Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35229 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35229 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA a Senise;
COGNOME NOME, nato il DATA_NASCITA a Catanzaro avverso la sentenza del 25/11/2024 dalla Corte d’appello di Brescia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che chiede di dichiarare il ricorso inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte d’appello di Brescia riduceva a quattro e a tre mesi di reclusione la pena rispettivamente irrogata a NOME COGNOME e ad NOME COGNOME in primo grado, per il reato di tentato esercizio arbitrario delle
proprie ragioni mediante violenza sulle persone (artt. 56, 393 cod. pen.), per aver compiuto, pur potendo ricorrere al giudice, atti diretti in modo non equivoco a farsi ragione da sé medesimi: in particolare, per aver usato – in concorso tra loro e al fine di esercitare il preteso diritto alla restituzione di una somma versata nonché alla rifusione dei danni cagionati dall’inadempimento all’obbligazione da lui assunta di reperire un finanziamento per l’acquisto di un immobile – violenza e minaccia contro un consulente finanziario, senza riuscire nell’intento per ragioni indipendenti dalla loro volontà.
Hanno presentato ricorso gli imputati, per il tramite dell’AVV_NOTAIO, deducendo tre motivi.
2.1. Vizio di motivazione.
La Corte d’appello, appiattendosi sulla sentenza di primo grado, ha operato la ricostruzione fattuale sulla sola base delle dichiarazioni della persona offesa, ritenuta attendibile nonostante il suo comportamento palesemente truffaldino, desumibile da circostanze oggettive e documentali.
Nel corso dell’udienza dibattimentale del 8 marzo 2024, era infatti emerso che la persona offesa, dopo aver presentato denuncia-querela nei confronti degli imputati, senza alcun avviso, faceva recapitare a questi ultimi atti relativi all procedura di vendita dell’immobile palesemente falsi.
La stessa Corte d’appello ritiene peraltro “opachi” i contorni della vicenda, come si desume dal fatto che la persona offesa ricordò tutti i dettagli della vicenda eccetto l’aver percepito una somma di denaro dai coniugi COGNOME e COGNOME.
2.2. Errata applicazione della legge penale e vizio di motivazione quanto all’improcedibilità di alcuni episodi di reato.
Premesso che quello di cui all’art. 393 cod. pen. è reato di evento che si consuma nel momento in cui è compiuta la violenza o minaccia, nel caso di più condotte riconducibili all’esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ogni episodio v considerato quale singolo e deve essere eventualmente posto in continuazione con i successivi.
Nel caso di specie, dal capo di imputazione si evince che gli episodi contestati agli COGNOME e minuziosamente descritti nelle pronunce di merito furono realizzati in un arco temporale che andava dal 28 novembre 2017 al 30 marzo 2018.
Alcuni di essi sono improcedibili, la querela essendo stata presentata il 2 aprile 2018, e quindi tardivamente.
L’azione penale avrebbe potuto essere esercitata, dunque, soltanto in relazione agli ultimi due episodi, riconducibili al marzo 2018, posto che, in tema di reato continuato, il termine per l’esercizio del diritto di querela decorre d
momento in cui la persona offesa ha acquisito la conoscenza certa del fatto reato e non dall’ultimo momento consumativo della continuazione.
2.3. Errata applicazione della legge penale e vizio di motivazione sulla recidiva.
Difetta la correlazione tra capo d’imputazione e sentenza, dal momento che il capo di imputazione si limitava ad aggiungere, alla descrizione delle condotte, la locuzione «con aggravio della recidiva infraquinquennale per COGNOME NOME» mentre la Corte d’appello ha ritenuto la recidiva specifica e non quella infraquinquennale.
Nonostante le deduzioni difensive, la Corte d’appello non ha poi motivato in ordine alla natura dei precedenti e allo spazio temporale intercorso tra l’ultima sentenza passata in giudicato e i fatti oggetto dell’attuale procedimento, sottraendosi all’obbligo di svolgere un accertamento, in concreto, di accentuata colpevolezza e capacità a delinquere, sulla base dell’omogeneità dei precedenti (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibè, Rv. 247838).
Infine, la motivazione è contraddittoria ove si argomenta, sulla base dell’art. 133 cod. pen., l’irrogazione di una pena finale pari a soli quattro mesi di reclusione, inconciliabile con la tendenza criminale, la riprovevolezza della condotta e l’insensibilità alle regole sociali tipiche del riconoscimento della recidiva.
I ricorrenti hanno presentato motivi aggiunti in cui definiscono ulteriormente i contorni della vicenda fattuale, insistendo sulla decettività della condotta della c.d. persona offesa (che ne revocherebbe in dubbio l’attendibilità), oltre che sulla contraddittorietà delle sue dichiarazioni dibattimentali e sul contrasto con quelle degli imputati. Evidenziano, inoltre, come i Giudici di merito non abbiano considerato il chiaro interesse personale perseguito attraverso l’infondata e faziosa denuncia presentata nei confronti degli imputati.
Infine, hanno presentato note conclusive con cui insistono per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Risulta dalle sentenze di merito che gli imputati, padre e figlio, avevano contattato tale COGNOME, consulente finanziario, perché seguisse la pratica di erogazione del mutuo necessario all’acquisto di un immobile da parte della figlia/sorella e del di lei marito, anticipandogli brevi manu alcune migliaia di euro. Il consulente, adducendo problemi di salute, se ne era, tuttavia, disinteressato: dal che la pretesa degli imputati di vedersi restituito il denaro e risarcito il dann
subito per effetto dell’inadempimento. Pretesa esercitata con l’uso di minaccia e di violenza.
Ciò premesso, il primo motivo, interamente declinato in fatto, è inammissibile, proponendo una rilettura del materiale probatorio valutato dalla Corte di appello con motivazione completa e tutt’altro che illogica.
2.1. In particolare, in sentenza si ricorda come il narrato di COGNOME trovi numerosi riscontri ne: i tabulati telefonici delle utenze sue e degli imputati, che confermano l’incontro avvenuto il pomeriggio del 26 marzo 2018; il referto sanitario del 27 marzo 2018, che riporta che COGNOME si era recato in ospedale per la sostituzione del catetere (circostanza che collima con quanto riferito dalla persona offesa a proposito del calcio subito nelle parti basse il giorno precedente); le sommarie informazioni dell’agente di polizia locale COGNOME (amico di COGNOME e chiamato cautelativamente da questi ad assistere all’incontro di nascosto), il quale riferì che NOME COGNOME aveva un atteggiamento palesemente minaccioso, che uno degli COGNOME colpì da dietro COGNOME con uno schiaffone e che il giovane COGNOME strinse braccio ed avambraccio al collo di COGNOME, tanto che COGNOME dovette intervenire in suo soccorso; le fotografie dell’incontro scattate dallo stesso COGNOME; le sommarie informazioni di tale NOME il quale confermò, per un verso, che NOME COGNOME si sentiva raggirato per il mancato buon fine della pratica e, per altro verso, che l’incontro di marzo 2018 ebbe toni molto accesi nonché che NOME COGNOME fece il gesto di sferrare una ginocchiata ad COGNOME; la telefonata ricevuta dalla moglie di COGNOME il 23 aprile 2018, dal tenore latamente minatorio; e le sommarie informazioni della donna la quale riferì che quello stesso giorno NOME COGNOME si fece notare fuori dalla scuola elementare della figlia; i files allegati alla querela di COGNOME, da cui risultano le lamentele degli COGNOME e gli appuntamenti per la definizione della pratica. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. A fronte di tali molteplici elementi probatori, tutti convergenti verso l configurabilità del reato di cui all’art. 393 cod. pen., ogni considerazione sulla natura truffaldina della condotta della persona offesa – seppur dubitativamente ammessa dalla stessa Corte d’appello (come evidenziato dai ricorrenti) -, e quindi sulla sua asserita inattendibilità diviene recessiva e dunque irrilevante.
Il secondo motivo di ricorso, sull’intempestività della querela sporta per alcuni degli episodi di esercizio arbitrario contestati in continuazione, non è stato previamente dedotto in appello ed è oltretutto esposto in termini generici.
La tardività della querela, infatti, non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità, trattandosi di eccezione che comporta accertamenti di fatto devoluti al giudice di merito e che, non essendo stati richiesti tempestivamente,
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sono preclusi nei successivi gradi di giudizio (Sez. 2, n. 8653 del 23/11/2022, dep. 2023, Papais, Rv. 284438; Sez. 3, n. 35767 del 21/04/2017, Galizia, Rv. 271245).
Anche tale motivo va dichiarato, dunque, inammissibile.
Inammissibile è, infine, il terzo motivo di ricorso.
Per un verso, infatti, non si ravvisa alcuna divergenza tra contestazione e sentenza, per il mero richiamo, compiuto in sentenza, alla recidiva specifica anziché a quella infraquinquennale per l’imputato NOME COGNOME.
Per altro verso, il motivo non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato, là dove la Corte d’appello, dopo aver negato fossero emersi elementi che consentissero di accedere al giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva, ha aggiunto che quest’ultima non può essere disapplicata, essendo NOME COGNOME gravato da un precedente specifico per tentata estorsione, e precisando, all’uopo, che la pregressa esperienza giudiziaria non ha sortito effetto deterrente, non ravvisando alcun segnale di resipiscenza.
Il ricorso è, in conclusione, inammissibile.
Consegue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento delle somme indicate nel dispositivo, ritenute eque, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 01/10/2025