminari, peraltro, nelle sue conclusioni dalla pag. 918 dell’ordinanza genetica, non ha radicalmente escluso la possibilità di configurare, alla luce della comune organizzazione di mezzi e di persone, l’esistenza di un’associazione semplice quanto meno tra alcuni dei soggetti indagati, pur dubitando della sussistenza, tra tutti, di una reale affectio societatis.
Deve, pertanto, ritenersi sufficientemente accertata, allo stato e nei limiti propri del giudizio cautelare, la sussistenza di gravi indizi in merito alla configurabilità di un’associazione a delinquere, con le caratteristiche evidenziate nell’ordinanza impugnata.
Il Tribunale ha comunque richiamato le modalità di consumazione di diverse fattispecie estorsive evidenziando come «a prescindere dalla qualificazione giuridica che si voglia dare a tali vicende e della fondatezza o meno delle contestazioni ripercorse risultano innegabili numerosi atti di violenza, condotte di pesante intimidazione, ed un profluvio di minacce, in occasioni tradottesi in atti di aggressione ed in lesioni attestante in danno di componenti della comunità».
La sussistenza del necessario utilizzo del metodo mafioso e della sua esternalizzazione Ł stata valutata dall’ordinanza impugnata.
Il Tribunale del riesame ha approfonditamente esaminato gli indizi relativi a tale elemento, valorizzando i singoli episodi di effettivo impiego di violenza e minaccia, ma soprattutto ribadendo, conformemente alla giurisprudenza di legittimità, come la capacità intimidatoria non debba necessariamente estrinsecarsi in simili atti, ma sia sufficiente la spendita della fama criminale precedentemente acquisita, o l’acquisizione dell’assoggettamento omertoso del territorio mediante piccoli soprusi, prevaricazioni o, al contrario, illeciti privilegi.
Secondo il Tribunale, Ł rilevante il fatto che la spendita della fama criminale delle mafie storiche di appartenenza avvenga, talvolta, da parte di sodali affiliati, in realtà, ad una diversa associazione storica, evidentemente con il consenso degli altri associati, in quanto dimostrazione della particolarità ed autonomia dell’associazione qui contestata.
L’ordinanza ha ritenuto dimostrata l’avvenuta acquisizione della forza intimidatrice, sul territorio lombardo, da vicende come quelle illustrate da pag. 214 e seguenti, fra le quali, quella coinvolgente tale COGNOME (da pag. 219 dell’ordinanza, nella conversazione in cui COGNOME si compiace del fatto di
raggiungere ‘senza spari’ lo scopo che l’associazione si Ł prefissata), quella che coinvolge la segretaria generale del Comune di Abbiategrasso che, pur non assoggettandosi ad essa, comprende facilmente la natura mafiosa della richiesta avanzatale da COGNOME, e la qualità mafiosa del soggetto o dei soggetti di cui questi avrebbe fatto il nome (da pag. 226), e in generale dall’atteggiamento omertoso di molte vittime di estorsioni, che avrebbero omesso di denunciare i fatti commessi in loro danno, o li avrebbero esposti in termini riduttivi rispetto a quanto emerge dalle intercettazioni.
L’incapacità, per gli abitanti del territorio, di individuare con precisione l’associazione criminale che sta esercitando tale forza intimidatrice non Ł stata ritenuta rilevante, ed anzi si Ł affermato che ciò potrebbe essere interpretato come una conferma della diversità e autonomia dell’associazione qui contestata, rispetto ai gruppi storici di riferimento dei vari associati.
L’ordinanza ha affermato specificamente, con motivazione logica e consequenziale alle vicende esaminate, che la forza intimidatrice promana dall’associazione stessa ed Ł ad essa «immanente», in virtø delle azioni che essa compie e dell’assoggettamento che ha realizzato nel territorio, e non deriva dai singoli associati o dalle mafie storiche a cui questi ultimi fanno riferimento.
Secondo il Tribunale del riesame, quindi, l’associazione qui delineata ha una propria ‘mafiosità’, derivante anche dalla partecipazione ad essa di soggetti dalla già accertata caratura mafiosa, ma soprattutto la manifesta all’esterno in modo autonomo, pur avvalendosi anche dell’assoggettamento già realizzato nel territorio lombardo, in passato, dalle singole mafie storiche, in quanto opera in modo distinto rispetto a queste ultime e mantiene, rispetto ad esse, una propria autonomia.
2.2. Il motivo Ł infondato anche nella parte in cui viene censurato il profilo della gravità indiziaria sulla partecipazione di NOME al sodalizio.
Le censure sollevate con il primo motivo di ricorso sul punto, oltre che porsi ai limiti dell’ammissibilità, tenuto conto della sua genericità e del contenuto parzialmente rivalutativo delle critiche, non colgono significativi elementi di criticità nella ricostruzione del ruolo dell’indagato nel contesto associativo.
Il Tribunale ha congruamente valorizzato la partecipazione ad alcuni episodi di cessione di sostanza stupefacente (su incarico di NOME COGNOME, nel contesto dell’attività di narcotraffico riferibile all’associazione (sebbene non sia stata contestata la fattispecie di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990), l’attività di partecipazione alla gestione di società di interesse comune, con particolare riguardo al versamento di somme nella cassa del sodalizio, oltre alla partecipazione alle decisioni in merito a settori qualificanti.
In entrambi i casi si tratta della valorizzazione di aspetti certamente significativi ai fini della sussistenza del profilo di gravità indiziaria in esame.
NOME Ł stata una delle ultime persone ad incontrare COGNOME la cui scomparsa costituisce uno degli eventi iniziali dell’indagine.
Anche tale aspetto, sebbene non decisivo, Ł stato correttamente e congruamente valorizzato nel contesto di una valutazione globale degli elementi a disposizione dei giudici di merito.
Di spiccato rilievo sono stati ritenuti, in chiave associativa, i rapporti intrattenuti con NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME esponenti di vertice del sodalizio che hanno mostrato apprezzamento per l’attività dell’indagato.
A tal fine sono state richiamate plurime intercettazioni e incontri nel periodo aprile – ottobre 2020 (non giugno 20202, contrariamente a quanto segnalato in ricorso).
COGNOME secondo la ricostruzione del Tribunale di Milano, ha assunto anche un ruolo fiduciario in occasione del cambio al vertice del sodalizio determinato dalla sopravvenuta detenzione di NOME COGNOME e dalla successiva investitura, al vertice del gruppo, di NOME COGNOME su
incarico di NOME COGNOME.
In particolare, si tratta di tre incontri del giugno 2020 in occasione dei quali, nella distribuzione dei compiti gestori, NOME Ł stato direttamente coinvolto proprio in ragione della fiducia della quale godeva da parte dei capi.
La partecipazione attiva alla gestione delle società di interesse del gruppo mafioso Ł stata ritenuta dimostrata anche dalle intestazioni fittizie di alcune di esse.
Di particolare rilievo la l’incontro del 9 ottobre 2020 nel quale l’oggetto Ł stato il commercio di materiale ferroso e gasolio; si tratta di summit al quale hanno preso parte esponenti delle diverse federazioni facenti parte del sodalizio.
Sono stati valorizzati, in chiave associativa, i contatti intrattenuti con funzionari dell’Agenzia delle Entrate in vista della realizzazione, anche con mezzi corruttivi, delle finalità illecite dell’associazione.
COGNOME, in qualche occasione, Ł stato chiamato ad occuparsi dell’attività di esazione delle somme dovute da debitori inadempienti verso persone che hanno inteso operare il recupero dei crediti richiedendo l’intervento del gruppo mafioso, piuttosto che rivolgersi all’Autorità giudiziaria.
Si tratta di avvenimento che risulta da una captazione del 9 ottobre 2020.
Alla luce della valorizzazione di tale corposo compendio indiziario, le contestazioni di cui al primo motivo in esame si pongono in termini poco piø che confutativi e non paiono idonee a smentire la congruità della ricostruzione nella parte in cui ha valorizzato condotte qualificanti ai fini della esistenza dell’associazione e al raggiungimento degli scopi del sodalizio.
Deve quindi concludersi che, anche da questo punto di vista, pur tenendo conto della natura sommaria e provvisoria della valutazione della presente fase cautelare, siano stati acquisiti e illustrati sufficienti elementi di gravità indiziaria circa la partecipazione di Orlando all’associazione di cui al capo 1).
E’ meritevole di accoglimento il secondo motivo nella parte in cui contesta la decisione e la motivazione in punto di esigenze cautelari.
A supporto della sussistenza delle esigenze cautelari, ha richiamato la sussistenza della doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Il pericolo di recidiva e di inquinamento delle prove Ł stato ritenuto alla luce della composizione e delle attività del gruppo mafioso, con specifico riferimento alla durata dello stesso, al ruolo degli indagati, alla indifferenza mostrata rispetto alle possibili azioni delle autorità di polizia, al sistematico ricorso a forme di violenza e coartazione, in uno con la disponibilità di armi e telefoni con sistemi di criptazione.
A fronte degli elementi acquisiti a livello indiziario, Ł stata segnalata la mancata emersione di circostanze indicative di un abbandono o allontanamento da parte dell’indagato dai contesti delinquenziali, reputando, peraltro, irrilevante la sottoposizione di Orlando agli arresti domiciliari per altra causa, «atteso che non Ł noto il titolo della cautela nØ se lo stesso sia ad esempio prossimo alla decorrenza dei termini di fase o massimi, stante la pacifica autonomia tra piø titoli detentivi, che questo Tribunale non può valutare».
Il ricorrente, sul punto, ha segnalato i vizi di motivazione con riguardo alla mancata valutazione di quanto emerso nel corso delle indagini e specificamene riportato, peraltro, nella parte di motivazione dell’ordinanza specificamente dedicata alla posizione del ricorrente.
In particolare, Ł stato evidenziato quanto segnalato alle pagg. 264, 265 e 266 dell’ordinanza, laddove Ł stato messo in evidenza il «distacco» tra Orlando e gli altri indagati, con particolare riguardo a NOME COGNOME e ciò, sin da un periodo antecedente al 4 dicembre 2020.
A tale data risale una conversazione tra NOME COGNOME e il predetto NOME dalla quale
risulta che quest’ultimo aveva preso la decisione di allontanare l’indagato dall’associazione.
Si tratta di circostanza confermata da altre intercettazioni del 24 marzo 2021 e del 12 aprile 2021.
In effetti, dallo stesso testo dell’ordinanza impugnata, nella parte narrativa, risultano indicate e trascritte le tre captazioni richiamate dal ricorrente nel corso delle quali NOME COGNOME, prima, descrive una condotta infedele di NOME (l’autorevole esponente conferma, infatti, che l’indagato gli ha «fottuto» i soldi) e successivamente lo definisce un «ramo secco» che Ł stato «tagliato» (Ł sempre COGNOME che parla) confermando la circostanza nel corso di una successiva conversazione del 12 aprile 2021.
Sebbene il Tribunale abbia indicato e trascritto tali conversazioni, non pare essersi adeguatamente confrontato con il loro contenuto ai fini dell’affermazione della permanenza delle esigenze cautelari e ciò alla luce del consolidato orientamento in base al quale «in tema di custodia cautelare in carcere, l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. pone una presunzione relativa di pericolosità sociale che determina, in chiave di motivazione del provvedimento cautelare, la necessità, non già di dar conto della ricorrenza dei “pericula libertatis”, ma solo di apprezzarne le ragioni di esclusione, ove queste siano state evidenziate dalla parte o siano direttamente evincibili dagli atti, tra le quali, in particolare, rilevano il fattore “tempo trascorso dai fatti”, che deve essere parametrato alla gravità della condotta, e la rescissione dei legami con il sodalizio di appartenenza, che ha valore determinante nella esclusione della sussistenza delle esigenze cautelari» (Sez. 5, n. 36891 del 23/10/2020, Quaceci, Rv. 280471 – 01).
Ebbene, nel caso di specie, risultano illustrati nello stesso provvedimento impugnato elementi in grado di mettere in crisi l’affermazione della configurabilità delle esigenze cautelari, nonostante la sussistenza della presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Da quanto esposto, discendono l’annullamento dell’ordinanza impugnata, limitatamente al profilo segnalato con rinvio al Tribunale di Milano, Sezione per il riesame per nuovo giudizio e il rigetto, nel resto, del ricorso.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Milano Sezione per il riesame. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 17/01/2025.
Il Presidente NOME COGNOME