Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11110 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11110 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME NOME nato in ALBANIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato in ALBANIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato in MAROCCO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/01/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le richieste del AVV_NOTAIO COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per la parte civile NOME COGNOME, che si è riportata alle conclusioni e alla nota spese già in atti;
sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente NOME COGNOME, e, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per i ricorrenti COGNOME e COGNOME, che ha chiesto la riqualificazione dei fatti di cui all’imputazione, ritenendo assorbito il delitto di cui al capo 2 nel delitto di c al capo 1, e si è riportato ai ricorsi, chiedendo l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Firenze ha integralmente confermato la pronuncia di condanna emessa in data 18 ottobre 2021 dal G.u.p. del Tribunale di Lucca nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME, per i reati di cui agli artt. 110-628 e 56-110-629 cod. pen. (tutti) e 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (NOME COGNOME).
Hanno proposto ricorso per cassazione tutti i suddetti imputati, a mezzo dei loro difensori, formulando i motivi di censura di seguito sinteticamente esposti.
2.1. Con il primo motivo del ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME e NOME, si eccepisce, per entrambi i ricorrenti, la mancata qualificazione ai sensi dell’art. 393 cod. pen. dei fatti contestati a titolo di rapina e tentat estorsione.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa censura la violazione degli artt. 132 e 133 cod. pen. e il vizio di motivazione, in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche in favore di NOME COGNOME.
2.3. Il terzo motivo è diretto alla critica, sempre sotto il profilo della violazion degli artt. 132 e 133 cod. pen. e del vizio di motivazione, della dosimetria della pena inflitta a COGNOME.
2.4. Con il quarto motivo, la difesa si duole, per quanto attiene a NOME COGNOME della valutazione delle prove poste a fondamento dell’affermazione di responsabilità per la violazione del testo unico sugli stupefacenti.
2.5. Con il primo motivo del ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME, si censura la ribadita affermazione di responsabilità per i delitti di cui agli artt. 110-628 e 56-110-629 cod. pen., contestando i criteri di valutazione della prova.
2.6. Con il secondo motivo, si eccepisce la mancata qualificazione ai sensi dell’art. 393 cod. pen. dei fatti contestati a titolo di rapina e tentata estorsione.
2.7. Con il terzo motivo, si rileva la violazione di legge e il vizio di motivazione per quanto attiene alla determinazione e al calcolo della pena.
2.8. La parte civile COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con allegata nota spese, e memoria di replica.
All’odierna udienza pubblica, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Per quanto attiene ai delitti di rapina e tentata estorsione in concorso di cui ai capi 1 e 2, la sentenza impugnata illustra congruamente la dinamica fattuale
dei due reati, condividendo la ricostruzione operata in primo grado e confermando l’ipotesi accusatoria: premesso che tra NOME COGNOME e NOME COGNOME sussisteva un rapporto di credito-debito per cessione di stupefacenti, i tre odierni imputati hanno aggredito un amico di NOME, NOME COGNOME, sottraendogli prima l’autovettura nella sua disponibilità con violenza e minaccia, così commettendo una sottrazione rilevante ex art. 628 cod. pen., e rappresentandogli poi che avrebbe riavuto il veicolo solo se avesse procurato loro un incontro con COGNOME, in tal modo, con ulteriore condotta, perpetrando un tentativo di estorsione (pp. 310 e 13-20).
1.1. Con ogni evidenza, non esisteva dunque alcuna posizione giuridica tutelabile in giudizio, ai sensi dell’art. 393 cod. pen., nei confronti della persona offesa COGNOME, terzo rispetto al preteso inadempimento di COGNOME.
Peraltro, i giudici di appello sottolineano – senza che i ricorrenti si confrontino adeguatamente con queste argomentazioni – come il marginale coinvolgimento di COGNOME nella «inverosimile vicenda della asserita compravendita di un orologio Rolex» non emerga affatto ex actis e debba ritenersi un mero tentativo delle difese di screditare la persona offesa (della cui narrazione si apprezza invece la linearità, la spontaneità e la massima apertura al riscontra).
1.2. La responsabilità di NOME COGNOME è stata desunta – con un percorso giustificativo congruo, dettagliato e privo di vizi logico-giuridici – dall’analisi traffico telefonico, dall’attività di intercettazione, dalle dichiarazioni rese da COGNOME nell’incidente probatorio, dalla ritenuta disponibilità dell’auto utilizzata per seguir COGNOME e dalla individuazione fotografica del ricorrente da parte della persona offesa, nonché, a fini di adeguata contestualizzazione, dalla comune attività di spaccio posta in essere dai due fratelli COGNOME. Sono state in tal modo disattese, esplicitamente o implicitamente, tutte le censure sul punto contenute nell’atto di gravame (cfr. in particolare pp. 6-7, 9 e 18-19).
Le obiezioni mosse dalla difesa postulano una diversa ricostruzione dei fatti e un’alternativa lettura del compendio indiziario, non consentite nel giudizio di legittimità.
1.3. Sono dunque reiterative, non consentite e comunque manifestamente infondate le censure riassunte nei precedenti paragrafi 2.1, 2.5 e 2.6.
In ordine al delitto di spaccio ascritto a NOME COGNOME, i giudici di merito richiamano le sommarie informazioni del cessionario COGNOME, che ha riferito di avere più volte acquistato cocaina dall’imputato indicando nel dettaglio prezzi, periodi e modalità di incontro; tale narrazione è stata ampiamente riscontrata dalle conversazioni intercettate, dai servizi di OPC e dal tracciamento Gps dell’auto (pp. 8-9 e 17).
Le censure sul punto, limitate alla contestazione della mancata conferma della cessione in data 29 febbraio 2020 (pure oggetto di annotazione di polizia giudiziaria che ha registrato incontro e colloquio dai finestrini aperti delle due auto affiancate) e il giorno successivo, a fronte delle tranquillizzanti emergenze procedimentali sopra accennate, si palesano come generiche, fattuali e manifestamente infondate.
La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche a NOME COGNOME è stata congruamente motivata dai giudici di appello sulla base dell’assenza di resipiscenza, di consapevolezza del disvalore penale della condotta e dell’assenza di impegno in termini risarcitori o conciliativi (p. 17, in precedenza si erano stigmatizzati i plurimi mendaci dell’imputato). La statuizione è dunque giustificata in maniera esente da manifesta illogicità, circostanza che la rende insindacabile in questa sede (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419). Non è infatti necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244).
Il giudice di primo grado, nel computo della pena per COGNOME e NOME COGNOME, muove dal più grave reato di rapina, previo riconoscimento delle circostanze di cui all’art. 62-bis cod. pen. in regime di prevalenza, individuando la pena base in quattro anni di reclusione, oltre alla multa, e non in sei anni come affermato nel ricorso. È una mera petizione di principio che ciò dipenda dall’erronea considerazione della forbice edittale prevista dall’ipotesi aggravata, dal momento che il calcolo è ben compatibile con i limiti previsti dall’art. 628, primo comma, cod. pen., sia che si parta da una pena detentiva di sei anni, comunque prossima al minimo, sia che non sia stata concessa la diminuzione per le generiche nella sua massima estensione.
4.1. Ciò premesso, la mancata deduzione delle censure in appello da parte di NOME COGNOME, rende il relativo motivo di ricorso inammissibile ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
4.2. Correttamente la Corte di appello rappresenta che la pena (interpretata come il risultato della sottrazione di un terzo a una pena base di sei anni) non solo è perfettamente rispondente ai parametri legali, ma, tenuto conto della gravità dei fatti e della personalità di COGNOME, anche straordinariamente mite. Le censure dell’imputato evitano qualsiasi riflessione sul punto e sono comunque manifestamente infondate.
Tutti i ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
Consegue altresì la condanna degli imputati alla rifusione delle spese di assistenza e rappresentanza sostenute dalla parte civile costituita COGNOME nel presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, in relazione all’attività svolta.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME, che liquida in complessivi euro 3686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 17 gennaio 2024
Il Consigliere stensore
La Presidente