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Esercizio arbitrario ragioni: quando assorbe il danno

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30552/2024, ha chiarito che il reato di danneggiamento viene assorbito in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, se la violenza sulle cose non è sproporzionata. Il caso riguarda un uomo che, per un presunto credito, ha danneggiato il pavimento di una pizzeria. La Corte ha annullato la condanna per danneggiamento, ritenendolo elemento costitutivo del reato principale e rinviando per la rideterminazione della pena.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esercizio Arbitrario delle Proprie Ragioni: Quando il Danneggiamento non è un Reato a Sé

Quando farsi giustizia da soli diventa un reato? E se nel farlo si danneggia un bene altrui, si risponde di due crimini distinti? A queste domande risponde la Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 30552 del 2024, delineando i confini del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e il suo rapporto con il delitto di danneggiamento. La pronuncia stabilisce un principio fondamentale: se la violenza sulle cose è uno strumento per farsi giustizia da sé e non risulta sproporzionata, il danneggiamento viene ‘assorbito’ e non è punito autonomamente.

I Fatti del Caso: un Credito Conteso e un Pavimento Danneggiato

La vicenda ha origine da un vecchio contenzioso lavorativo. Un uomo, anni dopo aver eseguito lavori di pavimentazione in una pizzeria, si reca presso l’esercizio commerciale in stato di ebbrezza, pretendendo dal titolare una somma di denaro che riteneva ancora dovutagli. Di fronte al rifiuto del proprietario, l’uomo estrae una mazza da lavoro e, dopo aver minacciato di rompere tutto, colpisce il pavimento antistante il locale, danneggiandolo.

Nei primi due gradi di giudizio, l’imputato viene condannato per due reati distinti, uniti dal vincolo della continuazione:
1. Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose (art. 392 c.p.).
2. Danneggiamento pluriaggravato (art. 635 c.p.), sia per essere stato commesso al fine di eseguire l’altro reato, sia perché il bene era esposto alla pubblica fede.

L’uomo decide quindi di ricorrere in Cassazione, contestando, tra le altre cose, la sussistenza del reato di danneggiamento e delle sue aggravanti.

Esercizio Arbitrario delle Proprie Ragioni: l’Analisi della Cassazione

Il ricorrente lamentava, principalmente, che il danneggiamento non dovesse essere considerato un reato autonomo. La Corte di Cassazione accoglie questo motivo, offrendo un’importante lezione sulla struttura del reato di cui all’art. 392 c.p. e sulla figura del reato complesso.

Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni si configura quando un soggetto, per far valere un proprio preteso diritto, invece di ricorrere al giudice, si fa ‘ragione da sé’ utilizzando violenza. La stessa norma specifica che per ‘violenza sulle cose’ si intende il danneggiare, trasformare o mutare la destinazione di un bene. In altre parole, il danneggiamento non è un evento collaterale, ma un elemento costitutivo, una delle possibili modalità di esecuzione del reato principale.

Le Motivazioni della Corte

La Corte Suprema ha stabilito che, in questo caso, si applica il principio di assorbimento, tipico del reato complesso (art. 84 c.p.). Poiché il danneggiamento (la ‘scalfittura’ del pavimento) è stato l’atto di violenza attraverso cui l’imputato ha cercato di far valere il suo preteso diritto di credito, tale condotta è interamente ricompresa nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

È fondamentale, però, il criterio della proporzionalità. La Corte chiarisce che l’assorbimento opera solo se la violenza sulle cose è ‘strumentale’ e non ‘eccedente’ rispetto al fine di farsi giustizia. Se il danno fosse stato sproporzionato, ad esempio se l’imputato avesse distrutto l’intero locale, allora i due reati avrebbero concorso, portando a una doppia condanna. Nel caso di specie, la lieve scalfittura del pavimento è stata ritenuta una violenza non eccedente e, quindi, assorbita.

Di conseguenza, la Corte ha annullato la sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio. I giudici hanno eliminato la condanna per danneggiamento, ritenendolo assorbito, e hanno rinviato il caso alla Corte d’Appello di Perugia per ricalcolare la pena, basandola unicamente sul meno grave reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma un importante principio di diritto penale: non sempre a una pluralità di azioni corrisponde una pluralità di reati. Quando una condotta, di per sé criminosa (il danneggiamento), rappresenta la modalità di esecuzione di un altro reato più specifico (l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni), si applica il principio di assorbimento. La decisione ha una conseguenza pratica rilevante: l’imputato risponderà solo del reato di ‘ragion fattasi’, con una pena che dovrà essere ricalcolata e che sarà, prevedibilmente, inferiore a quella originariamente inflitta per il concorso dei due reati. La chiave di volta rimane la proporzionalità tra la violenza esercitata e il diritto che si intende arbitrariamente far valere.

Quando il reato di danneggiamento viene assorbito in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni?
Il danneggiamento è assorbito quando la violenza sulla cosa è l’atto attraverso cui si esercita arbitrariamente il proprio preteso diritto, a condizione che tale violenza sia strumentale e non sproporzionata rispetto al fine perseguito.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna per danneggiamento?
Perché ha ritenuto che la scalfittura del pavimento non fosse un reato autonomo, ma un elemento costitutivo del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 392 c.p.), in quanto rappresentava la ‘violenza sulle cose’ richiesta dalla norma e non era sproporzionata rispetto al fine.

È possibile applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto a un soggetto con precedenti specifici?
No. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di non applicare l’art. 131-bis c.p. perché l’imputato aveva due precedenti specifici per delitti contro il patrimonio. Questa ‘serialità’ di illeciti della stessa indole configura un comportamento abituale che osta all’applicazione dell’istituto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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