Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10926 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10926 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nata in Repubblica Dominicana il 28/10/1991, avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Trieste del 02/07/2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni rassegnate, ex art. 23, comma 8, del decreto legge n. 137 del 2020, dal Procuratore generale, NOME COGNOME ‘che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Con ordinanza del 2 luglio 2024 il Tribunale della Libertà di Trieste ha rigettato l’istanza di riesame proposta da NOME (nel procedimento riunito pendente anche su istanza di NOME COGNOME avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Gorizia del 31 maggio 2024, con cui era stata applicata all’odierna ricorrente la misura degli arresti domiciliari.
Avverso tale ordinanza NOME COGNOME COGNOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto tempestivo ricorso per l’annullamento dell’ordinanza, affidandolo a due motivi.
3.1. Con il primo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606, comma 1, lett b ed e cod.proc.pen., in relazione agli artt. 273, comma 1 e comma 1-bis, cod proc pen’ e per omessa motivazione in merito alla memoria difensiva depositata (con cui si contestava la rilevanza dell’identificazione della odierna ricorrente quale occupate dell’auto Lexus, dei dati rivenienti dalla localizzazione delle celle impegnate dalla sua utenza e dunque del ritenuto spostamento da Udine a Monfalcone, del contenuto della conversazione intercettata).
3.2. Col secondo motivo lamenta, ex art. 606, comma 1, lett b ed e, cod proc pen, erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in relazione all’art. 274, comma 1, lett c cod proc pen, per difetto di accertamento della concretezza ed attualità del pericolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione con il quale si lamenti l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento (come formalmente deduce il ricorso), secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando (…) propone e sviluppa censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178).
Conseguentemente, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad ess ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di
diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/5/2013, Rv. 255460; conf. Sez. 4, n. 37878 del 6/7/2007, COGNOME e altri, Rv. 237475).
Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere interno al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate.
In altri termini, è consentito in questa sede esclusivamente verificare se le argomentazioni spese sono congrue rispetto al fine giustificativo del provvedimento impugnato. Se, cioè, in quest’ultimo, siano o meno presenti due requisiti, l’uno di carattere positivo e l’altro negativo, e cioè l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative su cui si fonda e l’assenza di illogicità evidenti, risultanti, cioè, prima facie dal testo del provvedimento impugnato.
1.1. Al fine dell’adozione della misura cautelare è sufficiente l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare “un giudizio di qualificata probabilità” sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitati (il tema si pone, con riferimento al presente ricorso, solo avuto riguardo al secondo motivo). La nozione di gravi indizi di colpevolezza in sede cautelare non è, infatti, omologa a quella che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza finale (cfr. ex multis Sez. 5 n. 36079 del 5/6/2012, COGNOME ed altri, Rv. 253511).
In altri termini, in sede cautelare gli indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma 2, cod. proc pen. Ciò lo si desume con chiarezza dal fatto che l’art. 273, comma 1-bis, cod. proc. pen. richiama i commi 3 e 4 dell’art. 192, cod. proc. pen., ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla gravità, richiede la precisione e concordanza degli indizi (così univocamente questa Corte, ex plurimis Sez. 2, n. 26764 del 15.3.2013, COGNOME, rv. 256731; sez. 6 n. 7797′. del 5.2.2013, COGNOME, rv. 255053; sez. 4 n. 18589 del 14.2.2013, Superbo, rv. 255928).
1.2. Pur non potendosi parlare di «doppia conforme», ma appurato che laddove le due ordinanze cautelari pervengano a conclusioni sovrapponibili, seguendo i medesimi passaggi argomentativi (come nel caso di motivazione per relationem), esse si integrano, formando un unicum, le censure vanno poi parametrate alla motivazione così complessivamente risultante.
In tal senso, la giurisprudenza della Corte ritiene (Sez. 2, n. 672 del 23/01/1998, dep. 1999, COGNOME, Rv. 212768 – 01) che «in tema di motivazione dei provvedimenti cautelari, così come la motivazione del tribunale del riesame può integrare e completare la motivazione elaborata dal giudice che ha emesso il
provvedimento restrittivo, quest’ultima ben può, a sua volta, essere utilizzata per colmare le eventuali lacune del successivo provvedimento; infatti, trattandosi di ordinanze complementari e strettamente collegate, esse, vicendevolmente e nel loro insieme, connotano l’unitario giudizio di sussistenza in ordine ai presupposti di applicabilità della misura cautelare». Analogamente, Sez. 6, n. 32359 del 06/05/2003, COGNOME, Rv. 226517 – 01, ha ritenuto che il provvedimento del Tribunale del riesame integra e completa quello del giudice che ha emesso l’ordinanza applicativa, purché questa (come in questo caso) contenga le ragioni logiche e giuridiche che ne hanno determinato l’emissione, con la mera esclusione (Sez. 6, Sentenza n. 18476 del 12/12/2014, dep. 2015, COGNOME, n.m.) del caso in cui il provvedimento custodiale sia mancante di motivazione in senso grafico oppure ove, pur esistendo materialmente una motivazione, essa si risolva in clausole di stile o in una motivazione meramente apparénte e cioè tale da non consentire di comprendere l’itinerario logico-giuridico esperito dal giudice. Le due · ordinanze, quindi, andranno considerate unitariamente ai fini di valutare l’ammissibilità e la fondatezza dei motivi di ricorso.
2. Tanto premesso si osserva che il primo motivo è inammissibile.
La ricorrente deduce doglianze che non sono riconducibili ad alcuno dei vizi scrutinabili in questa sede, proponendo una lettura delle emergenze procedimentali alternativa rispetto a quella operata dai giudici di merito.
2.1. Va, ancora, preliminarmente rilevato, quanto alla denunciata omessa valutazione della memoria difensiva, che tale eventuale omissione non determina alcuna nullità, ma può solo influire sulla congruità e sulla correttezza logicogiuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito sono state espresse le ragioni difensive (Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2020, Cilio, Rv. 279578-01).
Tale omesso esame non può, pertanto, essere dedotto in questa sede di legittimità, salvo che introduca temi nuovi e questioni diverse potenzialmente decisive, non sussistendo un’omessa valutazione quando gli argomenti in essa sviluppati, sui quali il provvedimento impugnato sia rimasto silente, siano smentiti dal complessivo impianto motivazionale, in quanto logicamente incompatibili con la ricostruzione accertata e la valutazione formulata (Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2020, Cilio, Rv. 279578 – 01; Sez. 5, n. 5443 del 18/12/2020, COGNOME, Rv. 280670 – 01; Sez. 3, n. 23097 del 08/05/2019, COGNOME, Rv. 276199 – 03).
2.1.1. Evenienza, nella specie, non sussistente, e, peraltro, la motivazione, che attesta la ricezione della memoria de qua (cfr. pag 2), è esaustiva sui punti nella stessa dedotti.
2.2. Si osserva, poi, che delineata la scaturigine degli accertamenti che hanno condotto alla contestazione a carico dell’odierna ricorrente -con la ricognizione di uno «schiacciante quadro indiziario relativo all’intrapresa di un’attività continuativa, intensa e sistematica, di cessione a terzi di sostanza del tipo cocaina, propiziata dalla “copertura” data dall’attività del locale pubblico »- il Tribunale della Libertà di Trieste ha indicato gli elementi indiziari ritenuti a fondamento dell’avvenuto acquisto da parte di NOME di stupefacente, cocaina per 750 grammi, poi tagliata il giorno successivo con mannitolo, innanzi tutto, nel contenuto delle captazioni audio-video del 6 febbraio 2024 all’interno del locale, chiuso al pubblico (attestanti l’ingresso prima di due uomini, quindi di una donna, tutti di nazionalità sudamericana, la quale ultima recava con sé una borsa, presa da uno dei due uomini che con NOME cogestore del locale- si recava nel retrobottega, e poco dopo restituita sicchè i tre si allontanavano dall’esercizio; la condotta del COGNOME che, il giorno successivo, giungeva nel locale ove, in cucina, ‘lavorava’ sostanze poi portate fuori dal locale). Si rinvia per la migliore specificazione dell’intera vicenda alla compiuta motivazione dell’ordinanza impugnata.
Ha puntualmente dedotto in ordine alla individuazione della ricorrente -contestata dalla difesa, ma confermata senza esitazione alcuna, anche in difetto di spiegazioni alternative della difesa- con riferimento al controllo della stessa, il 20 febbraio 2024, mentre era a bordo dell’auto Lexus, con targa spagnola TARGA_VEICOLO, utilizzata dalle persone che si erano recate nel locale del Rivera il precedente 6 febbraio; al tracciamento della sua utenza, il 6 febbraio, lungo un percorso da Udine a Monfalcone, in area corrispondente a quella in cui si trova il locale del INDIRIZZO, e poi di nuovo fino ad Udine, in orario compatibile coi fatti addebitatile; al contenuto del colloquio video-registrato, all’esito del quale dopo la cessione della borsa, uno dei due uomini ivi giunti invita la donna, appellata COGNOME, ad andarsene (dando atto che la difesa ha prodotto il file audio asseritamente attestante la non comprensibilità del noma, ma contestandone l’assunto).
2.3. Il motivo, pertanto, oltre che inammissibile, anche perché estrinsecamente generico per mancato confronto con gli argomenti del provvedimento impugnato e meramente reiterativo dei motivi di riesame, è, palesemente, manifestamente infondato.
Diversamente si ritiene quanto alle esigenze di cautela.
Le motivazioni rese dal Tribunale, che impingono, nuovamente, nel merito della contestazione, nulla dicono a proposito della ricognizione di attualità e concretezza
del pericolo di reiterazione, e poco chiariscono – per difetto di argomentazioni concrete- in ordine alla adeguatezza della misura validata.
3.1. L’ordinanza deve, dunque, essere annullata in parte qua, per nuovo esame da parte del merito sul punto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al punto concernente le esigenze cautelari e rinvia per nuovo giudizio al tribunale di Trieste competente ai sensi dell’art. 309, co 7, c.p.p..
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma il 26 novembre 2024
La ons. est
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Il Presidente