Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 31299 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 31299 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: IMPERIALI COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a FOGGIA il 26/02/1991
NOME nato a FOGGIA il 27/02/1984
avverso la sentenza del 17/01/2024 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Genera NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata relativamente alla sola aggravante delle più persone riunite, con rinvio alla Corte d’Appello di Bari e dichiara inammissibili i ricorsi nel resto.
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co. 8 D.L. n.137/2 successivo art. 8 D.L. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ed NOME COGNOME a mezzo dei rispettivi difensori, hanno proposto ricorsi per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte di Appello di Bari integralmente confermato la pronuncia del Tribunale di Foggia che li aveva ritenuti responsabi dei delitti di tentata estorsione aggravata e di lesioni aggravate loro ascritti ai capi a) e b) assolti dalle altre imputazioni di detenzione e porto illegale di armi e tentato omicidio, loro a ai capi c) e d), condannandoli alle pene ritenute di giustizia.
A sostegno del ricorso proposto nell’interesse dell’Aprile, con unico motivo impugnazione, è stata prospettata la violazione di legge ed il vizio di motivazione per illogi con riferimento alla mancata riqualificazione del delitto di cui al capo a) in quello di ese arbitrario delle proprie ragioni ai sensi dell’art. 393 cod. proc. pen.
Il ricorrente ha evidenziato che in relazione alla stessa vicenda con sentenza irrevocabi pronunciata all’esito di giudizio abbreviato nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME COGNOME il GUP del Tribunale di Foggia ha qualificato i fatti ai sensi dell’art. 393 cod. pen., dich non doversi procedere nei confronti dei predetti per mancanza di querela. L’Aprile ha altresì contestato che possano riconoscersi elementi a conferma della tesi secondo cui egli, invece, avrebbe perseguito un ulteriore interesse personale rispetto alla pretesa economica avanzata dai coimputati nel primo incontro con la persona offesa COGNOME non potendo questo desumersi dal rilievo che vittime dell’aggressione alla quale aveva partecipato il ricorrente erano stat solo COGNOME NOME, ma anche il figlio, il fratello e la nuora di questo, pur esse consapevoli gli aggressori che nessuna legittima pretesa poteva essere avanzata nei confronti di questi. Assume il ricorrente che la qualificazione giuridica del fatto sarebbe stata condizio dalla valorizzazione delle dichiarazioni del coimputato Pesante non conforme al contenuto dell’interrogatorio di questo, così introducendo un interesse proprio di questo alla riscossion un “ulteriore somma” della quale non si rinviene traccia agli atti.
Il ricorso proposto nell’interesse del Salvatore è stato affidato a quattro moti impugnazione:
3.1. GLYPH Violazione degli artt. 110, 56 e 629 cod. pen. e manifesta illogicità de motivazione con riferimento alla ritenuta responsabilità del ricorrente in ordine al tentati estorsione, rilevando altresì la mancanza di motivazione in ordine alla responsabilità per il del di lesioni, pur avendo escluso il giudice di primo grado che il Salvatore in occasione dell’episo di cui si tratta avesse detenuto un’arma. Assume il ricorrente che vi sarebbe un’inconciliabi logica tra la sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Foggia e quella pronunciata dalla Corte di appello, atteso che la prima aveva escluso che il secondo incontro con il COGNOME – al quale il ricorrente aveva partecipato – “fosse soltanto una spedizione punitiva per il ri opposto dalle vittime la mattina”, (pag. 14) ritenendo che le modalità particolarmente violen del secondo incontro “con il COGNOME fossero dovute anche ad un interesse personale al fine di ottenere un compenso per se o semplicemente per riaffermare il proprio prestigio criminale, soprattutto per COGNOME, dopo il diniego ricevuto” la mattina, mentre la Corte barese h
affermato che il secondo incontro era consistito in “una spedizione punitiva per il (sol) fatto i COGNOME si erano opposti (a dire del COGNOME, offendendolo) e quindi per chiarire i rapport forza….”, così presentando i partecipanti al secondo incontro “una propria pretesa “aggiuntiva”, se non “esclusiva”. La Corte, così, non avrebbe spiegato quale fosse l’intento precipuo che aveva indotto il Salvatore a recarsi dal COGNOME insieme ai coimputati, atteso anche che la minacc rivolta a creare uno stato di coartazione psichica nella persona offesa si era concretizzata già primo incontro al quale il NOME non aveva partecipato, tanto che gli era anche ignoto momento del suo intervento. Il fatto di essersi recato insieme agli altri presso il COGNOME avviso del ricorrente non sarebbe sufficiente a dimostrare che il proposito estorsivo riconosciu in sentenza fosse proprio e condiviso anche dal NOME, dovendosi ritenere una mera “congettura” l’affermazione secondo cui si sarebbe lì recato per spalleggiare il Pesante n momento in cui questo intendeva avanzare una pretesa illecita.
3.2. GLYPH Violazione di legge e vizio di motivazione per illogicità, con riferimento mancata riqualificazione del delitto di cui al capo a) in quello di esercizio arbitrario delle ragioni ai sensi dell’art. 393 cod. proc. pen., pur non essendo emerso la prova del dolo estorsione, atteso che quella che è stata ritenuta la condotta intimidatoria posta in essere coimputato NOME con le parole “ci devono dare quello che ci devono”, pronunciate nell’incontro al quale aveva partecipato anche l’Aprile, era priva dei caratteri di veemenza prop dell’intimidazione estorsiva, costituendo al più una mera minaccia in alcun modo sintomatica di una volontà costrittiva.
3.3. GLYPH Violazione di legge in relazione all’art. 628 comma 2 n. 1 cod. pen. e vizio motivazione per essersi riconosciuta l’aggravante delle più persone riunite omettendo qualsiasi motivazione in relazione alla posizione del NOME, nel difetto della necessaria presenza di p persone al momento dell’intimidazione, ad avviso del ricorrente posta in essere la mattina giacché nell’incontro del pomeriggio, al quale ha partecipato il NOME, si sarebbe verific soltanto una lite tra le parti priva di alcuna vis estorsiva, con successive lesioni ai danni persone offese;
3.4. GLYPH Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego della prevalenz delle circostanze attenuanti generiche sulle contestate aggravanti.
Il pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME c requisitoria scritta del 27/3/2025, ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnat “relativamente alla sola aggravante delle più persone riunite, con rinvio alla Corte d’Appello Bari e dichiararsi inammissibili i ricorsi nel resto”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili, in quanto i motivi addotti si discostano dai parame dell’impugnazione di legittimità stabiliti dall’art. 606 cod. proc. pen. perché manifestam infondati, anche quando non attengono esclusivamente al merito della decisione impugnata.
Sono manifestamente infondate, in particolare, le censure formulate da entrambi i ricorrenti in ordine alla qualificazione giuridica del delitto di cui al capo a) come tent estorsione in concorso e non già esercizio arbitrario delle proprie ragioni ai sensi dell’ar cod. proc. pen.
A tal proposito, va premesso che non può ravvisarsi alcuna inconciliabilità logica tra sentenza impugnata e la pronuncia, ormai irrevocabile, con la quale il G.u.p. del Tribunale Foggia in data 17/10/2018, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dei coimputati NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione alla medesima imputazione, diversamente qualificata ai sensi dell’art. 393 cod. pen., perché l’azione penale non poteva essere iniziata mancanza di querela. Si tratta, infatti, di pronuncia in alcun modo vincolante nel giudi ordinario a carico degli odierni ricorrenti, in primo luogo perché diversa è la piattaf probatoria posta a fondamento del giudizio ordinario rispetto a quella posta a fondamento del giudizio abbreviato, ma anche perché i due procedimenti riguardano imputati diversi che hanno partecipato, con ruoli diversi, a distinti momenti nei quali si sono sviluppati i fatti ogg capo a) dell’imputazione.
Emerge, infatti, dalle sentenze di merito che la mattina del 3/9/2016 NOME COGNOME era presentato nell’autoparco delle persone offese unitamente ai coimputati NOME COGNOME e NOME COGNOME reclamando il pagamento di un presunto credito nei confronti della persona offesa NOME COGNOME per 80.000,00 euro, ed invano il COGNOME gli aveva mostrato le ricevute di bonifici effettuati, per dimostrare che il debito era stato pagato, in quanto seguita una discussione all’esito della quale il Pesante si era rivolto al COGNOME ed al fi questo, NOME, con frasi minacciose quali “se non cacci i soldi ti sparo”, accompagnando anche tale minaccia con il gesto delle mani che simulava l’atto intimidatorio, ripreso anche da telecamere del posto, gesto poi ripetuto anche mentre i predetti risalivano in auto p allontanarsi.
Nello stesso giorno, poi, il COGNOME era tornato sul posto a bordo di un’autovettura condot da NOME COGNOME, sulla quale erano anche gli odierni ricorrenti NOME COGNOME ed NOME COGNOME, definiti da entrambe le sentenze di merito, sulla base delle testimonianze acquisi “soggetti notoriamente inseriti nell’ambito della criminalità locale” In tale occasione il aveva riferito alle persone offese che “la situazione non poteva essere sistemata” se non con l consegna del denaro, e ne era nata una violenta colluttazione con la persona offesa NOME COGNOME e suo zio NOME COGNOME poco dopo sopraggiunto, entrambi colpiti con pugni e calci fino a riportare lesioni, ed il Pesante aveva anche esploso colpi d’arma da fuoco.
Così ricostruiti dai giudici di merito, in estrema sintesi, i fatti oggetto dell’imputazi ribadito che la sentenza pronunziata dal G.u.p. che, all’esito del giudizio abbreviato, ha giudic le posizioni del COGNOME, che indiscutibilmente aveva avuto rapporti di credito con il COGNOME seppur ad avviso di questo ormai estinti, e del COGNOME che lo ha accompagnato sul posto la mattina, non può avere alcuna incidenza vincolante in ordine alla posizione degli odierni ricorren che, senza vantare alcun diritto nei confronti del COGNOME, sono intervenuti so
successivamente, di supporto all’azione del Pesante, tornato sul posto senza il preteso creditor e va ricordato che, secondo i principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte a sezi unite, il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle per quello di estorsione si differenziano tra loro in relazione all’elemento psicologico, da accer secondo le ordinarie regole probatorie (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 02); se è vero, peraltro, che i reati di esercizio arbitrario delle proprie ragioni hanno na reato proprio non esclusivo, deve anche rilevarsi che il concorso del terzo nel reato di eserci arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone è configurabile nei soli in cui questi si limiti ad offrire un contributo alla pretesa del creditore, senza perseguire diversa ed ulteriore finalità. (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME cit., Rv. 280027 – 0
La ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito sulla base delle testimonianze acqui e delle riprese delle telecamere sul posto ha portato la Corte di appello a ritenere, senza incor in vizio logico alcuno, che l’intervento del NOME e dell’Aprile, presentatisi alle persone insieme al COGNOME, non fosse finalizzato (o, quantomeno, non fosse finalizzato esclusivamente) ad offrire un contributo al soddisfacimento della pretesa del COGNOME – peraltro nemmen presente in quel momento – in relazione ad una questione che si assumeva poter essere “sistemata” solo con la consegna del denaro, ma fosse rivolto anche, se non soprattutto, a riaffermare il prestigio criminale degli intervenuti, soprattutto quello del Pesante, leso dal d ricevuto la mattina precedente, sicché non illogicamente la Corte territoriale ha valorizzato un lato l’assenza di alcun esplicito riferimento alla pretesa del COGNOME, e dall’altro l espressione quale “ci devono dare quello che ci devono dare” per lasciare intendere, con l’uso del plurale, un interesse personale al pagamento da parte degli intervenuti (coì pag. 11 dell sentenza impugnata, peraltro conformemente alla pag. 18 della sentenza di primo grado) che manifestavano di ritenersi ormai titolari della pretesa (“ci devono dare”) del pagamento.
Che la somma pretesa, poi, fosse destinata interamente ai soggetti intervenuti nell’occasione (COGNOME, NOME, NOME ed COGNOME) oppure in parte comunque destinata anche al COGNOME, del resto, non è determinante ai fini della qualificazione del fatto come tentati estorsione, atteso che, comunque, si tratta di finalità diversa dal soddisfacimento del prete titolare dell’originario credito. Per mera completezza di esposizione, peraltro, va rilevato perfino l’eventuale assenza di un interesse patrimoniale personale dei ricorrenti – riconosciu invece, non illogicamente dalla sentenza impugnata – non sarebbe sufficiente a qualificare i fat contestati agli odierni ricorrenti ai sensi dell’art. 393 cod. pen., in quanto anche il solo o di riscossione di una somma per riaffermare il prestigio criminale del soggetto che invano l’avev pretesa la mattina precedente è sufficiente ad integrare una finalità ulteriore rispet soddisfacimento della pretesa creditoria del Malavolta, come tale idonea a qualificare i fatt sensi degli artt. 56 e 629 cod. pen.
3. E’ inammissibile perché volto ad una mera rilettura dei fatti secondo diverse valutazio di merito, oltre che manifestamente infondato, anche il terzo motivo del ricorso propost nell’interesse del Salvatore, volto a contestare il riconoscimento dell’aggravante delle
persone riunite con riferimento alla posizione del predetto, nell’asserito difetto della neces presenza di questo al momento dell’intimidazione, ad avviso del ricorrente posta in essere la mattina, giacché nell’incontro del pomeriggio, si sarebbe, invece, verificata soltanto una lit le parti priva di alcuna vis estorsiva: la ricostruzione dei fatti emergente dal per argomentativo di entrambe le sentenze di merito evidenzia, invece, che l’incontro del pomeriggio, caratterizzato dalla presenza di soggetti estranei al preteso rapporto obbligator preteso dal COGNOME e ritenuti “notoriamente inseriti nell’ambito della criminalità locale”, gli odierni ricorrenti – presenza, pertanto, di per sé intimidatoria – benché colleg conseguenziale all’incontro del mattino, con l’espressione “ci devono dare quello che ci devono”, accompagnata dalla successiva aggressione anche a soggetti estranei al preteso rapporto obbligatorio, quali il figlio ed il fratello NOME COGNOME, ha comunque sviluppato una fo intimidatoria ulteriore rispetto a quella già mostrata al mattino, come tale idonea ad integra delitto contestato con la circostanza aggravante speciale delle più persone riunite, che richie soltanto la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo e al momento di realizzazione della violenza o della minaccia (Sez. 6, n. 50064 del 16/09/2015, Barba, Rv. 265657 – 01)
4. Inammissibile, infine, è anche l’ultimo motivo del ricorso presentato nell’interesse d Salvatore, in quanto il giudizio di comparazione tra le circostanze aggravanti e circostan attenuanti è materia propria del giudice di merito, sicché relative statuizioni sono censurabi Cassazione soltanto nell’ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illo (Sez. 2, n. 46343 del 26/10/2016, Montesano, Rv. 268473 – 01), ipotesi che certo non ricorre nel caso di specie, laddove la Corte territoriale, senza incorrere in alcuna forma di arbitrari illogicità, ha evidenziato come il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche sia st giustificato unicamente dal comportamento processuale collaborativo, per il consenso prestato all’acquisizione di atti, elemento ritenuto inidoneo a prevalere sulla gravità della cond criminosa conseguente anche alle aggravanti contestate.
5. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue, per il disposto dell’art. 616 proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dai ricorsi, si determina equitativamente in euro tremila ciascuno.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 13 maggio 2025
L’estensore
La Presidente