Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1523 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1523 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CROTONE il 08/08/1983
avverso l’ordinanza del 07/06/2023 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
uditi gli avvocati COGNOME e COGNOME i quali insistono per l’accoglimento del ricorso
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 27 aprile 2023, n. 22321, la I sezione di questa Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del 2-3 novembre 2022 con la quale il Tribunale del riesame di Catanzaro ha confermato l’ordinanza cautelare di applicazione della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME emessa dal g.i.p. del Tribunale di Catanzaro in relazione ai reati degli artt. 416, primo e secondo comma, e 452-quaterdecies, cod. pen., entrambi aggravati dall’art. 416-bis.1, cod. pen. In particolare, COGNOME è stato ritenuto essere, insieme al fratello NOME ed a NOME COGNOME, NOME COGNOME classe 1963, NOME COGNOME classe 1969, NOME COGNOME classe 1973, NOME COGNOME classe 1965, NOME COGNOME classe 1974, NOME COGNOME gravemente indiziato di aver costituito una associazione finalizzata a commettere più delitti relativi all’organizzazione di traffici illeciti di rifiuti ed alla commissi di truffe ai danni del gestore del servizio energetico nazionale (capo 6 dell’imputazione provvisoria); COGNOME è stato ritenuto, inoltre, gravemente indiziato di aver commesso anche il reato-fine dell’aver gestito un traffico organizzato di rifiuti trasportando, e smaltendo, materiale legnoso misto a scarti di segheria e ad altri materiali di risulta provenienti da tagli, sfalci e potature abusive, traffico realizzato anche attraverso la predisposizione di falsa documentazione e false perizie che attestavano diversa origine del materiale poi conferito in centrali a biomassa (capo 7 dell’imputazione provvisoria). I fatti sarebbero avvenuti nelle province di Cosenza, Crotone e Brindisi tra il 2014 ed il 2017.
1.1. La I sezione ha osservato: a) che la stessa ordinanza impugnata aveva riconosciuto che il ruolo di NOME COGNOME era stato ricostruito all’interno del sodalizio criminale dalla posizione apicale rivestita nell’impresa di famiglia, affermando che “occorre rammentare che COGNOME NOME è l’amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, per cui a lui sono riconducibili ex lege tutte le attività commerciali e cointeressenze e vicinanze della società alla ‘ndrina locale”; b) che siffatta motivazione presentava un evidente salto logico, perché la circostanza che COGNOME fosse l’amministratore unico lo rendeva responsabile dei rapporti commerciali ma non delle vicinanze alla ‘ndrina locale, che non sono soggette ad imputazione ex lege, ma devono pur sempre essere provate, al più anche attraverso argomenti logici, che però nell’ordinanza non erano sviluppati; c) che le dichiarazioni dell’imprenditore NOME COGNOME che si sarebbe lamentato dell’esistenza di un cartello tra le imprese che operano nel settore dello sfruttamento boschivo, avevano riguardato solo NOME COGNOME e non NOME; d) che anche le conversazioni intercettate sull’utenza
dell’imprenditore NOME COGNOME avevano riguardo a NOME COGNOME; e) che l’ordinanza impugnata neppure si era confrontata in termini puntuali con il rilievo difensivo secondo il quale lo stesso consulente tecnico del pubblico ministero aveva concluso per la mancanza di conferimenti di rifiuti nelle centrali nel periodo preso in considerazione.
Con ordinanza del 7 giugno 2023 il Tribunale di Catanzaro ha rigettato la richiesta di riesame, confermando l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere.
Nell’interesse dell’indagato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. at cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge per avere il Tribunale omesso di motivare o avere illogicamente motivato con riferimento al ruolo del ricorrente nei reati di cui ai capi 6) e 7) e per avere illogicamente motivato per effetto dell’erronea applicazione dell’art. 192, commi 2 e 3, cod. proc. pen., disattendendo le indicazioni della sentenza rescindente. Si critica, al riguardo, il carattere tautologico e assertivo delle motivazioni utilizzate per valorizzare, ai fini della ritenuta sussistenza della provvista indiziaria, le dichiarazioni di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, aggiungendo che le risultanze di altri procedimenti riguardano la presunta elusione della normativa legata al taglio e alla cippatura degli alberi e alla ipotetica costituzione di un cartello tra imprese boschive, ma non ad un’attività di traffico illecito di rifiuti. Il motivo ribadisce che l’ordinanza impugnata non si confronta adeguatamente con i rilievi emergenti dalla consulenza del P.M. e non delinea l’autonoma posizione dell’indagato rispetto agli specifici fatti delittuosi che gli sono contestati, anche alla luce dell’estraneità dei fatti emergenti dalle dichiarazioni e delle conversazioni valorizzate rispetto a quelli oggetto di imputazione.
2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere il Tribunale ritenuto che il conferimento di legname di cui non sia certa la provenienza possa integrare la nozione di rifiuto, anche alla luce delle ricordate conclusioni del consulente del P.M.
2.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, tenuto conto del fatto che lo RAGIONE_SOCIALE è detenuto dal gennaio 2018, ha perso il controllo delle società di legnami di famiglia, sottoposte ad amministrazione giudiziaria. Sul punto si registra il silenzio assoluto dell’ordinanza impugnata – osserva il ricorso
-, anche alla luce del fatto che, con riguardo al fratello NOME, lo stesso Tribunale ha sostituito la misura cautelare.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
All’udienza del 5 dicembre 2023 si è svolta la discussione orale.
Considerato in diritto
I primi due motivi, esaminabili congiuntamente per la loro stretta connessione logica, sono nel loro complesso, infondati.
In linea generale, va ribadito che la Corte di Cassazione risolve una questione di diritto anche quando giudica sull’adempimento del dovere di motivazione, sicché il giudice di rinvio, pur conservando la libertà di decisione mediante un’autonoma valutazione delle risultanze probatorie relative al punto annullato, è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, restando in tal modo vincolato a una determinata valutazione delle risultanze processuali (ex multis, Sez. 2, n. 45863 del 24/9/2019, COGNOME, Rv. 277999; Sez. 5, n. 7567 del 24/9/2012, COGNOME, Rv. 254830), incorrendo altrimenti nel rischio di un altro annullamento, derivante dalla reiterazione del percorso motivazionale già ritenuto inadeguato (Sez. 6, n. 19206 del 10/1/2013, COGNOME, Rv. 255122; Sez. 1, n. 26274 del 6/5/2004, Francese, Rv. 228913).
Ciò posto, si osserva, in via preliminare, in quanto incide sulla selezione dei dati rilevanti ai fini del decidere e sulla congruità dell’apparato motivazionale rispetto alle indicazioni pronnananti dalla sentenza rescindente, che, in tema di gestione di rifiuti, il regime derogatorio della parte quarta del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, previsto dall’art. 185 del medesimo decreto, opera solo per gli “sfalci e potature” riutilizzati in agricoltura, in silvicoltura o per la produzione di energia da biomassa sempre che siano seguite delle procedure che non danneggino l’ambiente o non mettano in pericolo la salute umana, mentre, ove non ricorrano tali presupposti, i predetti scarti vegetali sono classificabili come rifiuti (Sez. 3, n. 9348 del 02/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278638 – 01, che ha riguardo alla formulazione risultante all’esito dell’intervento dell’art. 20, comma 10, comma 1, della legge 3 maggio 2019, n. 37, ma che giunge a
conclusioni coerenti anche con il testo della norma vigente ratione temporis, che concerneva «paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana»).
In tale contesto normativo, la ricostruzione operata dall’ordinanza impugnata mostra appunto l’assoluta irregolarità della procedure e la non conformità del materiale conferito ai requisiti di legge (del tutto eloquenti sono sul punto le dichiarazioni del collaboratore COGNOME riportate dal Tribunale del riesame) e soprattutto, per quanto verrà detto oltre, la piena consapevolezza del dato da parte del ricorrente, il quale attivamente contribuiva a gestire l’attività illecita della società RAGIONE_SOCIALE
Ne discende che l’argomento difensivo qui riproposto delle risultanze della consulenza tecnica del p.m. rimane assertivamente legato alle conclusioni dell’ausiliario senza che venga illustrato, con il grado di specificità necessario a incrinare la tenuta argomentativa del provvedimento, il percorso che ha condotto il consulente a raggiungere tali risultati.
In tale contesto, l’ordinanza impugnata ha ricostruito i dati indiziari attorno ad una ratio decidendi che si fonda sul ruolo attivo e consapevole del ricorrente nella gestione di un’attività imprenditoriale in cui l’attività illecita contestata non ha un carattere episodico tale da poter sfuggire ad un distratto amministratore, ma permea di sé la gestione della società. In questo senso, accostando tale profilo alla consapevolezza del ricorrente che emerge, oltre sul piano logico, su quello obiettivamente riscontrabile del contenuto delle intercettazioni valorizzate dall’ordinanza impugnata.
Ciò posto, escluso che l’apparato motivazionale presenti i vizi logici indicati nella sentenza rescindente, si osserva che le frammentarie indicazioni contenute in ricorso aspirano ad una ricostruzione alternativa della vicenda rispetto a quanto proposto dai giudici di merito, trascurando di considerare la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (cfr., tra le altre, Sez. 6, n. 25255 del 14/2/2012, COGNOME, Rv. 253099; Sez. 5, n. 39048 del 25/9/2007, COGNOME, Rv. 238215). Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di
merito (v., per tutte, Sez. 2, n. 31553 del 17/5/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884), spettando, al più, al giudice di legittimità la verifica dell’adeguatezza della motivazione sugli elementi indizianti operata dal giudice di merito e della congruenza di essa ai parametri della logica, da condursi sempre entro i limiti che caratterizzano la peculiare natura del giudizio di cassazione (Sez. 4, n. 26992 del 29/5/2013, COGNOME, Rv. 255460; Sez. U, n. 11 del 22/3/2000, COGNOME, Rv. 215828). Nel caso di specie, non sussistono manifeste illogicità o incongruenze della motivazione.
È invece fondato il terzo motivo di ricorso, atteso l’assoluto silenzio serbato dall’ordinanza impugnata quanto al profilo delle esigenze cautelari.
Ne segue per le ragioni suindicate l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 05/12/2023