Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19149 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19149 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Giarre il DATA_NASCITA
rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia
avverso la ordinanza in data 20/11/2023 del Tribunale di Palermo; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che è stata avanzata rituale richiesta dalle parti di trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, riportandosi alla memoria scritta in data 08/02/2024, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
rilevato che la difesa ricorrente ha rinunciato a comparire all’odierna udienza, come preannunziato dalla parte con comunicazione in data 08/03/2024.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 20/11/2023, il Tribunale di Palermo, pronunciando in sede di riesame avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Palermo in data 19/10/2023 impositiva della misura cautelare degli arresti domiciliari per i reati di estorsione (capo 3) e di tentata estorsione in concorso (capi 1, 2 e 5) nei confronti di NOME COGNOME, previa esclusione dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274 lett. a) cod. proc. pen., accoglieva parzialmente il ricorso, confermando la misura cautelare in atto.
Avverso la predetta ordinanza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, il cui formale motivo unico viene di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.: mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta esigenza cautelare di cui all’art. 274 lett. c) cod. proc. pen. L’indagato è dal luglio 2022 in quiescenza e non ha più alcun rapporto di lavoro con la Socostramo. Il Tribunale, nel fare riferimento alle modalità della condotta, allo scopo del reato e alle pressioni esercitate, si è limitato a richiamare gli elementi costitutivi del reato contestato, non aggiungendo alcunchè, non concretizzando né attualizzando il pericolo e, soprattutto, non fornendo alcun argomento atto a ritenere la sua pericolosità o a definirne la personalità. Il Tribunale, non potendo rinvenire nei precedenti dell’indagato (del tutto incensurato) elementi utili a sostenere la sussistenza dell’esigenza cautelare, ha semplicemente ri-descritto il fatto dando rilievo a circostanze che assumono già valore come elementi costitutivi dello stesso o modalità esplicative delle condotte contestate, che nulla possono consentire di affermare in relazione alla concreta ed attuale possibilità di reiterazione delle condotte. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per aspecificità e manifesta infondatezza.
Come è noto, in tema di esigenze cautelari, l’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., nel testo introdotto dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, richiede che il pericolo che l’imputato commetta altri delitti deve essere non solo concreto ma anche attuale.
2.1. Invero, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, il pericolo di reiterazione è “concreto” ogni volta che si dimostri l’esistenza di elementi non ipotetici, ma reali, dai quali si possa dedurre la probabilità di recidiva; è “attual
ogni volta in cui sia possibile una prognosi in ordine alla ricaduta nel delitto che, indichi la probabilità di devianze “prossime” all’epoca in cui viene applicata la misura, seppur non specificamente individuate, né tantomeno “imminenti”, ovvero immediate. Il giudizio sulla attualità deve essere dunque fondato sia sull’analisi della personalità dell’accusato (desumibile anche, seppur non solo, dalle modalità del fatto per cui si procede), sia sull’esame delle sue concrete condizioni di vita.
2.1.1. Non si richiede, invece, che il giudizio si estenda alla previsione di una “specifica occasione” per delinquere, la cui previsione esula dalle facoltà del giudice. Né si ritiene che la valutazione circa l’alta probabilità di una “prossima” ricaduta nel delitto debba essere intesa come stringente “immediatezza”, ovvero “imminenza”: il giudizio prognostico non può che fare riferimento alla elevata probabilità che possa verificarsi la recidiva nel periodo di tempo in cui possono essere attive le cautele, cioè un periodo “prossimo”, ma non “imminente”, né “immediato”.
2.1.2. Inoltre, il giudice della cautela deve, in ogni caso, valorizzare l’esistenza di elementi specializzanti, senza limitarsi alla rilevazione della astratta gravità del titolo di reato.
2.2. Nel caso di specie, il Tribunale ha espresso il giudizio sull’esistenza del pericolo di reiterazione in coerenza con tali linee ermeneutiche evidenziando, con giudizio di merito privo di illogicità manifeste, che “le condotte contestate hanno per lo più rappresentato un’occasione per delinquere e tanto non basta ad escludere che, anche dopo l’ottenimento della pensione di anzianità, egli possa perseverare nel porre in essere reati della stessa specie di quelli in addebito”, precisando altresì che “l’indagato ha avanzato le pretese estorsive approfittando dell’occasione rappresentata dalla stipulazione di contratti di subappalto, cercando abilmente di dissimulare le illecite richieste e assumendo tutti gli accorgimenti necessari a eludere eventuali controlli da parte delle forze dell’ordine ed ha, poi, perseverato nell’intento di intimidire le persone offese, già oppostesi, ponendo in essere atti ritorsivi, anch’essi ben occultati, anche strumentalizzando le funzioni in concreto svolte, ovvero facendo in modo di ritardare i pagamenti dovuti e, così, facendo incorrere in ritardi nelle consegne e nell’esecuzione dei lavori anche le aziende coinvolte. Egli ha, inoltre, strategicamente elaborato un vero e proprio sistema per occultare il pagamento delle “tangenti” imponendo alla persona offesa di emettere fatture con prezzi maggiorati e pretendendo, poi, la consegna di una parte delle somme accreditate dalla società per la quale operava, in parte in contanti, in parte tramite bonifico bancario effettuato sul conto corrente della madre, ancora una volta cercando di dissimulare gli illeciti movimenti di denaro”.
Il Tribunale risulta, pertanto, aver ampiamente giustificato la sussistenza dei presupposti per il trattamento cautelare in atto (nella specie, arresti
domiciliari), spiegando analiticamente che la sistematicità, la pervicacia e la disinvoltura dimostrate nella realizzazione della condotta criminosa non potrebbero essere contenute con una misura meno afflittiva, a nulla rilevando che l’indagato non abbia più rapporti di lavoro con la società e risulti in pensione.
2.3. Con queste argomentate valutazioni il ricorrente omette di confrontarsi, preferendo la “strada,” conducente all’inammissibilità, della sostanziale reiterazione del motivo di gravame.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, così quantificata in ragione dei profili di colpa emergenti dal ricorso, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 12/03/2024.