Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4619 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 4619  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/10/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1)COGNOME NOME, nato a Taurianova il DATA_NASCITA
2)NOME NOME, nato a Caulonia il DATA_NASCITA
NOME, nato a Locri il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria del 11/04/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; uditi i difensori, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, i quali hanno insistito per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
 GLYPH Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria, previa riqualificazione della condotta del reato di estorsione consumata nella fattispecie tentata, ed esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria il 6 marzo 2023 nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Agli indagati è contestato di avere posto in essere, in concorso tra loro e con il coindagato NOME COGNOME, minacce idonee a costringere NOME COGNOME e NOME COGNOME, quest’ultimo autore del furto di un escavatore ai danni di “RAGIONE_SOCIALE“, a restituire detto bene o a corrisponderne il controvalore in danaro.
Hanno proposto ricorso gli indagati, con atti dei rispettivi difensori, in cu hanno dedotto i motivi di seguito sintetizzati.
2.1. NOME COGNOME, tramite il proprio difensore ;   ha articolato due motivi.
2.1.1. Con il primo, denuncia la inosservanza e l’erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen., 110, 56, 629 cod. pen., oltre a viz della motivazione.
Sul piano della gravità indiziaria, COGNOME non ha offerto alcun contributo causalmente efficiente alla condotta criminosa, essendosi limitato ad aiutare il derubato NOME COGNOME ad individuare i responsabili del furto dell’escavatore, senza tuttavia riuscirvi. Egli si è inizialmente attivato per le ricerche, n comprensorio rosarnese, e ha, in seguito, suggerito a COGNOME le strategie operative per il rintraccio dei responsabili, suggerendo la metodologia violenta e minatoria con cui agire nei loro riguardi, così da intimidirli e costringerli a restituzione. Assertivamente si è ritenuto che un tale apporto, di natura morale, si sia concretizzato nel rafforzamento del proposito criminoso di NOME COGNOME, ideatore ed esecutore del piano estorsivo.
2.1.2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen.
Il Tribunale ha ravvisato il pericolo di condotte reiterative ricorrendo a formule di stile, in violazione del principio del minor sacrificio necessario che dov regolare la materia della cautela personale, senza tuttavia motivare sulle ra per cui le ravvisate esigenze non possano essere assicurate da una misura autocustodiale.
Si è inteso evitare che l’indagato riprenda i collegamenti con I contesto criminale di riferimento, ma non si è tenuto conto della riqualificazione della condotta nella fattispecie tentata, della entità della restrizione già sofferta e del correlato effe deterrente, della distanza temporale dai fatti, del corretto contegno successivamente tenuto.
2.2. NOME COGNOME e NOME COGNOME, con ricorso congiunto del difensore, hanno dedotto quattro motivi.
2.2.1. Con il primo motivo, lamentano violazione di legge, in riferimento agli artt. 125, 273, 546 cod. proc. pen., 629 cod. pen., e difetto di gravit indiziaria in ordine al reato contestato, sotto il profilo dell’elemento oggettivo soggettivo.
La gravità indiziaria si attingerebbe essenzialmente dai contenuti delle captazioni, in particolare dal dialogo dell’Il marzo 2021, in cui gli interlocuto descrivono l’incontro avvenuto in procedenza tra NOME e NOME COGNOME, padre dell’autore del furto dell’escavatore, NOME, e la reazione fortemente impaurita di questi; il colloquio, tuttavia, non è suffragato da elementi d riscontro che compensino la debolezza della provvista indiziaria, giacché nulla è detto delle cause di tale stato di forte apprensione, né si esclude che il resoconto di quell’incontro/possa essere stato da NOME enfatizzato per mera vanteria.
Manca la prova della esorbitanza della pretesa accampata. da NOME rispetto al danno patito con il furto.
Il ruolo di NOME COGNOME nella vicenda è stato del tutto defilato, per avere egli solo tenuto contatti con un intermediario delle vittime (con le quali non si è direttamente mai incontrato), senza apportare alcun ulteriore contributo causalmente efficiente all’azione delittuosa. A lui non sono riferibili minacce, né condotte di costrizione.
2.2.2. Con il secondo motivo, si denunciano violazione di legge in riferimento agli artt. 125, 273, 546 cod. proc. pen., 393 cod. pen., per avere la ordinanza impugnata disatteso la richiesta di riqualificazione del reato di estorsione in quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, e vizi del motivazione.
NOME COGNOME, pur non essendo proprietario del mezzo di cant ere, era gestore di fatto della società di cui era stato, ai tempi, socio fondatore, come riconosciuto nella stessa ordinanza impugnata e come emerge dalla visura allegata al ricorso. Del tutto congetturale è l’assunto per cui egli avrebbe agito per conseguire un escavatore nuovo, o il suo controvalore, anziché per recuperare il mezzo rubato, che aveva rappresentato l’unica sua richiesta indirizzata a NOME COGNOME. Anche a volerlo considerare terzo, egli avrebbe agito nell’esclusivo interesse della persona offesa.
2.2.3. Con il terzo motivo si deducono violazione di legge in riferimento agli artt. 125, 273, 546 cod. proc. pen., 628, comma 3, cod. pen., quanto alla contestata aggravante, e vizi della motivazione.
2.2.4. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge in riferimento agli artt. 125, 273, 546 274 e 275 cod. proc. pen.
Si fa riferimento, a supporto delle ravvisate esigenze di cautela, a “modalità efferate, certa professionalità e rapporto diretto” con esponenti del clan da parte degli indagati e ai precedenti penali da cui gli indagati sono gravati, nonostante sia stato ritenuto il tentativo e sia stata esclusa la aggravante di cui all’art. 4 bis.1 cod. pen. – con il conseguente venir meno della presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc pen.
Di contro avrebbero dovuto considerarsi: l’intervenuto proscioglimento per errore di persona, dopo una pregressa condanna, quanto a NOME COGNOME, e la risalenza di oltre dodici anni della condanna irrogata a NOME COGNOME, scontata con l’affidamento in prova, nonché l’assenza di modalità efferate.
La distanza temporale dai fatti (risalenti al mese di marzo 2021), senza che si siano registrate condotte criminose, depone per la inattualità delle esigenze cautelari.
L’ordinanza non ha, inoltre, motivato sulla inidoneità contenitiva della misura degli arresti con il dispositivo di controllo del braccialetto elettronico.
Il Procuratore Generale ha concluso nei termini riportati in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi meritano accoglimento, essendo fondato il motivo inerente alla erronea qualificazione giuridica del fatto.
 Va premesso che è infondata l’eccezione difensiva secondo cui la natura intimidatoria della richiesta di restituzione del mezzo di cantiere sarebbe stata congetturalmente ritenuta dal Tribunale sulla base del solo resoconto dell’incontro con NOME COGNOME, che NOME COGNOME fece allo zio NOME COGNOME ed a NOME COGNOME.
Nel colloquio con costoro, avvenuto in data 11 marzo 2021 – oggetto di captazione le modalità della richiesta che egli aveva avanzato non vengono esplicitate, essendosi COGNOME limitato a riferire a COGNOME circa la reazione avuta da NOME COGNOME, il quale era sbiancato, aveva manifestato paura, e si era impegnato immediatamente a ricercare il figlio, resosi da subito irreperibile.
Tuttavia, le minacce nei confronti dello NOME sono state non illogicamente
dedotte dal Tribunale sulla base del contenuto dei successivi colloqui intercorsi tra NOME e NOME COGNOME, che avevano commentato come, a seguito della richiesta, NOME COGNOME – che NOME aveva minacciato di buttare in un dirupo avesse chiesto una proroga del termine assegnatogli per la consegna, rendendosi di seguito e a sua volta irreperibile.
Nel caso di specie, il Tribunale del riesame ha ritenuto configurabile il delitto di estorsione e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, i forma tentata, sulla base di due argomenti, che attengono alle connotazioni della pretesa accampata da NOME COGNOME, il quale:
-non era titolare di un diritto astrattamente tutelabile in un eventuale giudizio, in quanto non proprietario del mezzo meccanico sottratto alla impresa “RAGIONE_SOCIALE“, della quale era solo dipendente;
-ha preteso più di quanto avrebbe potuto conseguire agendo in giudizio, essendo la sua richiesta finalizzata ad ottenere la restituzione del medesimo mezzo meccanico rubato o, in alternativa, la corresponsione di un escavatore nuovo ovvero del suo prezzo di acquisto.
Ciò posto, deve di contro rilevarsi che, al di là della titolarità dell qualifica formale rivestita nell’azienda cui l’escavatore era intestato, gli stess Giudici di merito hanno ritenuto che NOME COGNOME è stato non solo socio fondatore, come documentato dalla visura catastale prodotta dalla difesa, ma amministratore di fatto di “RAGIONE_SOCIALE“, nella quale ha costantemente operato, pur dopo avere dismesso la carica di legale rappresentante, ed ha assunto solo formalmente la qualifica di dipendente, continuando però ad esercitare i medesimi poteri gestori. La gestione di fatto dell’azienda e la materiale disponibilità dell’escavatore rubato fondano l’esistenza di un interesse diretto al recupero, ma anche, al tempo stesso, il ragionevole convincimento, nell’agente, di agire a tutela di un diritto tutelato, ovvero di soddisfare un pretesa che avrebbe . potuto formare oggetto di un’azione giudiziaria, quantomeno al fine di ottenere la restituzione.
 Quanto alla seconda questione, relativa all’oggetto della richiesta di acquisto di un escavatore nuovo o del relativo controvalore, ragguagliato all’attualità, i Giudici del riesame non hanno considerato che la richiesta formulata da NOME è stata unicamente finalizzata alla restituzione del bene sottratto.
Tanto è dato evincere dalla stessa ricostruzione dell’ordinanza impugnata, in particolare dal colloquio dell’Il marzo 2021, in cui, allo zio NOME COGNOME, che gli aveva domandato se avesse chiesto l’acquisto di un mezzo nuovo e gli avesse dato indicazioni sul luogo ove andare ad acquistarlo, egli aveva risposto, rappresentando di avere una conoscenza pregressa con NOME COGNOME , “a me mi interessa che vado a trovare l’escavatore”.
Questo risulta essere, nella ricostruzione dei Giudici di merito, l’unico incontro avvenuto tra NOME e NOME COGNOME, e  non anche con l’autore del furto, resosi irreperibile e mai rintracciato.
Risulta allora che là dove l’ordinanza impugnata attribuisce a NOME la richiesta di un quid pluris, costituente un ingiusto arricchimento, si sovrappongono indebitamente le istruzioni impartite dal COGNOME al nipote nella
fase ideativa della condotta (di richiedere il controvalore di un mezzo nuovo se quello rubato fosse non più recuperabile) con l’effettivo tenore delle richieste rivolte dallo stesso COGNOME a COGNOME, che sostanziano la condotta minatoria.
7.Inquadrata la condotta ascritta a NOME ai sensi dell’art. 393 cod. pen., resta da valutare la posizione dei correi.
La richiamata decisione delle Sezioni Unite Filardo ha precisato che il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni ha natura di reato proprio non esclusivo, per cui è configurabile il concorso del terzo nel reato di esercizio arbitrario dell proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone, purché questi si limiti ad offrire un contributo alla pretesa del creditore, senza perseguire alcuna diversa ed ulteriore finalità.
Qualora il terzo fosse spinto anche da un fine di profitto proprio, ravvisabile ad esempio nella promessa o nel conseguimento di un compenso per sé, anche se di natura non patrimoniale – seppure inizialmente inserito in un rapporto inquadrabile, ai sensi dell’art. 110 cod. pen., nella previsione dell’art. 393 stesso codice – e dunque iniziasse ad agire in piena autonomia per il perseguimento dei propri interessi, tale condotta integrerebbe gli estremi del concorso nel reato di estorsione ai sensi degli artt. 110 e 629 cod. pen.
8. Facendo applicazione di tali principi, va rilevato che NOME COGNOME ha avuto nella vicenda un ruolo del tutto marginale, per avere egli solo tenuto contatti con un intermediario inviato dalle vittime (con le quali non si è mai incontrato) al fine di ottenere una dilazione, sì da potersi dubitare che abbia espresso un contributo causalmente efficiente alla condotta del figlio.
Riguardo a NOME COGNOME, dalla ricostruzione del compendio indiziano operata dai Giudici di merito risulta che egli abbia offerto, nella giornata del 10 marzo 2021, il proprio apporto per individuare l’autore del furto, ritenendo che lo stesso non potesse essere stato perpetrato senza il beneplacito della cosca di RAGIONE_SOCIALE. Tuttavia, escluso dallo stesso, dopo che aveva attivato i suoi canali informativi, il coinvolgimento, ancorché indiretto, dei rosarnesi, non consta che alla individuazione di NOME COGNOME – soggetto avulso da quel contesto criminale – egli abbia cooperato in alcun modo, essendo a tale individuazione pervenuto NOME COGNOME di sua iniziativa.
La disponibilità, manifestata da COGNOME, a porre in essere azioni di carattere intimidatorio o violento per il recupero della refurtiva si colloca in una fas assolutamente preliminare, ma non sembra essere stata in seguito coltivata, non avendo egli partecipato all’incontro con COGNOME.
In ogni caso, dei coindagati di COGNOME, cui non sono riferibili né minacce, né azioni costrittive, non è dato affermare che abbiano agito per proprio interesse, sicché agli stessi può al più attribuirsi un contributo concorsuale al delitto di cu all’art. 393 cod. proc. pen., secondo il paradigma delineato dall’art. 110 cod. pen.
Dalla riqualificazione del reato ipotizzato dall’accusa in esercizio arbitrario delle proprie ragioni, fattispecie in relazione alla quale non è consentita l’applicazione di misura cautelare, discende l’annullamento senza rinvio dell’ ordinanza genetica e di quella impugnata.
La Cancelleria curerà l’espletamento degli incombenti in dispositivo precisati.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e per l’effetto annulla l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria del 6 marzo 2023. Dichiara la cessazione della misura cautelare e manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter e per l’immediata comunicazione al Procuratore Generale in Sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso il 06/10/2023