Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 28172 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 28172 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CATANIA il 03/10/1957
avverso la sentenza del 19/09/2024 della Corte d’appello di Catania Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Udito il difensore, Avv. NOME COGNOME del Foro di Roma, che insiste nei motivi del ricorso chiedendo l’accoglimento dello stesso e l’annullamento della sentenza.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catania confermava la condanna di NOME COGNOME per il reato di tentata estorsione aggravata dal ricorso all’uso del metodo mafioso .
La Corte rideterminava in melius il trattamento sanzionatorio, pur confermando la sussistenza della recidiva e negando la concessione delle attenuanti generiche.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 581 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del reato contestato: la condotta contestata al Porto avrebbe dovuto essere inquadrata nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, tenuto conto che lo stesso non aveva mai ricavato un profitto personale, nemmeno in termini di prestigio dall’azione contestata; difetterebbe anche l’elemento psicologico tipico della estorsione; si allegava infine che sebbene la richiesta di adempimento proveniva sicuramente da una persona ‘ di rango ‘ dell’associazione mafiosa, si trattava di un interessamento esclusivamente ad adiuvandum del creditore;
2.2. violazione di legge (art. 62bis cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: queste avrebbero potuto essere riconosciute anche unitamente all’attenuante speciale della collaborazione; si contestava, inoltre, l’omessa motivazione in ordine al riconoscimento della recidiva qualificata e la mancata valorizzazione della condotta post delictum.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è inammissibile
1.1.Il primo motivo di ricorso con il quale si contesta la qualificazione giuridica della condotta invocando l’inquadramento della stessa nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni è manifestamente infondato.
In materia il collegio riafferma cheil reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e quello di estorsione si differenziano tra loro in relazione all’elemento psicologico, da accertarsi secondo le ordinarie regole probatorie (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 02).
Con specifico riferimento alla posizione di terzi concorrenti nella azione minatoria agita per riscuotere un credito il collegio riafferma inoltre che si configura il reato di estorsione, e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, allorché il terzo incaricato dell’esazione di un credito agisca con condotta della quale sia stata accertata la finalità di agevolare anche l’attività di un’associazione di tipo mafioso, stante il perseguimento di un interesse ulteriore (che di per sé ben può avere natura non patrimoniale) rispetto al diritto illecitamente azionato (Sez. 2, n. 5622 del 12/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282594 – 01).
Nel caso in esame tale interesse ‘ proprio ed esclusivo’ del NOME COGNOME veniva correttamente individuato dalla Corte d’appello che rilevava come lo stesso avesse agito per accrescere sia il suo prestigio criminale che quello della associazione della quale faceva parte. A pagina 10 della sentenza impugnata la Corte rilevava, infatti, che il
Porto si era reso disponibile a recuperare il credito del COGNOME in quanto esponente del clan locale. Dunque l’azione l’azione minatoria funzionale alla riscossione del credito era diretta a ribadire il controllo criminale dei rapporti economici da parte dell’associazione mafiosa.
La corretetzza della qualificazione giuridica non risula inficiata dal fatto che la condotta del coimputato NOME sia stata qualificata come esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
Tale diversa qualifica deriva dalla sostanziale differenza tra la condotta del Porto e quella del COGNOME: la Corte territoriale ha infatti chiarito che quest’ultimo aveva agito per riscuotere un ‘ proprio ‘ credito, in quanto egli aveva consegnato al COGNOME mille e duecento al fine di ‘ calmare gli animi ‘ delle persone appartenenti agli ambienti mafiosi in relazione alle pretese del COGNOME. La sua azione non era dunque funzionale a ottenere la riscossione di un suo credito e non di quello del COGNOME.
1.2.Anche il secondo motivo di ricorso, che contesta la definizione del trattamento sanzionatorio con specifico riferimento alla motivazione relativa alla recidiva ed alle attenuanti generiche non supera la soglia di ammissibilità.
Il Collegio ritiene infatti che:
le contestazioni in ordine alla recidiva non siano state prese in considerazione nella Corte d’appello a causa della genericità delle doglianze avanzate con la prima impugnazione; si ritiene che la aspecificità dell’appello non abbia generato alcun onere motivazionale in capo alla Corte territoriale, il che osta al riconoscimento del dedotto vizio di omessa motivazione. E’ consolidato in materia l’orientamento secondo cui l a inammissibilità dell’impugnazione non rilevata dal giudice di secondo grado deve essere dichiarata dalla Cassazione, quali che siano state le determinazioni cui detto giudice sia pervenuto nella precedente fase processuale, atteso che, non essendo le cause di inammissibilità soggette a sanatoria, esse devono essere rilevate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (Sez. 3,n. 35715 del 17/09/2020, COGNOME, Rv. 280694; Sez. 2, n. 40816 del 10/07/2014, COGNOME, Rv. 260359, Sez. 4, n. 16399 del 3/10/1990, COGNOME, Rv. 185996);
nessuna censura possa essere rivolta nei confronti della parte della motivazione che giustifica il trattamento sanzionatorio: il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche è, infatti, giustificato dalla ritenuta complessiva equità della pena inflitta al ricorrente significativamente mitigata dal riconoscimento attenuante speciale della collaborazione. La mancata ulteriore decurtazione della sanzione correlata all’invocato riconoscimento delle attenuanti atipiche deve, dunque, r itenersi implicitamente giustificata dalla complessiva valutazione in ordine alla legittimità della sanzione inflitta.
il riconoscimento della recidiva si configura legittimo tenuto conto del fatto che le contestazioni rivolte alla sentenza del Tribunale con l ‘ appello si presentano aspecifiche
e, dunque, essendo inammissibili, non hanno generato alcun onere motivazionale in capo alla Corte di appello che si è limitata a confermare le valutazioni del primo giudice.
In materia il Collegio riafferma che l ‘ inammissibilità dell’impugnazione non rilevata dal giudice di secondo grado deve essere dichiarata dalla Cassazione, quali che siano state le determinazioni cui detto giudice sia pervenuto nella precedente fase processuale, atteso che, non essendo le cause di inammissibilità soggette a sanatoria, esse devono essere rilevate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (Sez. 3, n. 35715 del 17/09/2020, COGNOME, Rv. 280694; Sez. 2, n. 40816 del 10/07/2014, COGNOME Rv. 260359, Sez. 4, n. 16399 del 3/19/1990, COGNOME, Rv. 185996).
2 .Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’ art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 14 maggio 2025.