Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8635 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8635 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da P.M. presso il Tribunale di Brescia nei confronti di
COGNOME NOMECOGNOME nato il 08/02/1963 a Bollate avverso l’ordinanza in data 29/10/2024 del Tribunale di Brescia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio;
letta la memoria inviata dal difensore di COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 29/10/2024 il Tribunale di Brescia ha accolto l’appello cautelare presentato da NOME COGNOME avverso l’ordinanza in data 27/09/2024, con cui il G.i.p. del Tribunale di Brescia aveva respinto una richiesta di revoca della
misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare la professione di avvocato in precedenza applicata a COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 391-ter, comma 2, cod. pen., per aver consentito al detenuto NOME COGNOME di effettuare telefonate non autorizzate a vari soggetti con l’utilizzo indebito dell’apparecchio telefonico del carcere di Brescia, telefonate che dallo studio di COGNOME venivano poi ritrasferite ai destinatari finali.
Il Tribunale ha rilevato da un lato che il quadro indiziario era inficiato dall’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla segretaria NOME COGNOME raggiunta da indizi di reità per concorso nel medesimo reato prima che fosse escussa a sommarie informazioni, e dall’altro che la fattispecie contestata non era configurabile, in quanto non riferita ad apparecchi presenti nel carcere, ma solo ad apparecchi e dispositivi ivi introdotti.
Ha proposto ricorso il P.m. presso il Tribunale di Brescia.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge in relazione all’art. 391ter cod. pen.
Incongruamente il Tribunale aveva prospettato l’inapplicabilità della fattispecie contestata, rilevando che anche nel caso di uso indebitamente consentito debba aversi riguardo ad apparecchi e dispositivi indebitamente introdotti.
Posto che in materia penale non è vietata l’interpretazione estensiva volta ad operare un’esatta ricognizione del contenuto precettivo di una disposizione, l’assunto che non rilevi autonomamente l’uso indebito implica l’irragionevolezza della norma: essa configura invero anche una terza ipotesi, avente ad oggetto l’introduzione dei «predetti strumenti» al fine di renderli disponibili al detenuto, ipotesi che non può implicare una pregressa introduzione degli stessi e una loro reintroduzione, in tal modo dimostrandosi che i «predetti strumenti» debbano essere intesi come apparecchi funzionali alla comunicazione, resi comunque disponibili; inoltre in base all’interpretazione del Tribunale il riferimento al carattere indebito dell’uso sarebbe meramente pleonastico in quanto già assorbito dall’abusiva introduzione.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 63, comma 2, cod. proc. pen.
Non ricorreva la rilevata inutilizzabilità, in quanto prima dell’escussione non sussistevano indizi a carico di NOME COGNOME essendo noto solo il contributo fornito da tale NOME non meglio identificata e non risultando che costei fosse consapevole del carattere indebito dei trasferimenti delle telefonate in relazione allo stato detentivo di NOME COGNOME.
Il Procuratore generale ha inviato la requisitoria concludendo per l’annullamento con rinvio.
Il difensore di NOME COGNOME ha inviato una memoria nella quale formula rilievi in ordine ai motivi di ricorso, segnalando la non configurabilità del reato ipotizzato, l’inattendibilità delle dichiarazioni di COGNOME e comunque la loro inutilizzabilità, a supporto della motivazione alla base dell’ordinanza impugnata, e deducendo inoltre l’insussistenza di esigenze cautelari.
Il procedimento sì è svolto con trattazione scritta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per l’assorbente ragione che in esso non vengono rappresentate le esigenze cautelari tutelabili con la misura cautelare invocata.
Sulla base di un principio più volte affermato «Il pubblico ministero che impugni l’ordinanza che, in sede di appello ex art. 310 cod. proc. pen., abbia annullato la misura cautelare per difetto di gravità indiziaria, deve indicare, a pena di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, le ragioni a sostegno dell’attualità e concretezza delle esigenze cautelari, laddove la misura riguardi reati per i quali non opera la presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.», ciò in quanto l’interesse del Pubblico Ministero è correlato alla possibilità di adozione o ripristino della misura richiesta (in tal senso Sez. 6, n. 43948 del 21/09/2023, COGNOME, Rv. 285400, che ribadisce quanto già rilevato da Sez. 6, n. 46129 del 25/11/2021, COGNOME COGNOME, Rv. 282355).
3, Nel caso di specie le deduzioni formulate nel ricorso non sono accompagnate dalla rappresentazione delle attuali esigenze cautelari da soddisfare, cosicché deve ritenersene in radice precluso l’esame.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 23/01/2025