Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14015 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14015 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMENOME nato a Oliveto Citra il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa il 2/05/2023 dalla Corte di appello di Salerno visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO COGNOME, che, nell’interesse della parte civile NOME COGNOME, ha chiesto di dichiarare inammissibile o, comunque,
di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
dichiarato responsabile NOME COGNOME del reato di cui all’art. 393 cod. pen. commesso in Castelnuovo di Conza in epoca successiva al 15 agosto 2017 e, riconosciute le attenuanti generiche, lo ha condannato alla pena sospesa di due mesi di reclusione, oltre al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede, e al pagamento delle spese processuali.
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Salerno, in riforma della pronuncia di primo grado, ha assolto l’imputato appellante dal reato ascrittogli perché non punibile per particolare tenuità del fatto e ha confermato le statuizioni civili, condannando l’imputato appellante alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel grado.
AVV_NOTAIO, nell’interesse dell’imputato, ricorre avverso tale sentenza e ne chiede l’annullamento, deducendo quattro motivi.
3.1. Con il primo motivo di ricorso, il difensore deduce l’inosservanza della legge processuale e, segnatamente, degli artt. 178 e 179 cod. proc. pen., in quanto sarebbe stata omessa la notifica al difensore del rinvio dell’udienza disposto d’ufficio fuori udienza nel giudizio di primo grado, ai sensi dell’art. 465 comma 2, cod. proc. pen. a seguito della sospensione delle udienze penali previste dall’art. 83 d.l. 18 marzo 2020, n. 18.
Il difensore rileva che la comunicazione sarebbe stata effettivamente effettuata via pec dalla cancelleria della Corte, ma ad un «AVV_NOTAIO» omonimo e che l’omessa comunicazione del rinvio avrebbe determinato una violazione del diritto di difesa, in quanto avrebbe impedito alla parte e al difensore di presenziare all’udienza del 23 novembre 2020.
3.2. Con il secondo e terzo motivo, il difensore deduce il vizio di motivazione, in quanto la Corte di appello non avrebbe considerato le prove inequivocabili che avrebbero dimostrato il carattere mendace dell’accusa, in quanto il COGNOME sarebbe il proprietario del fondo contrassegnato dalle particelle indicate nell’imputazione e la sua condotta non sarebbe stata arbitraria.
Il COGNOME non avrebbe fatto uso di violenza sulle persone o sulle cose e la sentenza impugnata non avrebbe escluso la sussistenza di causa di non punibilità ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
3.3. Con il quarto motivo, il difensore censura la nullità dell’ordinanza di ammissione di costituzione di parte civile, in quanto la stessa sarebbe avvenuta oltre il termine decadenziale di cui agli artt. 79 e 484 cod. proc. pen.
Non essendo stata richiesta la trattazione orale del procedimento, il ricorso è stato trattato con procedura scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 28 ottobre 2020 convertito in legge n. 176 del 18 dicembre 2020, prorogato per effetto dell’art. 16, comma 1, del d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito con modificazioni dalla legge n. 15 del 25 febbraio 2022, e per le impugnazioni
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Ac
proposte sino al 30 giugno 2023 dall’art. 94, comma 2, del d.lgs. 10/10/2022, n. 150.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 11 dicembre, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha chiesto di annullare la sentenza impugnata limitatamente alla costituzione di parte civile, annullando le conseguenti statuizioni civili.
Con memoria di replica depositata in data 5 gennaio 2024, l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, nell’interesse della parte civile NOME COGNOME, ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto i motivi proposti sono diversi da quelli consentiti dalla legge e, comunque, manifestamente infondati.
Occorre rilevare, in via preliminare, che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, sussiste l’interesse dell’imputato a impugnare la sentenza che esclude la punibilità del reato ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., trattandosi di pronuncia che: 1) ha efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso (art. 651-bis cod. proc. pen.), 2) è soggetta ad iscrizione nel casellario giudiziale (art. 3, lett. f, d.P.R. n. 31:3 del 2002), 3) ostare alla futura applicazione della medesima causa di non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis, comma terzo, cod. pen. (ex plurimis: Sez. 1, n. 1, n. 459 del 02/12/2020 (dep. 2021), COGNOME, Rv. 280226 – 01; Sez. 3, n. 18891 del 22/11/2017 (deo. 2018), COGNOME, Rv. 272877 – 01).
Con il primo motivo di ricorso, il difensore deduce l’inosservanza della legge processuale e, segnatamente, degli artt. 178 e 179 c.p.p., per omessa notifica al difensore del rinvio dell’udienza disposto d’ufficio fuori udienza nel giudizio di primo grado, ai sensi dell’art. 465, comma 2, cod. proc. pen. a seguito della sospensione delle udienze penali previste dall’art. 83 d.l. 17 marzo 2020, n. 18.
Il motivo è manifestamente infondato, in quanto dalla consultazione diretta degli atti processuali (ammessa allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un error in procedendo ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. da Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092-01) risulta che la notifica è stata eseguita.
La Corte di appello ha, peraltro, disposto il rinvio dall’udienza del 31 marzo 2023 al fine di acquisire e verificare la documentazione relativa alle notifiche asseritamente omesse e alla successiva udienza del 2 maggio 2023, preso atto dell’attestazione a firma del Cancelliere del Tribunale di Salerno del 21.04.2023 che ha confermato la consegna all’indirizzo pec del difensore AVV_NOTAIO dei decreti di differimento asseritamente non ricevuti, ha correttamente rigettato l’eccezione.
Con il secondo e terzo motivo, il difensore lamenta il vizio di motivazione, in quanto la Corte di appello non avrebbe considerato le prove inequivocabili che avrebbero dimostrato il carattere mendace dell’accusa, in quanto il COGNOME sarebbe il proprietario del fondo contrassegnato dalle particelle indicate nell’imputazione e la sua condotta non sarebbe stata arbitraria ma legittima.
I motivi sono inammissibili, in quanto si risolvono nella mera reiterazione, anche testuale, delle censure propostot nell’atto di appello e disattese, con motivazione congrua e conforme al diritto, dalla Corte di appello di Salerno.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (ex plurimís: Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710 – 01).
La Corte di appello di Salerno, con motivazione congrua, ha, del resto, ritenuto comprovato il reato sulla base delle dichiarazioni della parte lesa e della testimone COGNOME, che hanno riferito che l’imputato aveva minacciato l’affittuario COGNOME per ottenere che rimuovesse il trattore e il bestiame d proprio fondo.
La Corte di appello ha, inoltre, non certo illogicamente ritenuto che la proprietà del fondo e il convincimento di esercitare un proprio diritto sono presupposti del reato e non costituiscono cause di esonero dalla punibilità; nella specie l’imputato aveva ecceduto il limite dell’agire scriminato, in quanto, pur potendo ricorrere al giudice civile, aveva minacciato la parte lesa e danneggiato i cartelli apposti sul confine del fondo.
Con il quarto motivo, il difensore censura la nullità dell’ordinanza di ammissione di costituzione di parte civile, in quanto la stessa sarebbe avvenuta oltre il termine decadenziale di cui agli artt. 79 e 484 cod. proc:. pen.
Il motivo è inammissibile per aspecificità, in quanto non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, e manifestamente infondato.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, la parte civile, ove non si sia costituita nell’udienza preliminare o sia stata esclusa dal giudice ai sensi dell’art. 81 cod. proc. pen., può costituirsi, nel corso degli at introduttivi al dibattimento, prima che si concludano gli accertamenti relativi alla regolare costituzione delle parti prevista dall’art. 484 cod. proc. pen. e non successivamente, quando sia iniziata la fase della discussione delle questioni preliminari di cui all’art. 491, comma 1, cod. proc. pen., la quale, facendo riferimento anche a quelle concernenti la costituzione di parte civile, presuppone che, in tale momento processuale, detta costituzione sia già avvenuta (ex plurimis: Sez. 3, n. 15768 del 18/02/2020, 0., Rv. 280264 – 03).
La Corte di appello di Salerno ha fatto buon governo di tale principio in quanto ha ritenuto legittima la costituzione di parte civile del COGNOME, avvenuta all’udienza del 31 maggio 2021, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento.
Dall’esame degli atti risulta, del resto, che, a seguito di diversi rinvii pe cercare di pervenire ad un bonario componimento tra le parti, senza l’esperimento delle formalità di apertura del dibattimento, la prima udienza utile era stata proprio quella del 31 maggio 2021.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Non essendovi ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», in virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2024.