Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33164 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33164 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOMECOGNOME nato a Catania il 23/03/1971 avverso l’ordinanza del 05/05/2025 del Tribunale di Catania; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME con requisitoria scritta, sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME concludeva per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il Tribunale per il riesame delle misure cautelari personali di Catania rigettava l’istanza di riesame proposta nei confronti dell’ordinanza che aveva applicato a NOME COGNOME la misura cautelare in carcere (nel frattempo sostituita da quella degli arresti domiciliari) sulla base del riconoscimento dei gravi indici di colpevolezza dei reati di rapina, lesioni e sequestro di persona. Il Tribunale riteneva sussistenti sia il pericolo di inquinamento probatorio che
quello di reiterazione di reati della stessa specie di quello per cui si procede.
Avverso contro tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 273, 581 cod. proc. pen., 393 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica della condotta: l’aggressione sarebbe stata funzionale a recuperare un bene precedentemente trafugato, sicché la corretta qualificazione giuridica della condotta avrebbe dovuto essere quella dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni .
2.1.1.La doglianza è manifestamente infondata.
Il Collegio riafferma che il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni è rilevabile solo ove sussista (a) un diritto azionabile in giudizio, (b) un’azione violenza diretta nei confronti della persona che deve esaudire le pretese azionabili in giudizio e non di altri, (c) il relativo elemento soggettivo (ritenuto dalle Sezioni unite decisivo per valutare la sussistenza del l’estorsione invece che dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni: S ez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 -02).
Nel caso in esame il COGNOME non era titolare di alcun diritto tutelabile in giudizio in quanto si era impossessato con violenza della somma di ottocento euro che, secondo la versione difensiva, non appartenevano a lui -che dunque non aveva alcun titolo per pretenderle -, ma a tale NOME COGNOME e che non era stato provato che la somma provento della rapina fosse a sua volta il frutto dell’azione predatoria precedentemente patita da NOME COGNOME (pag. 2 dell’ordinanza impugnata) . Era emerso, altresì, che il COGNOME si era impossessato anche del cellulare della vittima, sul quale, di nuovo, non poteva vantare alcun diritto tutelabile in giudizio.
A ciò si aggiungeva che il Tribunale aveva fatto buon governo delle indicazioni delle Sezioni Unite rilevando che le modalità della condotta indicavano un atteggiamento soggettivo incompatibile con il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (pag. 3 dell’ordinanza impugnata) .
2.2. Violazione di legge (artt. 274 e 275 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine al riconoscimento della sussistenza del pericolo di reiterazione che sarebbe stato riconosciuto nonostante l’incensuratezza; inoltre non sarebbe stata adeguatamente valutata la capacità contenitiva di misure meno afflittive.
2.2. La doglianza non supera la soglia di ammissibilità (a) sia perché invoca una rivalutazione della capacità dimostrativa degli elementi di prova posti a sostegno del riconoscimento del pericolo di recidiva che non è consentita alla
Cassazione, (b) sia perché non contesta il pericolo di inquinamento probatorio, espressamente riconosciuto dal Tribunale.
Il collegio condivide, su tale ultimo punto, la giurisprudenza secondo cui in tema di misure cautelari personali, quando il giudice ha fondato la misura su più di una delle esigenze previste dall’art. 274 cod. proc. pen., i motivi di gravame che investono una sola di esse nell’accertata sussistenza di un’altra sono inammissibili per mancanza di interesse, in quanto l’eventuale apprezzamento favorevole della doglianza non condurrebbe comunque ad un effetto liberatorio (Sez . 6, n. 7200 del l’ 08/02/2013, Rv. 254506).
Infine il Collegio rileva che le contestazioni in ordine all ‘i doneità della misura applicata non sono più sostenute dal necessario interesse, tenuto conto che il ricorrente invocava l’applicazione della cautelare domiciliare, che nel frattempo gli è stata concessa.
All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 22 luglio 2025.
Il Consigliere estensore La Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME