Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33511 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33511 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato il 22/05/1956 a Badolato
avverso l’ordinanza in data 27/02/2025 del Tribunale di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore, Avv. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 27 febbraio 2025 il Tribunale di Catanzaro ha confermato in sede di riesame quella del G.i.p. del Tribunale di Catanzaro in data 17 gennaio 2025, con cui è stata applicata nei confronti di NOME COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione al reato di cui all’art. 416-ter cod. pen., riferito ad un accordo elettorale raggiunto con NOME COGNOME in vista delle elezioni alla carica di Sindaco del Comune di Badolato.
Ha presentato ricorso COGNOME tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione dell’art. 309, comma 9-bis cod. proc. pen. in relazione al rigetto dell’istanza di differimento dell’udienza del 27 febbraio 2025, con correlato vizio della motivazione.
La richiesta era stata ritenuta ingiustificata in relazione al tempo avuto a disposizione dalla difesa per esaminare le tracce intercettive.
In realtà la difesa aveva l’onere di indicare giusti motivi, tenendo conto che i tempi di trattazione sono fissati nell’interesse dello stesso soggetto sottoposto a misura cautelare.
Il Tribunale non aveva considerato la quantità dei risultati intercettivi da esaminare secondo protocolli scientifici, al di là del rilievo conferito alla celerità dei termini previsti per la procedura.
L’ordinanza di rigetto del Tribunale avrebbe dovuto ritenersi adottata in violazione del diritto di difesa, non essendo dato ravvisare alcuna pretestuosità alla base della formulata richiesta.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge in relazione all’art. 407, comma 2 e 3 cod. proc. pen. e inutilizzabilità di atti di indagine successivi al biennio dalla data della prima iscrizione del procedimento n. 3452/17.
Il Tribunale aveva reputato la deduzione generica, ma, posto che anche i reati permanenti sono soggetti ai termini di durata delle indagini preliminari, dall’iscrizione del 2017 avrebbe dovuto discendere l’inutilizzabilità di atti di indagine successivi al biennio.
Non si trattava di sindacare il potere di iscrizione ma di sottoporre a verifica la ritualità delle iscrizioni, per le ricadute sull’inutilizzabilità degli atti, deducibi ogni stato e grado e inquadrabile tra i poteri officiosi del giudice della libertà.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 266, 266-bis, 267, 268, 271 cod. proc. pen. e vizio di motivazione in ordine all’utilizzabilità dei risultati intercettivi derivanti da telematica attiva di cui al 1430/2020 IMEI NUMERO_DOCUMENTO in uso a NOME NOME con
violazione del diritto di difesa per rigetto dell’istanza di duplicazione dei supporti materiali contenenti file di log.
Posto che in assenza dei risultati in oggetto sarebbe stato decisivamente depauperato il quadro indiziario, come valorizzato dal Tribunale, il provvedimento di rigetto dell’istanza di rilascio copia dei file di log disconosceva la strumentalità e la natura degli stessi. Sul punto non avrebbe potuto prescindersi da quanto rilevato dalle Sezioni Unite civili nella sentenza n. 22302/21, che avevano rilevato l’utilità dei file di log per le indicazioni che offrono, come data e ora di inizio, ora di registrazione sul server, identificativo dell’operatore, che aveva avuto accesso per la prima volta, data e ora di visualizzazione da parte dell’operatore.
In tale prospettiva i file di log erano stati considerati documentazione probatoria, da cui, per difetto di acquisizione dei relativi supporti può derivare inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni.
Non avrebbe potuto dirsi errata la richiesta difensiva di ottenere la duplicazione dei file di log, ma il Tribunale aveva negato validità al principio affermato dalle Sezioni Unite civili.
Il diritto di difesa era stato dunque violato, atteso che il diritto all duplicazione non può essere ritenuto meramente esplorativo e non ha bisogno di giustificazioni.
La censura concerneva l’utilizzo del server catanzarese, posto che in presenza di telematiche vi sono server di rimbalzo, con conseguente diritto di conoscere quanti ne siano stati attivati, quando e come, se le fonie siano pervenute al server della distrettuale di Catanzaro.
2.4. Con il quarto motivo denuncia mancanza di motivazione in relazione all’omessa valutazione della memoria difensiva e dei suoi allegati, nonché violazione di legge in relazione all’art. 416-ter cod. pen.
A fronte del richiamo dell’ordinanza genetica, il Tribunale aveva argomentato senza tener conto dei rilievi formulati nella memoria depositata, volta a fornire decisivi elementi di valutazione in ordine ad alcuni temi valorizzati in chiave accusatoria, costituiti dalla valutazione del periodo preelettorale – nel quale il ricorrente non aveva contezza di rapporti di COGNOME con ambienti della criminalità organizzata così da privare di rilievo la conversazione del 25 aprile 2021 -, dall’opposizione di COGNOME alla nomina della signora COGNOME quale assessore, da valutarsi alla luce di conversazioni intercorse tra il ricorrente e COGNOME dall’esternazione di COGNOME, riportata nel capo di imputazione.
Alla resa dei conti mancava l’elemento della fama criminale di COGNOME, risultando inidonea la motivazione formulata dal Tribunale a fronte della riconosciuta evidenza che COGNOME aveva agito uti singulus e che la competizione
elettorale si era svolta prima che fosse arrestato il latitante COGNOME in locali appartenenti alla famiglia COGNOME.
2.5. Con il quinto motivo denuncia mancanza o apparenza di motivazione in ordine alle esigenze cautelari, in relazione agli artt. 275 e 292 cod. proc. pen.
Il Tribunale aveva omesso di considerare la risalenza dei fatti, le dimissioni dalla carica di Sindaco, il profilo personologico, essendosi il ricorrente affiancato ai Carabinieri come riconosciuto in una sentenza della Corte di appello di Catanzaro e risiedendo comunque il predetto a Roma, lontano dal contesto in cui era maturata la vicenda.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Il ricorrente contesta la decisione con cui il Tribunale ha respinto l’istanza di differimento dell’udienza, formulata ai sensi dell’art. 309, comma 9-bis cod. proc. pen.: posto che in caso di accoglimento avrebbe potuto semplicemente darsi conto della ragionevolezza della richiesta (Sez. 3, n. 7403 del 26/11/2019, COGNOME, Rv. 278772 – 01), nondimeno deve ritenersi che il Tribunale non fosse tenuto ad assecondarla, ben potendo indicare le ragioni per cui la stessa dovesse essere respinta, nel quadro di un ragionevole contemperamento delle esigenze sottese allo svolgimento del procedimento di riesame, come nel caso di specie avvenuto, avendo il Tribunale sottolineato che la difesa aveva potuto disporre di un tempo più che sufficiente per esaminare il quadro indiziario e soprattutto il compendio delle conversazioni intercettate.
Sta di fatto che siffatta decisione, secondo un ormai consolidato orientamento, non è di per sé suscettibile di impugnazione, salvo il caso, non ricorrente nella specie, in cui la stessa sia del tutto priva di motivazione (Sez. 1, n. 6360 del 12/10/2022, dep. 2023, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 284355 – 01; Sez. 2, n. 22961 del 31/05/2022, COGNOME, Rv. 283408 – 01).
Il secondo motivo è inammissibile, perché aspecifico.
E’ stata prospettata la violazione del termine di durata delle indagini preliminari e l’inutilizzabilità di atti di indagine successivi al biennio decorrente da un’iscrizione del 2017.
Si tratta di prospettazione generica, in quanto non corredata né dalla specifica indicazione delle iscrizioni riguardanti il presente procedimento e, in specie, la posizione del ricorrente né dalla puntuale indicazione degli atti che sarebbero colpiti dallo stigma dell’inutilizzabilità.
Ciò si pone in contrasto con consolidati principi in forza dei quali «nel caso in cui una parte deduca il verificarsi di cause di nullità o inutilizzabilità collegate ad atti non rinvenibili nel fascicolo processuale, al generale onere di precisa indicazione che incombe su chi solleva l’eccezione si accompagna l’ulteriore onere di formale produzione delle risultanze documentali – positive o negative – addotte a fondamento del vizio processuale», fermo restando che «non compete alla Corte di cassazione, in mancanza di specifiche deduzioni, verificare se esistano cause di inutilizzabilità o di invalidità di atti del procedimento che non appaiano manifeste, in quanto implichino la ricerca di evidenze processuali o di dati fattuali che è onere della parte interessata rappresentare adeguatamente» (Sez. U, n. 39061 del 16/07/2009, De brio, Rv. 244328 – 01 e 244329 – 01). Nella stessa prospettiva deve peraltro ribadirsi che «in tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato» (Sez. U, n. 23868 del 23/04/2009, COGNOME, Rv. 243416 – 01).
3. E’ inammissibile anche il terzo motivo concernente la mancata consegna di copia dei file di log.
Risulta al riguardo che, in relazione alle intercettazioni telematiche attive di cui al R.I.T. n. 1430/2020, era stata formulata dalla difesa richiesta di: file di log generati dall’architettura server dedicata alle suddette intercettazioni; file lista di programmazioni, comandi, user generati/abilitati alle attività di intercettazione telematica; indirizzi IP destinati all’inoltro/ricezione ossia comunicazioni tra bersaglio-server e server-server dell’infrastruttura pro tempore, il tutto senza richiesta di accesso ad alcun server, senza richiesta di autorizzazione all’accesso del difensore alla memoria informatica della Procura, senza problemi di ascolto di file.
Tale richiesta era stata respinta dal Pubblico ministero e tale diniego è stato posto a fondamento dell’eccezione formulata con il terzo motivo, che è volto a far rilevare la violazione del diritto di difesa e la conseguente nullità derivante dalla tale violazione, tale da produrre la concreta inutilizzabilità nell’ambito del procedimento cautelare dei risultati delle intercettazioni (può a tal fine richiamarsi quanto osservato da Sez. 6, n. 3371 del 22/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286079 – 01, orientamento che ricalca le cadenze argomentative di Sez. U, n. 20300 del 22/04/2010, Lasala, Rv. 246907 – 01).
Viene in particolare invocato il principio espresso dalle Sezioni Unite civili, che nella sentenza n. 22302 del 04/08/2021 hanno rilevato, riferendosi ai supporti
materiali delle intercettazioni, che debbono in tale quadro includersi, in caso di intercettazione tramite captatore informatico, oltre i nastri registrati, anche i supporti informatici dei “file di log” contenenti le indicazioni relative alle captazioni, alle registrazioni e al relativo ascolto, ciò nell’evidente presupposto che per tale via possano acquisirsi informazioni probatoriamente rilevanti, riguardanti temi come le connessioni ad internet tramite indirizzo IP, le informazioni che questo ha ricevuto o trasmesso o, nel caso di utilizzo di captatore informatico, le informazioni relative alla programmazione, all’effettuazione e all’ascolto.
Sta di fatto che la richiesta era stata formulata in termini del tutto generici, senza alcuna indicazione del tipo di riscontro probatorio correlato alla contestazione dei risultati delle intercettazioni e che in questa sede, nel puntualizzarsi che la deduzione è volta a far valere la nullità derivante dalla violazione del diritto di difesa, si è precisato che scopo dell’acquisizione era quello di verificare la regolarità delle operazioni di intercettazione a mezzo captatore informatico, con corretto impiego dell’impianto-server di riferimento, esistente presso la Procura della Repubblica, anche alla luce dei principi sul punto elaborati dalla giurisprudenza (ad es. Sez. 6, n. 10611 del 24/10/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286167 – 01).
Orbene, in tale quadro appare evidente come sia l’originaria richiesta sia l’eccezione formulata in questa sede risultino generiche e avulse dal sistema processuale, pur letto alla luce della richiamata sentenza delle Sezioni Unite civili.
Non è stata invero invocata una specifica lesione, destinata ad incidere sull’acquisizione di materiale probatorio rilevante ai fini della gravità indiziaria, in rapporto agli elementi specificamente valorizzati nell’ordinanza genetica e nel provvedimento impugnato.
E’ stata invece prospettata in termini puramente esplorativi una possibile violazione del procedimento di captazione, in assenza di qualsivoglia diversa indicazione di elementi idonei a supportare l’ipotesi, a fronte di un quadro documentale che di per sé non la suffraga e di una disciplina, anche regolamentare, che delinea programmi e modalità attuative della captazione, senza che siano stati prospettati scostamenti da tali parametri.
In concreto non è dato rinvenire la valenza probatoria del dato richiesto e negato e correlativamente non è dato ravvisare alcun specifico interesse a far valere le conseguenze del diniego, sostanzialmente neutro rispetto al materiale probatorio valorizzato.
Va del resto rilevato che in termini sostanzialmente analoghi si era già espressa la giurisprudenza con riguardo ad analoga eccezione, formulata dal medesimo difensore in relazione ad altra posizione (si richiama Sez. 3, n. 18464 del 26/02/2025, COGNOME, non mass.).
Il quarto motivo, avente ad oggetto il tema della gravità indiziaria e della motivazione del provvedimento impugnato, è infondato.
4.1. Deve in primo luogo rilevarsi che non ha formato oggetto di contestazione la circostanza che NOME COGNOME sia soggetto legato ad associazione criminale, come dimostrato dal suo coinvolgimento nella vicenda della protezione offerta ad un esponente della cosca COGNOME.
4.2. E’ proprio in tale prospettiva che va inquadrato il problema della configurabilità del delitto di cui all’art. 416-ter cod. pen. nella formulazione successiva alle modifiche introdotte dalla legge n. 43 del 2019.
La norma prevede l’ipotesi del patto elettorale, incentrato sulla promessa di voti da parte di esponente di associazione di stampo mafioso ovvero da parte di soggetto in grado di procurarli con metodo mafioso, in cambio di denaro o di altra utilità o della disponibilità a soddisfare interessi o esigenze dell’associazione.
Secondo l’attuale tenore letterale, pertanto, se si tratta di esponente dell’associazione, non vi è necessità che sia provata la deduzione nel patto dell’utilizzo del metodo mafioso.
Peraltro, la giurisprudenza di legittimità sul punto è pervenuta a conclusioni non sempre conformi, in taluni casi essendosi affermato che «ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, nel testo successivo alle modifiche introdotte dalla legge 21 maggio 2019, n. 43, non è necessario che il procacciamento dei voti avvenga con metodo mafioso laddove il procacciatore sia un appartenente ad associazione mafiosa, anche laddove l’agente operi “uti singulus”» (in tal senso Sez. 6, n. 43186 del 11/09/2024, COGNOME, Rv. 287271 – 01; in senso analogo, più di recente, Sez. 6, n. 19712 del 03/02/2025, COGNOME e altri, non mass.), mentre in altri essendosi ritenuto che la modifica avesse recepito l’orientamento già formatosi con riguardo al precedente testo ed essendosi dunque ribadito che «ai fini della configurabilità del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, nel testo successivo alle modifiche introdotte dalla legge 21 maggio 2019, n. 43, ove il soggetto che si impegna a reclutare i suffragi, pur essendo intraneo ad una consorteria mafiosa, operi “uti singulus”, è necessaria la prova che l’accordo contempli l’attuazione, o la programmazione, di un’attività di procacciamento di voti con metodo mafioso» (Sez. 6, n. 15425 del 12/12/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284583 – 01).
Il discrimine è dato dunque dal rilievo attribuibile al fatto che il soggetto agisca o meno “uti singulus”.
Nel caso di specie, peraltro, il tema non risulta dirimente, in quanto il Tribunale ha, da un lato, riconosciuto che COGNOME nel rapporto con il ricorrente COGNOME, aveva agito “uti singulus”, ma nel contempo ha specificamente motivato
in ordine alla deduzione del metodo mafioso, quale elemento di cui anche il ricorrente aveva contezza o era comunque in grado di avvedersi, quale elemento costitutivo del patto illecito.
4.3. A ben guardare il tema cruciale nella vicenda in esame è comunque costituto dal coefficiente psicologico che ha accompagnato la condotta del ricorrente, definita con il patto elettorale.
Ed in tale ottica va rimarcato come i rilievi difensivi, volti a contestare la motivazione e soprattutto a riprodurre gli argomenti esposti in sede di riesame, segnalandosene la mancata considerazione da parte del Tribunale, non meritino accoglimento.
Va infatti rilevato che il Tribunale ha valorizzato la serie di conversazioni intercettate nella fase preelettorale, dalle quali ha desunto che COGNOME si ripromettesse di scegliere il soggetto che avrebbe dovuto essere eletto Sindaco di Badolato, in funzione di vantaggi che per tale via egli e i soggetti a lui vicini avrebbero potuto conseguire, che di seguito aveva operato in modo che COGNOME accettasse la candidatura e che a sua volta quest’ultimo avesse piena contezza della fama che in quel contesto accompagnava COGNOME tanto che in una conversazione egli aveva chiesto al suo interlocutore di farsi vedere insieme a lui in giro per la città.
Si tratta di elementi che sono stati non illogicamente utilizzati per ricostruire le fasi che avevano contrassegnato il patto e il quadro di consapevolezze che lo avevano accompagnato.
In tale prospettiva sono stati richiamati anche i passaggi connotati da esternazioni di COGNOME, espressive della sua volontà prevaricatrice e del suo costante riferimento alla minaccia di accendere fuochi e bruciare macchine.
Tale consuetudine, manifestata anche in contesti non scherzosi (pagg. 7, 11 e 12 dell’ordinanza impugnata), aveva trovato espressione, secondo la ricostruzione del Tribunale anche nel corso di una conversazione, in cui COGNOME, parlando proprio con COGNOME, a proposito di una vertenza civile, aveva ancora una volta fatto riferimento all’ipotesi di dare fuoco (conversazione riportata a pag. 13).
A fronte di ciò è stato prospettato in chiave difensiva il carattere scherzoso di tale ultima conversazione, la quale tuttavia non arbitrariamente è stata inquadrata dal Tribunale nella logica operativa concretamente utilizzata da COGNOME, cioè da colui con il quale il ricorrente aveva finito per stringere il patto elettorale e con il quale desiderava farsi vedere insieme, a conferma del consapevole coinvolgimento in un quadro connotato dalla fama del suo interlocutore e dalla sua capacità di prevaricazione.
Non assumono in senso contrario rilievo decisivo le deduzioni difensive volte a segnalare l’inconferenza dell’episodio culminato nella nomina come assessore di NOME COGNOME in luogo di NOME COGNOME invisa a COGNOME, essendosi dato conto di come il quadro complessivo fosse contrassegnato dalla capacità di decisiva influenza da parte di COGNOME, in funzione del conseguimento degli interessi che erano alla base della sua iniziativa di propiziare l’elezione di COGNOME.
A ben guardare, dunque, non può dirsi che il Tribunale abbia omesso di valutare le doglianze difensive, ben potendosi rilevare invece come la motivazione dia conto del complessivo quadro indiziario e degli elementi idonei a suffragare la sussistenza dei gravi indizi a carico del ricorrente in ordine al reato ipotizzato, riferiti a tutti gli elementi costitutivi del reato, compresa la previsione dell’utilit perseguita da COGNOME.
A fronte di ciò, è tuttavia fondato ed assume rilievo dirimente il quinto motivo in tema di esigenze cautelari.
Il Tribunale ha dato rilievo alla capacità di contatto con la realtà criminale del territorio e alla disponibilità ad addivenire ad un’intesa gravemente illecita, tanto più alla luce della presunzione contemplata dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., in relazione al reato in esame.
Va tuttavia rimarcato che i fatti risalgono a quattro anni fa, periodo di per sé rilevante e costituente, dunque, elemento idoneo ad incidere sulla configurabilità dei pericula (si richiama sul punto, circa il rilievo attribuibile al c.d. tempo silente, Sez. 6, n. 2112 del 22/12/2023, dep. 2024, Tavella, Rv. 285595 – 01).
Deve aggiungersi in tale ottica che il ricorrente si è tempestivamente dimesso dalla carica e risiede a Roma, cioè lontano dall’ambiente nel quale è maturato il patto illecito, senza che siano stati prospettati elementi sintomaticamente valorizzabili, quali segnali di una persistente interessenza con ambienti criminali vicini a clan di ‘ndrangheta.
Alla resa dei conti si tratta di elementi con i quali il Tribunale non si è debitamente confrontato e che, per contro, risultano di per sé idonei ad elidere l’attualità del pericolo di recidiva.
Da ciò discende l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata e dell’ordinanza genetica con immediata liberazione del ricorrente, se non detenuto per altro.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonché quella del 17 gennaio 2025. Dispone l’immediata liberazione di COGNOME NOMECOGNOME se non detenuto per altra causa. Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso il 3 luglio 2025
Il Consigliere tensore
GLYPH
dente