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Esigenze cautelari: annullata misura per vizi

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio un’ordinanza che confermava gli arresti domiciliari per una donna accusata di concorso in corruzione. La decisione si fonda sulla carente motivazione riguardo alle esigenze cautelari. Il Tribunale del Riesame non ha adeguatamente dimostrato la concretezza e l’attualità del pericolo di reiterazione del reato, basandosi su fatti risalenti nel tempo e su una valutazione generica della proclività a delinquere dell’indagata, senza considerare il lungo periodo trascorso e l’assenza di elementi sintomatici recenti.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari: Quando il Tempo Che Passa Affievolisce il Pericolo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8634/2025, torna a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: la valutazione delle esigenze cautelari ai fini dell’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale. Il caso in esame, relativo a un’ipotesi di corruzione, offre lo spunto per ribadire un principio fondamentale: il pericolo di reiterazione del reato deve essere concreto e attuale, e non può basarsi su mere presunzioni o su fatti troppo risalenti nel tempo.

I Fatti del Caso

Una donna veniva sottoposta alla misura degli arresti domiciliari con l’accusa di aver partecipato a un episodio di corruzione, agendo da tramite per far pervenire somme di denaro a un agente di polizia penitenziaria. L’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) si fondava principalmente su due conversazioni intercettate.

Contro tale provvedimento, la difesa proponeva istanza di riesame. Il Tribunale del Riesame di Brescia confermava la misura cautelare, integrando la motivazione del primo giudice. La difesa, non soddisfatta, ricorreva in Cassazione, lamentando diversi vizi, tra cui la mancanza di motivazione sull’attualità e concretezza delle esigenze cautelari.

Il Ricorso in Cassazione e la Valutazione delle Esigenze Cautelari

I motivi di ricorso si concentravano su due aspetti principali. In primo luogo, la difesa sosteneva che la motivazione dell’ordinanza originaria fosse talmente carente da non poter essere semplicemente ‘integrata’ dal Tribunale del Riesame. In secondo luogo, e questo è il punto centrale della decisione, si contestava la valutazione delle esigenze cautelari. Secondo la ricorrente, il Tribunale aveva fondato il giudizio sul pericolo di recidiva su elementi generici e datati, come una precedente condanna non definitiva per riciclaggio e il suo presunto asservimento ai propositi criminali dell’ex marito, senza considerare che i fatti contestati risalivano a oltre tre anni prima.

Inoltre, si evidenziava come il Tribunale non avesse spiegato perché la posizione dell’indagata fosse diversa da quella di un altro soggetto coinvolto, al quale era stata applicata una misura meno afflittiva.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondate le censure relative alla valutazione delle esigenze cautelari, annullando l’ordinanza con rinvio al Tribunale di Brescia per un nuovo esame.

Il Collegio ha sottolineato che, sebbene il Tribunale del Riesame possa integrare una motivazione insufficiente, in questo caso l’analisi sulla concretezza e attualità del pericolo di reiterazione del reato è stata manchevole. I giudici di merito hanno valorizzato una condanna non definitiva per fatti lontani nel tempo e un generico riferimento alla proclività dell’indagata a seguire i disegni criminali del suo ex compagno. Tuttavia, non hanno considerato elementi cruciali:

1. Il tempo trascorso: Le condotte contestate risalivano a più di tre anni prima, un lasso di tempo significativo che affievolisce la presunzione di pericolosità.
2. L’assenza di elementi attuali: Non erano emersi elementi sintomatici recenti idonei a dimostrare una persistente attitudine a delinquere.
3. La natura del contributo: Non è stata valutata l’effettiva quantità e qualità del contributo fornito dalla donna alla commissione del reato.

La Cassazione ha ricordato che il passare del tempo incide non solo sulla sussistenza delle esigenze cautelari, ma anche sulla scelta della misura più adeguata, che deve essere proporzionata al pericolo attuale e non a quello esistente al momento del fatto.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio di garanzia fondamentale: una misura cautelare, che incide sulla libertà personale prima di una condanna definitiva, deve essere ancorata a un pericolo reale, presente e tangibile. Non può trasformarsi in un’anticipazione della pena basata sul passato dell’indagato. Il giudice ha il dovere di condurre un’analisi approfondita e individualizzata, tenendo conto di tutti i fattori, compreso il tempo trascorso, per verificare se il rischio che si vuole prevenire sia ancora vivo e pulsante. In assenza di tale prova, la libertà dell’individuo deve prevalere.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di arresti domiciliari?
La Corte ha annullato l’ordinanza perché la motivazione del Tribunale del Riesame sulle esigenze cautelari era carente. Non è stata dimostrata la concretezza e l’attualità del pericolo di reiterazione del reato, basando la decisione su fatti risalenti a oltre tre anni prima e su valutazioni generiche, senza considerare l’assenza di elementi recenti che indicassero una persistente pericolosità.

Cosa significa che le esigenze cautelari devono essere ‘concrete e attuali’?
Significa che il rischio che l’indagato commetta nuovi reati (o fugga o inquini le prove) deve essere reale, specifico e presente al momento della decisione. Non può essere una mera ipotesi o una supposizione basata esclusivamente su fatti passati, soprattutto se è trascorso un lungo periodo di tempo senza ulteriori condotte illecite.

Il trascorrere del tempo può giustificare la revoca di una misura cautelare?
Sì. La sentenza chiarisce che il passaggio del tempo è un fattore cruciale che il giudice deve considerare. Esso influisce non solo sulla sussistenza stessa delle esigenze cautelari, ma anche sulla scelta della misura più idonea, potendo portare a un affievolimento delle esigenze tale da giustificare l’applicazione di misure meno afflittive o la loro revoca.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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