Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21010 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21010 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/05/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
Composta da:
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
Presidente –
Relatore –
Sent. n. sez. 999/2025 CC – 21/05/2025 R.G.N. 12134/2025
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a AFRAGOLA il 18/11/1957
avverso l’ordinanza del 13/02/2025 del TRIBUNALE DI ROMA visti gli atti il provvedimento impugnato ed il ricorso:
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga rigettato;
sentite le conclusioni dei difensori del ricorrente, Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME che hanno chiesto lÕaccoglimento del motivo di ricorso, con ogni conseguente statuizione.
Il Tribunale di Roma, in sede di riesame, con provvedimento del 13/02/2025, ha confermato lÕordinanza della Corte di appello di Roma del 27/01/2025, con la quale era stata applicata a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere ad esito di richiesta ex art. 300, comma 5, cod. proc. pen.
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, NOME COGNOME
proponendo un unico articolato motivo di ricorso, che qui si riporta nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dellÕart. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Vizio della motivazione perchŽ mancante, manifestamente illogica e contraddittoria intrinsecamente in ordine alla sussistenza dei requisiti di attualitˆ e concretezza della esigenza cautelare di cui allÕart. 274, lett. c), cod. proc. pen., ritenuta a fondamento della misura cautelare applicata, nonchŽ in ordine al giudizio di adeguatezza della custodia carceraria a prevenirla; la difesa ha richiamato lÕesito e andamento dei procedimenti penali a carico del proprio assistito e in particolare lÕordine di esecuzione pena applicato nei confronti dellÕimputato dal quale risulta che lo stesso è recluso in carcere per lÕespiazione di pena pari ad anni 30 di reclusione per il delitto di omicidio volontario e dunque in forza di un titolo che non consente, ancora per un lunghissimo periodo di tempo, lÕaccesso ad alcuna misura alternativa alla detenzione, nŽ ad alcun genere di beneficio; tale complessiva situazione (attualitˆ dello stato detentivo, titolo sul quale si basa, lunghissima e complessiva durata della carcerazione in essere) impedisce qualsiasi possibilitˆ di sostenere la ricorrenza delle esigenze cautelari ritenute dal Tribunale nel provvedimento impugnato; il Tribunale ha omesso di confrontarsi con lÕassunto difensivo e con le sue implicazioni logiche, limitandosi ad enfatizzare la matrice camorristica dei delitti commessi al fine di agevolare il c.d. clan Senese, la cui esistenza risulta smentita da plurime pronunce giurisdizionali. Il nucleo centrale delle contestazioni difensive non è stato in alcun modo affrontato e non si è chiarito in alcun modo in che termini possa ritenersi osservato il principio di adeguatezza della misura cautelare in carcere quando lo rappresenti una condizione preesistente alla quale il ricorrente è sottoposto a prescindere dalla imposizione della misura oggetto di riesame. LÕomissione valutativa ed argomentativa in cui sono incorsi entrambi i giudici di merito è correlata al profilo di manifesta illogicitˆ che permea la motivazione ed identificabile nella c.d. negazione dellÕantecedente. Non appare logicamente sostenibile che lo stato di detenzione non sia una condizione di fatto adeguata ad escludere il rischio di reiterazione di illeciti del tipo per il quale si procede. Ricorre dunque nella prospettazione difensiva una carenza della motivazione perchŽ elude le osservazioni difensive; una illogicitˆ della motivazione perchŽ implicitamente presume che la misura cautelare della custodia in
carcere possa tutelare lÕesigenza ravvisata più efficacemente della reclusione definitiva giˆ in corso; è intrinsecamente contraddittoria ed auto-confutante in quanto basata sullÕassunto che lo stato detentivo sia trattamento inidoneo a prevenire il rischio di reiterazione di reati oggetto del presente procedimento.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga rigettato.
Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
Il ricorrente nel contestare la sussistenza dei requisiti di attualitˆ e concretezza della esigenza cautelare di cui allÕart. 274, lett. c), cod. proc. pen., ritenuta a fondamento della misura cautelare applicata, nonchŽ il giudizio di adeguatezza della custodia carceraria a prevenirla, si limita a proporre una propria personale lettura alternativa degli elementi concreti e specifici valutati dal Tribunale con motivazione logica ed argomentata, che non si presta a censure in questa sede. Al ricorrente è stata difatti applicata la misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dellÕart. 300, comma 5, cod. proc. pen.
L’ultimo comma dell’art. 300, prevede che l’imputato prosciolto e successivamente condannato per lo stesso fatto possa essere sottoposto a misure coercitive quando ricorrano le esigenze cautelari indicate nell’art. 274, lettere b) e c). Tale disposizione, che condiziona ad una successiva condanna il ripristino della misura coercitiva nei confronti dell’imputato, trova applicazione tutte le volte in cui la precedente pronuncia di proscioglimento a seguito di dibattimento oppure la sentenza di non luogo a procedere (cui il primo comma della medesima norma ricollega l’effetto immediato della estinzione della misura cautelare) siano state riformate a seguito di impugnazione quando sussistono inderogabili esigenze di tutela della collettivitˆ ovvero quando l’imputato si è dato alla fuga o vi è concreto pericolo di fuga e il reato risulta di particolare gravitˆ (Sez. 6, n. 927 del 17/03/1999, COGNOME, Rv. 214054-01; per una ricostruzione di sistema, di recente, Sez. U, n.44060 del 17/07/2024, COGNOME, Rv. 287319-01).
4.1. Il Tribunale ha specificamente motivato sul punto, richiamando, e cos’ condividendo le argomentazioni della Corte di appello, la sussistenza della aggravante di cui allÕart. 416cod. pen., con conseguente applicazione della presunzione di cui allÕart. 275 cod. proc. pen. (Sez. 2, n, 23935 del 04/05/2022, Alcamo, Rv. 28317601; Sez. 2, n. 22096 del 03/07/2020, COGNOME, Rv. 279771-01).
Inoltre, si è evidenziato come non sia stato allegato o sia emerso alcun elemento in senso contrario, con specifico riferimento alla rescissione di legami e interruzione di contatti con ambienti illeciti. Il Tribunale ha, invece, sottolineato come il ricorrente avesse continuato ad agire nel contesto oggetto di accertamento e condanna, nonostante si trovasse ristretto per altro titolo, elemento questo che, correlato alle caratteristiche personali del ricorrente, con particolare riferimento ai precedenti penali allo stesso riferibili, hanno portato alla applicazione della misura oggi contestata (pag. 5 della ordinanza). Con tale motivazione il ricorrente non si confronta; ci˜ con particolare riferimento alla portata e disposto dellÕart. 275 cod. proc. pen. in presenza della aggravante di cui allÕart. 416cod. pen., introducendo argomenti eccentrici in ordine alla portata risolutiva in senso contrario del titolo attualmente in esecuzione definitiva o della evidente inadeguatezza del carcere in sŽ a rendere efficace lÕesigenza di tutela a base della misura applicata, senza considerare come la portata della misura, e delle esigenze alla stessa sottese, prescindono dal diverso titolo in esecuzione, attese le più varie vicende che possono riguardare tale titolo (dal suo venir meno alla sua revisione, a mero titolo esemplificativo, per ragioni di salute).
4.2. Il Tribunale ha, in conclusione, correttamente ritenuto, in assenza di qualsiasi violazione di legge, con motivazione congrua, che non si presta a censure in questa sede, la ricorrenza delle esigenze cautelari specificamente evidenziate, tenuto conto della sentenza di condanna sopravvenuta, espressione di una situazione processuale diversa, con rinnovato apprezzamento relativo ad uno dei reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., elemento idoneo a fondare la presunzione di pericolositˆ che impone la misura della custodia cautelare in carcere (Sez. 1, n. 13407 dellÕ08/01/2021, COGNOME, Rv. 281055Ð01; Sez. 6, n. 30144 del 6/5/2015, Sansone, Rv. 264997-01; Sez. 6, n. 7654 del 22/10/2009, dep. 2010, cit.; Sez. 1, n. 13904 dell’11/12/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 243129-01; Sez. 1, n. 18955 del 7/4/2004, COGNOME, Rv. 228161-01).
Il ricorso deve in conclusione essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende ai sensi dellÕart. 616 cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui allÕart. 94, comma , disp. att. cod. proc. pen.
Cos’ deciso il 21/05/2025.
La Cons. Est. NOME COGNOME Turtur
La Presidente NOME COGNOME