Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 30676 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30676 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/06/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di: COGNOME NOMENOME nato a Bologna il DATA_NASCITA, avverso la sentenza emessa il 19/10/2023, dalla Corte di appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte rassegnate dal Pubblico ministero, nella persona della sosti Procuratrice generale, dottAVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità
ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bologna confermava la sentenza emessa il 21 marzo 2019 dal giudice monocratico del Tribunale del medesimo capoluogo che, all’esito del dibattimento, aveva riconosciuto la responsabilità del ricorrente per i fatt ascritti (come aggravato il delitto di lesioni personali), condannandolo alla sanzione pena ritenuta di giustizia.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso, nell’interesse dell’imputato, il difensore deducendo i motivi in appresso sinteticamente riportati, secondo quanto prescrive l’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:
1. motivazione “insufficiente” posta a sostegno dell’affermazione di penale responsabilità per i fatti ascritti, essendo emersa nel corso del dibattimento la eventualità che vittima aggressore potessero anche conoscersi, prima dell’occorso, talché non sarebbe da escludersi che il fatto predatorio fosse animato da pregresse ragioni di credito non onorate dalla vitti del pestaggio;
Violazione e falsa applicazione della legge penale incriminatrice (art. 606, comma 1, lett. cod. proc. pen.), non avendo la Corte di merito colto l’elemento distintivo tra il delitto di r e quello di ragion fattasi (art. 393 cod. pen.), individuabile solo nell’elemento psicologico anima l’agire illecito: avendo l’offensore agito quale titolare di un credito, nella ragion convinzione di esercitare (con violenza o minaccia) una propria legittima facoltà; laddove commette rapina (o estorsione, a seconda delle modalità della condotta) chi, volendo conseguire un profitto ingiusto, con violenza alla persona o con minaccia si appropria della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene. E’ evidente che nella fattispecie, per le ste modalità della condotta, l’agente intendesse solo riscuotere il suo credito, senza che “l’eccess nei modi”, in quanto modalità della condotta, possa segnare il distinguo tra le differenti fattispecie.
Il ricorso è inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, 581, 591, cod. proc. pen., per manifesta infondatezza ed assoluta genericità dei motivi proposti (il primo dei quali, motivazione “insuffiente”, neppure deducibile, in quanto non rientrante nella elencazione alfabetica -lett. e- contenuta al comma 1 dell’art. 606 cod. proc. pen.), avendo il ricorre omesso ogni dovuto confronto con la diffusa e puntuale motivazione della sentenza impugnata, come osmoticamente integrata dal tessuto motivazionale della conforme decisione di primo grado.
3.1. La Corte di appello – con argomentazioni giuridicamente corrette, esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede – ha qualificato in ter rapina i fatti descritti al capo 1, valorizzando le dichiarazioni costanti e coerenti rese persona offesa e gli aspetti inequivoci della condotta, esplicitamente evidenziati motivazione, ove è stata attentamente argomentata anche l’attendibilità del narrato, corroborato dalla prova generica rinveniente dai referti ospedalieri, che testimoniano dell
.qualità ed entità delle, lesioni inferte all’offeso e della perdita di un incisivo, con conse indebolimento della funzione della masticazione.
3.2. A fronte della doppia decisione conforme di condanna, fondata su congruo e non contraddittorio ordito motivazionale, inammissibili si rivelano le doglianze svolte in merito ricostruzione dei fatti, alla consistenza del compendio probatorio ed al travisamento dell prova, in quanto tutte si risolvono nella inammissibile richiesta di valutazione della capa dimostrativa delle prove già assunte nel merito, che è esclusa dal perimetro che circoscrive l giurisdizione di legittimità (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Rv. 251516). La stessa illogic della motivazione, quando non manifesta, non è deducibile quale vizio della motivazione del provvedimento impugnato (Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
3.3. Poste tali premesse, va ribadito che la Corte di merito, la cui motivazione si fonde e integra con quella consonante del giudice di primo grado, ha spiegato in maniera chiara, logica e coerente che nella complessiva valutazione di coerenza, continuità sostanziale e non contraddizione del narrato, la persona offesa ha reso dichiarazioni assolutamente veridiche e genuine, nel descrive una aggressione violenta, finalizzata al conseguimento del profitto ingiusto, giacché non sostenuto da alcuna espressa ragione di credito.
3.4. Ragioni di altrettale e conseguente infondatezza manifesta involgono il secondo motivo, caratterizzato dall’erroneo presupposto delle, solo astrattamente ipotizzate, ragioni di credi che avrebbero mosso l’autore alla violenza diretta verso la persona.
3.4.1. Sul punto, la motivazione della Corte territoriale (sent. imp. pag. 2, primo capoverso) già chiarito che la tesi prospettata non trova alcun fondamento negli atti, risolvendosi in mera ipotesi alternativa. La postulata più mite qualificazione del fatto (art. 393 cod. p esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alla persona), collide del resto c consolidato orientamento di questa Corte (da ultimo Sez. 2, n. 291/2022, n.m.; preceduta da Sez. 2, n. 31438 del 3/11/2020, n.m.), che esclude la configurabilità del delitto di eserci arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone, giacché ciò ch caratterizza la ragion fattasi è la ragionevole opinione di esercitare (con violenza alla person un preteso diritto. Ma la convinzione di esercitare un preteso diritto deve essere, appunto ragionevole, non del tutto fantasiosa o ipotetica (Sez. U., n. 29541 del 16/7/2020, de 23/10/2020, in motivazione punto 10.5, pag. 21). L’agente deve dimostrare di avere “azione”, non già mera soggettiva ipotetica e astratta convinzione di una immaginaria ragione da tutelare (in questi termini: Sez. 2, n. 44325, del 18/10/2007, Rv. 238309; Sez. 2, n. 23678 del 1/4/2015, Rv. 263840; Sez. 2, n. 56400, del 14/12/2016, Rv. 269685; da ultimo Sez. U. 29541/2020, cit., in motivazione punto 11, pag. 23).
Segue alla inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la condanna al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende che stimasi equo determinare in euro tremila.
La pronta soluzione delle questioni proposte con i motivi di ricorso e l’applicazione di prin consolidati nella giurisprudenza della Corte consigliano la redazione della motivazione in forma semplificata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 11 giugno 2024.