LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Esigenze cautelari: annullamento per vizio di motivazione

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che confermava la custodia in carcere per un indagato di associazione mafiosa. La decisione si fonda sulla carente motivazione del Tribunale del riesame, il quale non ha adeguatamente valutato l’attualità delle esigenze cautelari, travisando la data di alcune intercettazioni e ignorando l’effettivo allontanamento dell’indagato dal contesto criminale familiare, come indicato in una precedente sentenza di annullamento con rinvio.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari: la Cassazione Annulla se la Motivazione è Carente

La valutazione delle esigenze cautelari rappresenta un punto nevralgico nel processo penale, bilanciando la libertà individuale con la tutela della collettività. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 2031/2024) ha ribadito un principio fondamentale: la motivazione che sostiene una misura restrittiva, come la custodia in carcere, deve essere concreta, attuale e immune da vizi logici, pena l’annullamento. In questo caso, il mancato rispetto dei principi fissati in una precedente pronuncia e un’errata datazione delle prove hanno portato la Suprema Corte a censurare la decisione del Tribunale del riesame.

I Fatti di Causa

Un soggetto, indagato per associazione di tipo mafioso, si vedeva confermare la misura della custodia cautelare in carcere dal Tribunale del riesame. Questa decisione giungeva a seguito di un precedente annullamento con rinvio da parte della stessa Corte di Cassazione. La Corte, nella prima sentenza, aveva incaricato il Tribunale di approfondire specifici aspetti: la distanza temporale tra i fatti contestati e l’applicazione della misura, e soprattutto, la volontà dell’indagato di interrompere ogni rapporto con i familiari coinvolti nel sodalizio criminale, un elemento che emergeva chiaramente dalle intercettazioni.

Nonostante queste indicazioni, il Tribunale confermava la misura, commettendo però due errori cruciali. In primo luogo, datava erroneamente al 2020 delle intercettazioni risalenti in realtà al 2019, basandosi sulla data di trascrizione e non su quella di registrazione. In secondo luogo, interpretava il risentimento dell’indagato verso i parenti non come un segno di allontanamento, ma come una latente disponibilità a riprendere la collaborazione criminale qualora fosse stato ricontattato. L’indagato, tramite il suo difensore, ha quindi proposto un nuovo ricorso in Cassazione, denunciando la violazione di legge e il vizio di motivazione.

La Valutazione delle Esigenze Cautelari e la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Il fulcro della decisione risiede nella violazione, da parte del Tribunale, dell’articolo 627 del codice di procedura penale, che impone al giudice del rinvio di attenersi al principio di diritto stabilito dalla Cassazione. La precedente sentenza aveva chiaramente chiesto di verificare se, a fronte dell’accertato allontanamento dell’indagato dal suo nucleo familiare criminale, sussistessero ancora elementi concreti e attuali che giustificassero le esigenze cautelari, in particolare il pericolo di recidiva.

Il Tribunale, secondo la Suprema Corte, ha eluso questo compito. La sua motivazione è stata giudicata irrisolta e contraddittoria. L’errore sulla datazione delle intercettazioni ha alterato la valutazione sull’attualità del pericolo, mentre l’interpretazione del risentimento dell’indagato è stata considerata meramente speculativa. Affermare che l’indagato sarebbe tornato a delinquere se i parenti lo avessero chiamato, senza alcuna prova di un riavvicinamento, non costituisce una motivazione adeguata a sostenere una misura così grave come la custodia in carcere.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è netta nel censurare l’operato del giudice del rinvio. Anzitutto, viene stigmatizzato l’errore materiale sulla data delle conversazioni, un ‘travisamento’ che ha inficiato l’analisi temporale, aspetto cruciale per valutare l’attualità delle esigenze cautelari. In secondo luogo, e in modo ancora più incisivo, la Corte evidenzia come la motivazione del Tribunale fosse solo apparente. Invece di cercare elementi concreti di un persistente legame criminale, il giudice si è basato su un’ipotesi psicologica – il desiderio di essere ‘preso in considerazione’ – trasformandola in una prova di disponibilità a future attività illecite.

Questa interpretazione, secondo la Cassazione, è condizionata e ipotetica (‘se lo avessero chiamato’), e non trova alcun riscontro fattuale. Il Tribunale non ha indicato alcun elemento concreto che dimostrasse un successivo riavvicinamento tra l’indagato e i suoi familiari. Di conseguenza, ha lasciato irrisolto il quesito posto dalla sentenza rescindente: apprezzare la presenza di elementi concreti che dimostrino l’attuale sussistenza delle esigenze cautelari nonostante l’allontanamento e il tempo trascorso.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata, rinviando nuovamente la questione al Tribunale di Catanzaro per un nuovo giudizio. Quest’ultimo dovrà attenersi scrupolosamente ai principi indicati. La sentenza ribadisce con forza che la privazione della libertà personale prima di una condanna definitiva deve fondarsi su una valutazione rigorosa, attuale e basata su dati di fatto concreti, non su congetture o interpretazioni psicologiche speculative. Il mero decorso del tempo e l’allontanamento da un contesto criminale sono elementi che il giudice deve ponderare con la massima attenzione, senza dare per scontata la permanenza del pericolo di recidiva.

Perché l’ordinanza di custodia cautelare è stata annullata?
L’ordinanza è stata annullata perché il Tribunale del riesame ha fornito una motivazione carente e viziata, non rispettando i principi indicati dalla Cassazione in una precedente sentenza. In particolare, ha errato nel datare le intercettazioni e ha basato la sussistenza delle esigenze cautelari su interpretazioni speculative anziché su elementi di fatto concreti e attuali.

Quale errore ha commesso il Tribunale nella valutazione delle prove?
Il Tribunale ha commesso un errore di travisamento della prova, datando al maggio 2020 delle conversazioni telefoniche che erano state registrate nel maggio 2019. Questo errore ha compromesso la corretta valutazione dell’attualità del pericolo di recidiva, un elemento essenziale per giustificare la misura cautelare.

Cosa dovrà fare ora il Tribunale del rinvio?
Il Tribunale dovrà riesaminare il caso attenendosi strettamente alle indicazioni della Corte di Cassazione. Dovrà verificare, sulla base di elementi concreti e non ipotetici, se, nonostante l’allontanamento dell’indagato dal contesto familiare criminale e il tempo trascorso, esistano ancora oggi delle esigenze cautelari che giustifichino il mantenimento della custodia in carcere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati