Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12030 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12030 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/02/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 26/07/1971 a SARNO
avverso l’ordinanza in data 03/10/2024 del TRIBUNALE DI POTENZA; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna l’ordinanza in data 03/10/2024 del Tribunale di Potenza, che ha parzialmente riformato l’ordinanza in data 09/09/2024 del G.i.p. del Tribunale di Potenza, che aveva applicato la misura dell’obbligo di dimora nel comune di residenza, del divieto di dimora nel territorio della provincia di Potenza, dell’obbligo di presentazione alla P.G. e dell’obbligo di rientro notturno nella propria abitazione. La riforma
è consistita nel revocare il divieto di dimora, l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e l’obbligo di rientro notturno nell’abitazione.
Deduce:
1.1. Vizio di motivazione in punto di gravità indiziaria.
Il ricorrente sostiene che il fatto andrebbe più correttamente qualificato come esercizio arbitrario delle proprie ragioni e non come rapina, atteso che la pretesa relativa alla restituzione dell’autovettura era fornita di base legale e poteva essere fatta valere in giudizio, per come riconosciuto anche dai giudici.
Aggiunge che sulla base delle emergenze investigative, COGNOME, con riguardo alla prima condotta di rapina, si è adoperato per evitare le violenze in danno della persona offesa, mentre, con riguardo alla seconda condotta di rapina, si è adoperato per far restituire il telefono alla vittima.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. L’indagato è stato sottoposto a misura cautelare perché attinto da gravi indizi di colpevolezza per il delitto di rapina aggravata, perpetrata sottraendo a NOME NOME una somma pari a 1.500,00 euro, un’autovettura e uno smartphone e sottraendo uno smartphone a NOME COGNOME
Il tribunale ha spiegato che dalle dichiarazioni delle persone offese (NOME COGNOME Rocco e NOME COGNOME) -così come confortate dal ritrovamento nella disponibilità dell’odierno indagato e dei suoi correi della refurtiva e dell’autovettura sottratta oltre che dall’individuazione fotografica effettuata da NOME NOME COGNOME– emergeva la coralità delle condotte delittuose, perpetrate con la consapevole partecipazione di tutti i correi, che l’avevano preventivamente pianificata.
Ai fini della configurabilità della rapina, risulta significativa l’azione di impossessamento del portafogli e delle chiavi dell’autovettura, così come descritta da NOME COGNOME nelle dichiarazioni riportate alla pagina 7 dell’ordinanza, che fanno vedere NOME NOME Rocco spinto a terra dall’uomo con il berretto blu (COGNOME COGNOME) che pure lo immobilizzava nel mentre l’uomo con la maglietta gialla (COGNOME NOME) “con violenza, usando la forza”, sottraeva a NOME NOME portafogli contente 1.500,00 euro e le chiavi dell’autovettura, che poi veniva portata via.
La ragazza aggiungeva che l’uomo con il berretto blu, accortosi della sua presenza, le strappava di mano il cellulare e poi la spingeva per impedirle di riprenderselo.
Dalle dichiarazioni rese dalla ragazza emerge la partecipazione violenta di COGNOME allo spossamento, dovendosi ulteriormente precisare che il tribunale ha ritenuto che la vicenda configurasse un’unica fattispecie di rapina, sul presupposto dell’unicità del contestato spazio temporale di svolgimento della vicenda, così
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unificando l’originaria contestazione di due rapine, l’una in danno di NOME e l’altra in danno di NOME COGNOME
1.2. Il Tribunale, inoltre, ha affrontato il tema della qualificazione giuridica del fatto e ha escluso che potesse ritenersi configurato il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
In tal senso ha osservato che l’azione predatoria non era caduta soltanto sull’autovettura -in relazione alla quale era astrattamente ventilabile una legittima pretesa restitutoria-, ma anche sui 1.500,00 euro e sul telefonino cellullare, ossia su beni esorbitanti rispetto alla restituzione dell’autovettura che si assume pretesa da COGNOME NOME, in quanto di proprietà dalla società da lui amministrata e asseritamente- concessa in uso a Salvia.
A tale riguardo va rimarcato che lo stesso COGNOME ha dichiarato di avere incaricato COGNOME COGNOME (co-indagato dell’odierno ricorrente) del solo recupero dell’autovettura, ma non anche dell’esazione di somme di denaro eventualmente dovute alla società da lui amministrata.
1.3. Sulla base di tali dati fattuali, il tribunale ha osservato che la condotta predatoria realizzata dal ricorrente e dai suoi co-indagati esorbitava -comunquedal mandato recuperatorio conferito da NOME NOME, così che doveva ritenersi configurata una rapina e non il reato di ragion fattasi, in ciò rendendo una motivazione conforme all’insegnamento di questa Corte, che ha chiarito che «il concorso del terzo nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone è configurabile nei soli casi in cui questi si limiti ad offrire un contributo alla pretesa del creditore, senza perseguire alcuna diversa ed ulteriore finalità» (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 03).
A fronte di una lineare e adeguata motivazione, resa sulla base di una completa e approfondita disamina delle risultanze investigative, oltre che nel rispetto dei principi di diritto vigenti in materia, le doglianze articolate nel ricorso non sono volte a evidenziare violazioni di legge o mancanze argomentative e manifeste illogicità della sentenza impugnata, ma mirano a sollecitare un improponibile sindacato sulle scelte valutative del tribunale.
Da ciò discende l’inammissibilità dell’impugnazione, che pone questioni non scrutinabili in sede di legittimità, atteso che, in tema di misure cautelari personali «il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito» (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 4, n. 18795 del
02/03/2017, COGNOME Rv. 269884 – 01; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME Rv. 252178).
Quanto esposto comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18/02/2025