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Esigenze cautelari: annullamento per mancanza di attualità

La Corte di Cassazione ha parzialmente annullato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per reati legati all’immigrazione clandestina. La Corte ha ritenuto valida la gravità indiziaria per la maggior parte delle accuse ma ha censurato la valutazione sulle esigenze cautelari. In particolare, è stata giudicata insufficiente la motivazione sull’attualità del pericolo di reiterazione del reato, dato il notevole tempo trascorso (quasi quattro anni) dai fatti contestati, e generica la valutazione sul pericolo di fuga basata sulla sola nazionalità dell’indagato.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esigenze Cautelari: La Cassazione Annulla una Misura per Mancanza di Attualità del Pericolo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 386/2024, torna a pronunciarsi sui delicati criteri che governano l’applicazione delle misure restrittive della libertà personale, sottolineando il principio fondamentale dell’attualità delle esigenze cautelari. Il caso in esame riguarda un’ordinanza di custodia in carcere per associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina, parzialmente annullata proprio per un difetto di motivazione su questo punto cruciale.

I Fatti del Caso

Un cittadino straniero veniva accusato di far parte di un’associazione criminale dedita a favorire l’ingresso illegale di migranti in Italia. Oltre al reato associativo, gli venivano contestati quattro episodi specifici di concorso in immigrazione clandestina, commessi in un arco temporale ristretto tra luglio e agosto 2019. Il Tribunale del Riesame confermava la misura della custodia cautelare in carcere, ma l’indagato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso in Cassazione lamentando, tra le altre cose, l’insussistenza delle esigenze cautelari, dato il notevole lasso di tempo trascorso dai fatti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso, operando una distinzione netta tra la valutazione sulla gravità degli indizi e quella sulle necessità della misura cautelare.

* Gravità Indiziaria: La Corte ha ritenuto inammissibili o infondate le censure relative all’esistenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato associativo e per tre dei quattro reati fine. Secondo i giudici, le intercettazioni e gli altri elementi raccolti erano sufficienti a sostenere l’accusa in quella fase del procedimento. Tuttavia, per uno degli episodi contestati (capo 11), la Corte ha rilevato una motivazione contraddittoria, annullando l’ordinanza su quel punto con rinvio al Tribunale per un nuovo esame.
* Esigenze Cautelari: Il cuore della decisione risiede nell’accoglimento del motivo di ricorso relativo alle esigenze cautelari. La Corte ha stabilito che la motivazione del Tribunale del Riesame sul pericolo di reiterazione del reato e sul pericolo di fuga era insufficiente e viziata.

Le motivazioni: l’importanza delle esigenze cautelari e del tempo trascorso

La Cassazione ha evidenziato come il Tribunale avesse presunto la persistenza del pericolo di reiterazione basandosi su una sorta di “ultrattività” dell’associazione criminale, senza però fornire elementi concreti a supporto. I giudici di legittimità hanno chiarito un principio fondamentale: la regola di esperienza sulla tendenziale stabilità dei sodalizi criminali, elaborata per le associazioni di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), non è automaticamente applicabile alle associazioni per delinquere “comuni” (art. 416 c.p.).

Per queste ultime, spetta al giudice motivare in modo specifico e puntuale perché, a distanza di quasi quattro anni dai fatti, il pericolo che l’indagato commetta nuovi reati sia ancora attuale e concreto. Affermare che “non può escludersi che il ricorrente abbia continuato a prestare la propria opera” è una formula generica e inaccettabile. Il decorso del tempo impone uno sforzo motivazionale aggiuntivo per verificare l’attualità del pericolo.

Anche la valutazione sul pericolo di fuga è stata censurata. Basare tale rischio unicamente sulla nazionalità dell’indagato è stato ritenuto un approccio generico, soprattutto a fronte di elementi che dimostravano, al contrario, forti legami familiari e territoriali dell’uomo in Italia. La Corte ha quindi annullato l’ordinanza anche su questo profilo, rinviando al Tribunale del Riesame il compito di colmare le lacune motivazionali.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio cardine dello stato di diritto: la compressione della libertà personale prima di una condanna definitiva deve essere ancorata a presupposti rigorosi, attuali e concreti. Non sono ammesse presunzioni o motivazioni generiche. Il tempo che passa non è un dettaglio irrilevante; al contrario, esso erode la presunzione di pericolosità e richiede ai giudici una verifica ancora più attenta e una motivazione rafforzata sulla reale necessità della misura cautelare. La decisione rappresenta un importante monito a non applicare in modo automatico schemi validi per la criminalità mafiosa a contesti associativi differenti, garantendo così una più attenta tutela dei diritti individuali.

Quando una misura cautelare può essere annullata per il passare del tempo?
Una misura cautelare può essere annullata quando, a fronte di un notevole lasso di tempo trascorso dai fatti contestati, il giudice non fornisce una motivazione specifica e concreta sull’attualità del pericolo di reiterazione del reato, limitandosi a presunzioni generiche.

Perché il pericolo di fuga basato solo sulla nazionalità non è sufficiente?
Secondo la Corte, basare il pericolo di fuga unicamente sulla nazionalità dell’indagato è un criterio troppo generico e insufficiente, specialmente quando esistono prove contrarie, come forti legami familiari e territoriali nel paese, che devono essere adeguatamente considerate.

C’è differenza tra associazione comune e mafiosa per le esigenze cautelari?
Sì. La sentenza chiarisce che la presunzione di stabilità e operatività nel tempo (ultrattività), tipica delle associazioni mafiose, non si applica automaticamente alle associazioni per delinquere comuni. Per queste ultime, la persistenza del pericolo deve essere dimostrata con elementi di fatto specifici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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