Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 15913 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 15913 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 28/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Procuratore generale presso Corte d’appello di Venezia nel procedimento a carico di: NOME COGNOME nato in BANGLADESH il 14/02/1979 avverso la sentenza del 06/02/2024 della Corte d’appello di Venezia Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni trasmesse dal Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che
ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Tratto a giudizio per rispondere, in concorso con altri soggetti giudicati separatamente, di vari episodi di estorsione aggravata (capo a), di due episodi di rapina aggravata avvenuti in Venezia (capo b) e Brescia (capo d) nonché del reato di lesioni aggravate (descritto al capo c), fatti tutti realizzati in danno di NOME COGNOME NOME COGNOME è stato riconosciuto colpevole dal Tribunale di Venezia delle lesioni di cui al capo c) e del fatto di cui al capo b), riqualificato in termini di esercizio arbitrario delle propr ragioni ex art 393 comma 1 e 3 cod. pen. mentre è stato assolto dalla tentata estorsione di cui al capo a) e dalla rapina aggravata di cui al capo d), con la formula perché il fatto non sussiste.
La sentenza di primo grado è stata appellata dal Pubblico ministero e dalla parte e civile e la Corte di appello di Venezia, con sentenza del 6/7/2017, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riconducendo il capo b) all’originaria imputazione di rapina aggravata ai sensi dell’art. 628 comma 3 n. 1 cod. pen. ed affermando la penale responsabilità dell’imputato anche in ordine alla rapina contestata al capo d), rideterminando in coerenza la pena nella misura ritenuta di giustizia.
Interposto ricorso in Cassazione da parte dell’imputato, questa Corte, con sentenza la sentenza n. 34456 del 13/11/2018, ha annullato, per riscontrati vizi di motivazione, la decisione gravata, rinviando alla Corte di appello di Venezia per nuovo giudizio.
Con la sentenza descritta in epigrafe, la Corte di appello di Venezia ha nuovamente qualificato il fatto di reato di cui al capo b) in termini di esercizio arbitrario decretandone l’estinzione per intervenuta prescrizione; ha confermato l’assoluzione dell’imputato dal capo d) per la ritenuta insussistenza del fatto; ha rideterminato la pena, ormai riferita al solo capo c) e la misura del danno da risarcire alla parte civile.
Propone ricorso per cassazione la Procura Generale presso la Corte di appello di Venezia e propone tre motivi di ricorso.
5.1. Con il primo lamenta violazione di legge riferita all’art. 627, comma 3, cod. proc. pen.
La Corte del merito, senza operare una complessiva valutazione degli elementi acquisiti, filtrati alla luce dei rilievi prospettati dall’appello interposto dalla parte pubbli avrebbe pedissequamente riproposto le considerazioni spese dalla sentenza appellata riguardo alla complessiva attendibilità della persona offesa in relazione alle imputazioni sub b) e d), disattendendo le indicazioni della sentenza rescindente sia rispetto a valutazioni che la stessa Cassazione aveva ritenuto, con rifermento alla decisione annullata, non meritevoli di censure quanto alla linearità del relativo argomentare, sia in relazione alla qualificazione del fatto descritto al capo b), confinato all’ipotesi di cui all’a 393 cod. pen. in distonia dai principi esposti dal giudice di legittimità per non aver dato conto delle peculiari modalità esecutive della condotta (realizzata da più persone, con l’uso di un coltello, arrecando le lesioni di cui al capo c), all’evidenza coerenti con l’ipotesi di reato descritta dall’originaria imputazione.
5.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione dei commi 1, 2 e 3 dell’artt. 603 cod. proc. pen. perché la Corte non ha disposto la rinnovazione istruttoria sollecitata con l’appello diretta a risolvere le criticità inerenti alla attendibilità della persona offesa messe in luce dalla decisione appellata e ribadite da quella resa ora impugnata, incombente cui
doveva procedersi anche d’ufficio proprio per la essenzialità del thenna probandi rispetto alla decisione da assumere.
5.3. Con il terzo motivo si lamenta vizio di motivazione, nelle sue tre declinazioni, quanto alle valutazioni spese in relazione al capo b).
Dopo aver premesso che, nel caso, il proscioglimento, determinato dalla estinzione per prescrizione del reato ascritto all’imputato siccome riqualificato in termini esercizio arbitrario, non da luogo ad una doppia conforme ostativa al rilievo del vizio in questione per la non applicabilità alla specie del limite previsto dall’ad 608, comma 1-bis, cod. proc .. pen., la parte ricorrente evidenzia che la Corte di appello avrebbe integralmente pretermesso gli elementi probatori segnalati dall’appello diretti a rimarcare la credibilità della persona offesa e del suo narrato e al contempo a rassegnare l’inverosimiglianza della versione offerta dall’imputato e della ritrattazione operata in dibattimento dai testi NOME COGNOME e NOME COGNOME, anche alla luce delle sollecitazioni istruttorie prospettate con il gravame, finendo anche per contraddire aspetti valutativi della sentenza di appello annullata che erano stati validati dalla Corte di cassazione in sede di annullamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
La sentenza rescindente ha messo al centro del difetto di motivazione riscontrato, correlato all’onere di motivazione rinforzata imposto dal disposto ribaltamento della decisione assolutoria resa in primo grado, alcune valutazioni afferenti alla credibilità del narrato della persona offesa, ritenute decisive sia nel ricostruire la vicenda di cui al capo b) nell’ottica della qualificazione del relativo fatto (essendo pacifico il coinvolgimento nello stesso dell’imputato, anche alla luce del giudicato caduto sulle lesioni arrecate alla parte civile descritte al capo c inferte nel corso della aggressione descritta al capo b); sia nel giungere alla riferibilità del fatto cui al capo D) allo stesso Khan.
2.1. In particolare, è stato dato centrale rilievo – nel quadro complessivo del relativo giudizio di attendibilità, essenziale rispetto ad entrambe le imputazioni- alla circostanza inerente alla pregressa conoscenza che la persona offesa aveva dell’imputato, radicalmente esclusa dal dichiarante ma invece riconosciuta dalla stessa sentenza annullata, seppur svalutandone apoditticamente il rilievo logico probatorio a fronte della rilevante centralità del tema.
Ancora, si è dato risalto alla riscontrata assenza, tra i protagonisti dell’aggressione descritta al capo b), di NOME COGNOME in contrasto con la deposizione della persona offesa, che ha sempre indicato il suddetto quale soggetto presente nell’occasione.
Infine, con riguardo al capo D), con la sentenza di annullamento, è stata messa in evidenza l’aporia logica offerta dalla mancanza di traffico telefonico riguardante i diversi apparecchi appresi dall’imputato in occasione della relativa rapina secondo il racconto di
COGNOME, anche questo elemento non debitamente valorizzato nell’ottica della mendacità della denunzia della persona offesa perché diretto a mettere in crisi l’ipotesi della effettività della relativa spoliazione.
2.2. Aspetti questi, pretermessi dal primo giudice di appello, che la sentenza rescindente ha ritenuto decisivi anche nell’ottica della corretta qualificazione da dare al fatto secondo coordinate in forza delle quali la distinzione 4ra i delitti di esercizi arbitrario delle proprie ragioni con violenza e minaccia alle persone e quello di estorsion e’ .. va individuata ‘ <- non già in relazione alla sussistenza o meno di una legittima pretesa creditoria alla base della condotta, bensì con riferimento alle modalità oggettive della richiesta, configurandosi il reato di estorsione in tutti i casi nei quali l'azi delittuosa è posta in essere non direttamente dal titolare del diritto, ma da soggetti terzi, che perseguono propri fini – di qualsiasi natura – che si sovrappongono a quelli del creditore, ovvero con modalità esecutive che esorbitano dalla esclusiva finalità dell'esercizio della pretesa creditoria, assumendo di per sé il carattere di ingiustizia*.
In questa cornice di riferimento, emerge l'infondatezza dei primi due motivi di ricorso, nonché l'inammissibilità del terzo.
La Corte del merito, confrontandosi con le ragioni di vulnus rilevate dalla sentenza rescindente, ha dato coerente centralità alla non credibilità del narrato della persona offesa, ricavata dalla scelta della stessa di mentire, con sistematicità, rispetto al dato della pregressa conoscenza che aveva dell'imputato e finanche in relazione al credito che questi vantava nei suoi confronti, aspetto puntualmente apprezzato nel giungere alla qualificazione del fatto in termini di esercizio arbitrario (perché la relativa condotta seppur resa con l'ausilio di terzi soggetti dei quali non è stato comprovato un interesse personale diverso da quello perseguito dal Khan, si è detta circoscritta all'esigenza di recuperare il detto credito) in linea con il principio4l diritto messo in luce dalla sentenza di annullamento.
Più che mettere in rilievo le dichiarazioni assunte nel corso del giudizio (i testi COGNOME e COGNOME) si è data centrale importanza alle intercettazioni che hanno messo in luce conversazioni nel corso delle quali la persona offesa non solo non avrebbe negato di conoscere l'imputato ma avrebbe anche confermato l'esistenza della pregressa ragione di debito che li legava (si veda pagina 27, ultimo capoverso).
4.1. Rispetto a tale dato, il ricorso nulla osserva in senso contrario. E ciò malgrado si tratti di aspetti che assumono una valenza assorbente nella relativa valutazione, perché destinati a fungere da chiave di lettura degli altri momenti valutativi apprezzati a sostegno della mendacità del narrato della persona offesa, compreso quello inerente alla inverosimiglianza delle somme in contanti detenute in occasione delle due rapine che, legittimamente, il giudice del rinvio considera diversamente rispetto alle pregresse
valutazioni rese alla luce di un quadro fattuale diverso e più completo, quale quello messo in evidenza dalla decisione gravata.
4.2. Parimenti, con specifico riguardo al capo D), la decisione impugnata attribuisce coerente rilievo alla inconferenza del riferimento operato ai telefonini quali oggetto della
rapina descritta dalla persona offesa: elemento, anche questo, ritenuto di centrale rilevanza dalla sentenza rescindente, rispetto al quale il ricorso non pone temi di criticità
specifici se non un apodittico dissenso quanto alla conclusione logica raggiunta dai giudici del merito facendo leva sul dato in questione, del
• resto apprezzato sull'abbrivio delle indicazioni emergenti dalla sentenza rescindente.
4.3. In questa ottica, l'implicito diniego della rinnovazione istruttoria sollecitata dall'appello trova coerenza nella assenza di centralità decisoria degli argomenti sottesi
all'approfondimento istruttorio rivendicato, non idonei a intaccare gli aspetti in fatto ritenuti essenziali nel valutare la non credibilità della persona offesa e del suo narrato
bensì destinati ad incidere su momenti solo marginali del più ampio e complesso giudizio negativo reso sul punto.
5. L'ultimo motivo di ricorso è inammissibile.
Sotto il versante del rappresentato difetto di motivazione, il ricorrente mira, piuttosto, a mettere in evidenza momenti probatori funzionali ad un giudizio logico valutativo alternativo rispetto a quello privilegiato dalla Corte del merito alla luce delle pregresse ragioni di vizio riscontrate dalla sentenza rescindente.
Il tutto senza destrutturare la conducenza che ne informa il portato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 28/02/2025.