Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 13351 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 13351 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Foggia il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Bari il 10/08/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento con rinvio per nuova valutazione in punto di attualità delle esigenze;
udito il difensore AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Bari ha respinto la richiesta di riesame avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari della stessa città, in data 13 luglio 2023, ha applicato a NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere in relazione ai seguenti reati:
art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e 416-bis.l. cod. pen. (capo 1), per avere l’indagato preso parte ad un’associazione dedita al narcotraffico, promossa e diretta dai vertici della RAGIONE_SOCIALE per la gestione del traffico di cocaina e, occasionalmente, di eroina e droghe leggere, attiva nel territorio foggiano dal 1917 all’attualità, nel cui ambito egli era addetto al commercializzazione al dettaglio dello stupefacente che gli veniva assegnato mensilmente per quantitativi predeterminati, fattispecie aggravata dalla finalità di agevolare il predetto sodalizio mafioso;
art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990; 81 cpv., 416-bis.1. cod. pen. (capo 32), per avere ricevuto circa 50 gr. al mese di cocaina, che rivendeva nelle piazze di spaccio foggiane da gennaio a marzo 2018 con la finalità di agevolazione del predetto sodalizio.
Ricorre l’indagato con atto a firma del difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito sintetizzati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc.
2.1. Inosservanza od erronea applicazione di legge, in relazione agli art. 125, 273, 274 cod. proc. pen. nonché mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione.
Difettano elementi dimostrativi della partecipazione del ricorrente all’associazione finalizzata al narcotraffico di cui al capo 1), che è stata dedotta essenzialmente dall’iscrizione nella “lista” degli adepti del cognato di COGNOME e da pochi colloqui intercettati, per lo più inter alios.
Due colloqui, in particolare, sono stati ritenuti significativi nell’ordinanza genetic ossia:
-la conversazione telefonica n. 2440 del 24 gennaio 2018, in cui NOME COGNOME imponeva ad NOME di interrompere il giro di distribuzione della cocaina agli spacciatori loro assegnati e di richiamare quelli che operavano in autonomia (segno che il progetto del direttorio era, a tale epoca, già cessato);
-la conversazione n. 2462 del 4 gennaio 2018, in cui COGNOME e COGNOME ribadiscono che COGNOME, conosciuto come “cognato del cacato” già inserito nelle liste, dovrà rifornirsi dal direttorio a pena di gravissi ritorsioni.
Alla stregua di tali elementi, non può dirsi che vi sia stata da parte del ricorrente piccolo spacciatore da strada, un’adesione spontanea al contesto associativo, sostenuta dalla volontà di contribuire con i propri apporti alla realizzazione del fin comune di trarre profitto dal commercio di droga.
Dirimente, al riguardo, risulta la conversazione telefonica n. 2220 del 3 gennaio 2018 – l’unica in cui COGNOME figuri quale interlocutore diretto – nella qual COGNOME, componente del direttorio, dopo avergli offerto la possibilità di spacciare circa 100 gr.di cocaina al mese, gli impone di rifornirsi (da loro e non più da COGNOME), per quantitativi di circa 50 gr. mensili’ senza possibilità di restituzio dell’invenduto, pur a fronte delle obiezioni dello stesso COGNOME, che assumeva di avere trattato, sino a quel momento, non più di 40 gr. al mese
Inoltre, a confutare il quadro di gravità indiziaria:
incerta è la identificazione dello stesso quale “cognato del cacato” che, in tesi accusatoria, sarebbe il suo pseudonimo;
nessuno dei collaboratori di giustizia escussi ha mai citato COGNOME quale appartenente al “Sistema”;
non risulta da altre emergenze investigative che quanto stabilito in occasione del colloquio del 3 gennaio 2018 abbia avuto effettiva attuazione, che cioè COGNOME abbia avuto un rapporto di stabile ed organica compenetrazione con il gruppo criminale: che abbia partecipato alle riunioni del gruppo; che abbia intrattenuto rapporti continuativi con i sodali; che abbia acquistato cocaina periodicamente in quantità predeterminate; che abbia avuto accesso ai depositi del sodalizio; che abbia, infine, percepito uno stipendio e contribuito con i propri apporti alla cassa comune.
Al ricorrente, del resto, è attribuito un unico reato scopo (capo 32).
2.2. GLYPH Inosservanza od erronea applicazione di legge, in relazione alle aggravanti di cui all’art. 416-bis.1, nella forma della finalità agevolativa mafios e di cui all’art. 74, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, relativa al caratter armato della associazione; mancanza totale di motivazione sul punto.
Non vi è prova che il ricorrente abbia avuto consapevolezza della disponibilità di armi da parte del sodalizio, posto che il sequestro dell’unica arma di cui si abbia notizia risale ad un periodo (anno 2017) antecedente alla pretesa adesione del ricorrente ad esso.
2.3. Inosservanza o erronea applicazione di legge, in relazione agli artt. 125, 273 e 274 cod. proc. pen. nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Il Tribunale non ha motivato sulla permanenza all’attualità del periculum libertatis, atteso che l’ultimo dei reati-scopo risale al 2018 e che l’associazione è stata
disarticolata, nel 2019, dalla operazione denominata “Decima-bis”, in occasione della quale furono tratti in arresto tutti i componenti del direttorio.
La custodia in carcere è stata sostituita con gli arresti domiciliari ne confronti di altri sodali, tra cui NOME COGNOME, benchè inserito nella lista d “grossi spacciatori” e non trova spiegazione il deteriore trattamento riservato al ricorrente, il quale è gravato da un unico carico pendente risalente all’anno 2016, non avendo il Tribunale indicato le ragioni per le quali le esigenze cautelari correlate al pericolo di recidiva non potessero nei suoi confronti essere soddisfatte con una misura meno afflittiva.
Con successiva memoria, pervenuta il 12 febbraio 2024, il difensore ha depositato in stralcio i verbali riassuntivi dei contenuti della collaborazione appena intrapresa dai sodali NOME e NOME COGNOME.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato nei limiti che di seguito si espongono.
Quanto al primo motivo, relativo alla gravità indiziaria del reato associativo, è stata compiutamente ricostruita nell’ordinanza impugnata la struttura tripartita della associazione criminale dedita al traffico di cocain composta dagli esponenti di vertice delle tre storiche batterie della “RAGIONE_SOCIALE“, la quale aveva istituito in Foggia un regime di monopolio, basato sulla imposizione agli addetti alla distribuzione dei quantitativi di droga da smerciare, del prezzo di acquisto e di rivendita; addetti – i cui nominativi risultano dalle “lis rinvenute dagli inquirenti – che erano tenuti ad avvalersi dei canali di approvvigionamento indicati dal direttorio e a conferire i proventi dello spaccio, destinati a confluire in una cassa comune.
In tale contesto il Tribunale colloca, con motivazione esauriente e logica, NOME COGNOME, indicato col soprannome di “cognato di cacato” – ma inserito col suo nome e cognome nella lista degli spacciatori – il quale era parte della compagine gestita dal direttorio, con il ruolo di addetto alla commercializzazione al dettaglio della cocaina che acquistava direttamente dallo stesso COGNOME come emerge dai passaggi delle intercettazioni in cui quest’ultimo NOME ne discute con gli altri sodali (peraltro, sulla identificazione nell’indagato del soggetto indic con lo pseudonimo di “cognato di cacato”, fondata sulla annotazione dei Carabinieri dell’ 8 settembre 2021, non vi è stata contestazione in sede di riesame ed ogni rilievo è precluso in sede di legittimità).
Dal richiamato colloquio tra l’indagato, COGNOME e COGNOME, il Tribunale ha congruamente argomentato che COGNOME era già in precedenza inserito nel “Sistema”, essendo stato “censito” nella lista degli spacciatori che stabilmente acquistavano dai COGNOME e immettevano la droga al consumo, che era tipicamente inserito nelle dinamiche operative del gruppo e che il suo agire era funzionale all’esistenza e al rafforzamento di esso (Sez. 6, n. 27605 del 17/04/2012, Notarianni, Rv. 253021 – 01).
A suffragare la stabile compenetrazione del ricorrente nella consorteria vi è la pluralità di reati scopo di cui al capo 32, in relazione ai quali le deduzio difensive sono generiche e, in ogni caso, non ammissibili, perché non devolute al Tribunale.
In AVV_NOTAIO, le censure che sono state sollevate sotto il profilo della gravità indiziaria sono intese per lo più a sollecitare una alternativa lettura del contenuto dei colloqui, non consentita in questa Sede, posto che il controllo di legittimità anche nel giudizio cautelare personale, non comprende il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né quello di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nelle valutazioni del giudice per le indagini preliminari e del tribunale del riesame, ed essendo, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fi giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Sansone, Rv. 269438; Sez. 2, n. 18713 del 18/01/2023).
Così pure, con riguardo alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, non sono consentite le deduzioni che riguardano la ricostruzione dei fatti, o sollecitano una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628),
3. Non possono essere valutate le nuove produzioni documentali allegate al ricorso, contenenti le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che hanno più d recente reso dichiarazioni sui fatti che occupano, in quanto nel giudizio di legittimità possono essere prodotti esclusivamente i documenti che l’interessato non sia stato in grado di esibire nei precedenti gradi di giudizio, sempre che essi non costituiscano nuova prova e non comportino un’attività di apprezzamento circa la loro validità formale e la loro efficacia nel contesto delle prove già raccolte valutate dai giudici di merito (Sez. 3, n. 5722 del 07/01/2016, COGNOME, Rv. 266390 – 01; Sez. 2, n. 42052 del 19/06/2019, COGNOME, Rv. 277609 – 01).
Ciò premesso, a fronte degli indizi di intraneità come sopra delineati, non appaiono fondate le deduzioni difensive in ordine alla mancanza di affectio societatis.
Il modo e i termini con cui COGNOME si rapporta agli interlocutori nei colloqui intercettati sono stati ritenuti chiaramente dimostrativi dell’inseriment dell’indagato nella catena di distribuzione della cocaina, ma anche di consapevolezza dei flussi di acquisito e vendita di droga stabiliti dagli apicali consapevolezza che i collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME hanno del resto confermato essere radicata in tutti indistintamente i soggetti che curavano la distribuzione dello stupefacente.
Il Tribunale ha fatto corretta applicazione del principio per il quale il dol del reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti è costituit dalla coscienza e volontà di partecipare attivamente alla realizzazione dell’accordo, e quindi del programma delittuoso, in modo stabile e permanente (cfr. Sez. 3, n. 27450 del 29/04/2022, COGNOME, Rv. 283351-04; Sez. 1, n. 30463 del 07/07/2011, COGNOME, Rv. 251012-01; Sez. 6, n. 5970 del 23/01/1997, COGNOME, Rv. 208306-01), mentre l’esistenza di interessi conflittuali tra i singoli componenti del sodalizio no è ostativa al riconoscimento dell’associazione.
Nell’ambito della struttura organizzata non assumono difatti rilievo gli scopi soggettivi e personali perseguiti da ciascun partecipe, atteso che ciò che distingue la fattispecie associativa è il mezzo con cui le diverse finalità personali vengono perseguite (Sez. 6, n. 22046 del 13/12/2018, dep. 20/05/2019, COGNOME, Rv. 276068 – 02). Ne consegue che il vincolo associativo può essere ravvisato anche tra soggetti che rivestono posizioni contrapposte nella catena del traffico di stupefacenti (come i fornitori all’ingrosso e i compratori dediti alla distribuzione ed anche tra soggetti che agiscono in gruppi separati, eventualmente in concorrenza tra loro, a condizione che i fatti costituiscano espressione di un progetto indeterminato volto al fine comune del conseguimento del lucro da essi derivante, e che gli interessati siano consapevoli del ruolo svolto nell’economia del fenomeno associativo (Sez. 6, n. 20069 del 11/02/2008, Oidih, Rv. 239643).
Reiterativa è, ancora, la censura sulla non compatibilità con un’adesione volontaria al gruppo da parte del ricorrente – della imposizione delle regole da parte dei vertici del sodalizio: nell’ordinanza impugnata è spiegato in termini logicamente coerenti che si trattava di regole cogenti, di condizioni imprescindibilmente imposte a chi intendesse spacciare, ma che tale attività criminosa non era certo necessitata.
5. Quanto al secondo motivo, con cui il ricorrente lamenta inosservanza dell’art. 416-bis.1. c.p. ed omessa motivazione sulla sussistenza dell’aggravante relativa al carattere armato, deve considerarsi che, in tema di procedimento cautelare, sussiste l’interesse concreto e attuale dell’indagato alla proposizione del riesame o del ricorso per cassazione quando l’impugnazione sia volta ad ottenere l’esclusione di un’aggravante ovvero una diversa qualificazione giuridica del fatto, nel solo caso in cui ciò incida sull'”an” o sul “quomodo” della misura (v. Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, Renna, Rv. 284489 – 01), mentre, nel caso in disamina, tale esclusione sarebbe priva di riflessi sui presupposti della misura cautelare e sulla sua durata.
Il motivo è comunque manifestamente infondato in relazione alla aggravante di cui all’art. 416-bis.1 (già prevista dall’art. 7 d.l. 13 maggio 1991, n 152, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 203), contestata nelle due differenti forme dell’impiego del metodo mafioso e della finalità di agevolare, con il delitto posto in essere, l’attività dell’associazione per delinquere di stampo mafioso.
Il provvedimento impugnato contiene nella sua motivazione riferimenti argomentativi del tutto lineari che coerentemente evidenziano: a) l’esistenza di un sistema, allestito dai vertici dell’associazione denominata “RAGIONE_SOCIALE“, per la gestione del traffico di stupefacenti, che ne perpetrava il controllo egemonico del territorio, secondo un metodo che (attraverso le imposizioni e le punizioni ) aveva evidenti connotati di mafiosità: b) la consapevolezza, da parte dell’indagato, della finalità di contribuire al perseguimento dei fini istituzionali d predetta “RAGIONE_SOCIALE“.
E’ infine inammissibile, perché non devoluta al Tribunale del riesame, la doglianza relativa all’aggravante del carattere armato della associazione.
6. Fondati sono invece in rilievi difensivi in ordine alle esigenze cautelari. Questa Suprema Corte ha precisato che il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale e che deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma che non deve altresì contemplare la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991; Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767).
La più recente giurisprudenza ha altresì affermato che, in tema di misure cautelari riguardanti, nello specifico, il reato di associazione finalizzata al traff di stupefacenti, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività dell stessa o alla data ultima dei reati-fine, ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza. Essa postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicché la mera rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari di cui all’art 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 16357 del 12/01/2021, Amato, Rv. 281293).
E tuttavia, deve anche considerarsi che, pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, e di una esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indaga sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce l stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Gargano, Rv. 285272 – 01).
In proposito, l’ordinanza impugnata argomenta in termini ellittici che COGNOME è stato stabilmente inserito nel circuito criminale, che aveva una relazione di prossimità con gli apicali e che non risulterebbero acquisiti elementi dimostrativi della rescissione del vincolo associativo.
Sono stati valorizzati, a suffragare il pericolo, un unico carico pendente per droga – essendo ad oggi COGNOME incensurato – risalente all’anno 2016, nonché il fatto – in sé, all’evidenza, neutro – che lo stesso non risulta svolgere alcuna attivit lavorativa. La decisione non ha poi motivato, o comunque ha reso una motivazione apparente, con riferimento alla rilevanza dell’arresto dei capi e dei promotori dell’associazione che avrebbe determinato da anni la disarticolazione del gruppo criminale.
Complessivamente, non sono stati evidenziati solidi elementi dai quali desumere l’attuale esistenza del contesto associativo ed il perdurante apporto partecipativo del ricorrente, ovvero il pericolo della continuità di un tale apporto.
Sulla base delle considerazioni che precedono, va dunque disposto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Bari per nuovo esame in punto di attualità delle esigenze cautelari.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Bari competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, cod. proc. pen. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 20/02/2024