Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6344 Anno 2024
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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6344 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Venosa il DATA_NASCITA
rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia
avverso la sentenza in data 25/01/2023 della Corte di appello di Potenza;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5 -duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 25/01/2023, la Corte di appello di Potenza, in riforma della pronuncia di primo grado resa dal Tribunale di Potenza in data 10/07/2020, dichiarava non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine al reato di lesioni personali aggravate (capo 2) perché estinto per prescrizione e rideterminava la pena in relazione al reato di tentata estorsione aggravata (capo 1) nella misura di anni due, mesi sei di reclusione ed euro 2.000 di multa, con conferma nel resto.
Avverso la predetta sentenza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, il cui unico motivo viene di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.: violazione di legge per mancata riqualificazione giuridica del fatto nell’ipotesi di cui all’art. 393 cod. pen. L’iniziativa adottata dal ricorrente nei confronti del persona offesa, costituita parte civile, NOME COGNOME, era conseguenza del fatto che il primo era titolare di un diritto nei confronti del secondo derivante dalla compravendita di un furgone, in relazione al quale era stata richiesta la restituzione della somma di euro 1.000 in conseguenza del suo riscontrato cattivo funzionamento. La stessa ricostruzione offerta anche dai coimputati conferma che l’incontro con il COGNOME era stato organizzato dal COGNOME al solo fine di ottenere i pagamento della somma sopra indicata per il lamentato vizio del bene e che il ricorrente non era certamente consapevole né si era prefigurato l’esito dell’incontro, sussistendo pertanto tutte le condizioni per riconoscere l’attenuante di cui all’art. 116 cod. pen. anche al fine di adeguare la pena alla effettiva gravità del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Già il primo giudice aveva evidenziato come “… la persona offesa vendeva al COGNOME un furgone Daily e l’imputato, asserendo un cattivo funzionamento dello stesso, pretendeva dallo stesso la restituzione di 500/1000 euro, attraverso continue pressioni rappresentate da numerose telefonate nelle quali gli diceva “mentre tu dormi questi non dormono”, con ciò riferendosi a presunte conoscenze nell’ambiente malavitoso. Poco prima dell’episodio contestato, il COGNOME lo contattava nuovamente al fine di ottenere la predetta somma di denaro, e, al suo rifiuto, replicava dicendogli che si sarebbero rivisti …
Quanto alla riqualificazione nella fattispecie di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, deporrebbe in tal senso la sola deposizione del teste della difesa COGNOME, cognato di COGNOME, il quale riferiva che l’imputato aveva avuto dei problemi con COGNOME (ndr., persona offesa) in relazione ad un mezzo acquistato. Ebbene, alcuna prova è emersa in ordine al mancato funzionamento del furgone acquistato, e dunque, sulla pretesa giuridica fatta valere dal COGNOME, atteso che la stessa persona offesa nella sua deposizione faceva riferimento ad un asserito malfunzionamento del mezzo, dichiarato dal COGNOME, che, tuttavia, pretendeva la sola restituzione della somma versata, senza restituire, a sua volta, il furgone acquistato …”.
Come è noto, si afferma in giurisprudenza che, in tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ai fini della configurabilità del reato, è necessari che sussista la possibilità in astratto per l’agente di adire il giudice per ottenere quello che si è illegittimamente preteso in concreto mediante l’uso della violenza (cfr., ex multis, Sez. 5, n. 13997 del 22/02/2021, Borghesi, Rv. 280815).
Nella fattispecie, la configurabilità del reato di tentata estorsione pluriaggravata risulta adeguatamente comprovata dai seguenti elementi in fatto: -il preteso diritto di risarcimento esercitato in modo violento non ha trovato nessun reale riscontro nelle risultanze processuali (in particolare, il teste COGNOME ha affermato che il mezzo, che avrebbe avuto dei problemi, era stato venduto dalla persona offesa all’imputato, due/tre anni prima rispetto alla testimonianza, resa in data 02/03/2018, ossia in epoca comunque successiva ai fatti in contestazione, posti in essere il 16/06/2014);
-non vi è prova che il mezzo difettoso fosse stato riconsegnato dal COGNOME al suo venditore ovvero fosse stato offerto in restituzione al suo venditore, né vi è prova che l’ipotizzato difetto avesse diminuito il valore del bene nella misura oggetto di rivendicazione;
-due dei tre aggressori (i coimputati NOME COGNOME e NOME COGNOME) sono risultati del tutto estranei alla pretesa vicenda creditoria del COGNOME;
-il dolo dell’estorsione risulta adeguatamente dimostrato dalle modalità stesse della condotta e dal consequenziale effetto “costrittivo” realizzato sulla vittima (quest’ultima è stata dapprima colpita con un pugno sul voto e poi si è vista versare addosso della benzina che ha innescato una fiamma; il tutto accompagnato da minaccia verbale);
-non vi sono elementi per ritenere l’applicabilità dell’art. 116 cod. pen. (disposizione invocata per la prima volta in sede di legittimità) nei confronti del COGNOME sul presupposto che il reato realizzato sia diverso da quello da lui voluto rispetto a quello programmato ed attuato dai concorrenti.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 11/01/2024.