Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2031 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2031 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a PAOLA avverso l’ordinanza in data 04/07/2023 del TRIBUNALE DI CATANZARO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito l’AVV_NOTAIO, che ha illustrato i motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME, per il tramite del proprio difensore, impugna l’ordinanza in data 04/07/2023 del Tribunale di Catanzaro che, in sede di riesame, – a seguito di annullamento con rinvio disposto dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 26232 del 04/05/2023- ha confermato l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Catanzaro che aveva disposto nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione al reato di associazione di tipo mafioso. Va precisato che l’annullamento veniva disposto con esclusivo riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari.
Deduce:
Violazione dell’art. 627 cod. proc. pen., violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del pericolo di recidiva e in relazione al
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positivo superamento della presunzione relativa di adeguatezza di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., contraddittorietà della motivazione per il travisamento della prova in relazione all’unico decisivo elemento indiziario posto a carico del ricorrente.
Il ricorrente sostiene che il tribunale ha eluso i due temi critici che erano stati rimessi al giudice del rinvio con la sentenza di annullamento, ossia: a) quello della distanza temporale tra la condotta contestata e l’applicazione della misura cautelare, avendo riguardo alla data delle intercettazioni telefoniche, registrate nel 2019 e riferite a fatti antecedenti; b) quello dell’allontanamento dell’indagato dalla coppia COGNOME – COGNOME NOME, visto che dalle intercettazioni emergeva la volontà del ricorrente di interrompere ogni rapporto con i predetti.
Denuncia il travisamento di quanto emergente dalle conversazioni, in quanto il tribunale data al 2020 intercettazioni che, invece, sono del 2019 e ricavando da esse la volontà di COGNOME di rinnovare la messa a disposizione.
Precisa che nel maggio 2020 sono stati redatti i verbali di trascrizione delle intercettazioni che, invece, sono state registrate nel maggio 2019.
Secondo il ricorrente, la volontà di rinnovare la messa a disposizione del sodalizio enucleato è un’invenzione del tribunale, visto che COGNOME non ha mai manifestato tale intenzione; aggiunge che tale conclusione è elusiva delle stesse indicazioni della Corte di cassazione, che non aveva messo in discussione il contenuto e/o l’interpretazione dei dialoghi intercettati, ai quali ha attribuito una chiara valenza di interruzione di ogni rapporto con la coppia COGNOME – COGNOME NOME.
Rimarca come vi sia in atti la prova di un’irreversibile interruzione dei rapporti già nel 2018, quando il 16/04/2018, in carcere, veniva intercettata una conversazione in cui NOME COGNOME riferiva a COGNOME dei pessimi rapporti con la famiglia di NOME COGNOME, ossia del padre della compagna di COGNOME e riferiva ancora dell’interruzione dei rapporti voluta dallo stesso COGNOME NOME. In altra intercettazione ambientale del 02/05/2018 COGNOME NOME (padre di NOME) riferiva a NOME come il figlio non si recasse a casa di COGNOME NOME (moglie di NOME).
Si duole, dunque, della mancata considerazione di quattro anni silenti in rapporto all’effettivo allontanamento di COGNOME dagli zii COGNOME e della mancata attuazione delle indicazioni della sentenza rescindente, che aveva demandato al tribunale il compito di verificare se a fronte del riscontrato allontanamento vi fossero elementi dirimente in punto di inattualità delle esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
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1.1. Vale la pena premettere il contenuto della sentenza rescindente: «LA deve sottolinearsi come le intercettazioni dalle quali sono desunti i gravi indizi risalgono al 2019, ma i fatti cui si riferiscono sono sicuramente antecedenti, posto che il ricorrente discorre con il padre di fatti accaduti in passato. A ciò si aggiunge che il contenuto dei discorsi è tutto incentrato sulle recriminazioni del ricorrente nei confronti della zia e del COGNOME, risultando l’effettiva volontà del ricorrente d interruzione di ogni rapporto con i predetti. Tale aspetto non risulta adeguatamente valutato dal Tribunale del riesame che, nel motivare in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, si è limitato ad escludere la rilevanza della distanza temporale dai fatti, senza valutare l’eventuale sussistenza -desumibile proprio dalle intercettazioni ritenute sicuramente veritiere- di uno specifico elemento idoneo a dimostrare il venir meno del rapporto di collaborazione del ricorrente con il COGNOME. Si tratta di un dato che necessita di un adeguato approfondimento in punto di merito, soprattutto ove si consideri che la gravità indiziaria è tratta essenzialmente dal legame parentale e della collaborazione prestata dal ricorrente a fronte di richieste che venivano sempre dallo zio e non da altri associati. Nel momento in cui l’appartenenza all’associazione viene fondata sul rapporto privilegiato esistente tra il ricorrente e lo zio, l’interruzione dei rapporti con quest’ultimo assume una valenza potenzialmente dirimente.
Alla luce di tali considerazioni, l’ordinanza deve essere annullata con rinvio per nuovo esame in ordine al profilo concernente la sussistenza delle esigenze cautelari».
1.2. Ciò premesso, il giudice del rinvio, con l’ordinanza oggi impugnata, ha rinnovato la valutazione delle intercettazioni, dalle quali rileva l’emersione della partecipazione di COGNOME NOME all’attività criminale dell’associazione capeggiata da COGNOME.
In tale prospettiva, il tribunale ha osservato che dalle intercettazioni -in effetti- emergono le recriminazioni di COGNOME NOME circa l’ingratitudine degli zii COGNOME NOME e COGNOME NOME «responsabili di non avere ricambiato adeguatamente la disponibilità e la vicinanza del nipote e di non averlo contattato nonostante il suo allontanamento»; aggiunge -però- che da esse non può desumersi nessuna attenuazione delle esigenze cautelari, perché da tali dialoghi «del mese di maggio 2020» si desume, invece «esattamente il contrario», in quanto «COGNOME NOME è risentito non solo per l’ingratitudine degli zii, ma anche perché non viene chiamato dai predetti a giustificare la sua assenza dalla casa, perché nella sostanza non si sente preso in considerazione».
Secondo il tribunale, «tanto sta a significare che, se gli zii lo avessero chiamato per chiedergli scusa del loro silenzio o comunque per chiarire i rapporti tesi, ben volentieri, egli si sarebbe ripresentato, fornendo loro la sua
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collaborazione».
Il tribunale aggiunge che «né il tempo in cui si è manifestata tale volontà di rinnovare la messa a disposizione (anno 2020) è talmente risalente da scongiurare la permanenza delle esigenze cautelari, anche in considerazione che quello trascorso dall’1/09/2022 trascorso in carcere non ha alcuna valenza, trattandosi di mafia storica, in relazione alla quale il solo decorso del tempo non fa venir meno le esigenze cautelari 8Ex multis Cass., 19922/22)».
1.3. Ciò premesso, va rilevato come la motivazione del tribunale -oltre a fare riferimento a un dato temporale erroneo- lascia irrisolto il quesito rimesso dalla sentenza rescindente.
1.3.1. Il dato temporale erroneo è quello relativo alla datazione delle intercettazioni, che il tribunale colloca nel maggio 2020, facendo riferimento alla data della loro trascrizione a opera della polizia giudiziaria, là dove le conversazioni, invece, risalgono al maggio del 2019.
1.3.2. Sotto il profilo della mancata risposta all’approfondimento richiesto dalla sentenza rescindente, va osservato come il tribunale in effetti confermi l’esistenza di un risentimento di COGNOME verso gli zii e una conseguente perdita di contatto con gli stessi; tale situazione di fatto, però, viene superata affermandosi che -comunque- NOME -che non si reca a casa della zia e non ha contatti con lo zio- si duole del fatto che quelli non lo chiamino, così dimostrando la sua messa a disposizione al compimento di ulteriori attività criminali in loro favore ove quelli lo avessero chiamato.
A fronte di ciò, non può che osservarsi come tale argomento e la concretizzazione della messa a disposizione siano condizionati dallo stesso tribunale al fatto che COGNOME venisse effettivamente chiamato dagli zii.
Di tale evenienza, però, non si ha traccia nella motivazione del provvedimento impugnato, visto che il tribunale non indica la presenza di elementi concreti dai quali evincere che vi sia stato un successivo riavvicinamento tra COGNOME NOME e i suoi zii, tale da far ritenere che quello sia attualmente operativo nella cosca capeggiata da COGNOME NOME.
Tanto importa che -per come correttamente contestato dal ricorrenterimasto irrisolto il quesito rimesso dalla precedente sentenza rescindente che, appunto, chiedeva al giudice di rinvio di apprezzare l’eventuale presenza di elementi concreti da cui evincere l’attuale e concreta sussistenza di esigenze cautelari, a dispetto dell’allontanamento dagli zii siccome emergente dal tenore delle intercettazioni e nonostante il tempo decorso dalla loro registrazione.
Tanto importa la violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. e l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al tribunale, che avrà il compito di dare seguito a quanto già rilesso dalla precedente sentenza rescindente di questa
Corte (n. 26232 del 04/05/2023).
Una copia del presente provvedimento deve essere trasmessa, a cura della Cancelleria, al Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma iter, disp. att. cod. proc. pen., in quanto dalla sua pronuncia non consegue la rimessione in libertà del detenuto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari, e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in data 12/12/2023
Il Consigliere est.
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