Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23146 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23146 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Barletta il 10/08/1981
avverso la sentenza del 07/03/2024 della Corte di appello di Bari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata; ricorso trattato in forma cartolare ai sensi dell’art. 611, comma 1-bis, cod. proc.
pen.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 07/03/2024 la Corte di appello di Bari confermava la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Trani del 22/01/2020, che aveva condannato NOME COGNOME per i reati di estorsione e lesioni personali in concorso con NOME COGNOME.
L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, affidandolo ad un unico articolato motivo con cui deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 629 e 393 cod. pen., nonché difetto e manifesta illogicità della motivazione. Osserva che la Corte ha errato laddove, pur avendo riconosciuto l’esistenza di un credito sottostante e non avendo evidenziato la sussistenza di un profitto ulteriore perseguito dall’odierno ricorrente, ha ritenuto che i fatti fossero sussumibili nella
fattispecie criminosa di cui all’art. 629 cod. pen., in luogo che in quella di cui all’art. 393 cod. pen. in ragione delle modalità esecutive, ritenute esorbitanti dalla esclusiva finalità dell’esercizio arbitrario di una pretesa creditoria, assumendo tale condotta di per sé il carattere dell’ingiustizia; che, dunque, ha fatto malgoverno dei princìpi di diritto affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità nella sentenza n. 29541 del 16/07/2020, ric. COGNOME, per cui i due reati in discorso si distinguono in ragione del diverso elemento psicologico e non certo per le modalità più o meno intense in cui si estrinseca la minaccia o la violenza; che i giudici di appello hanno errato ancora, laddove hanno ritenuto che si configura il reato di estorsione tutte le volte in cui l’azione delittuosa è posta in essere non direttamente dal titolare del diritto, ma da terzi estranei al rapporto creditorio, sol che si consideri che il reato di cui all’art. 393 cod. pen. è reato proprio non esclusivo, per cui – qualora il terzo agisca nell’esclusivo interesse del creditore, senza pretendere nulla più di quanto dovuto – ne è ammesso il concorso nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone; che, in conclusione, non emergendo dagli atti elementi dai quali poter desumere che il ricorrente ed il correo abbiano agito per soddisfare anche interessi propri o comunque ulteriori, rispetto a quelli del creditore, il fatto deve essere sussunto nella fattispecie di cui all’art. 393 cod. pen.
2.1. In data 24/4/2025 sono pervenuti motivi nuovi con allegata documentazione. In particolare, evidenzia la difesa che successivamente alla presentazione del presente ricorso (avvenuta il 09/07/2024) è intervenuta la sentenza della Corte di appello di Bari del 24/09/2024, irrevocabile in data 07/02/2025, nei confronti dei coimputato NOME COGNOME che ha riqualificato il fatto nell’ipotesi di cui all’art. 393 cod. pen., decisione che è stat allegata ai motivi nuovi; che, dunque, trattandosi di sentenza irrevocabile sopravvenuta alla presentazione del ricorso, ne è ammessa la produzione; che, tuttavia, la stessa non può essere oggetto di valutazione ai sensi dell’art. 238-bis cod. proc. pen., imponendosi l’annullamento con rinvio della pronuncia impugnata al fine di consentire una riconsiderazione nel merito del quadro probatorio, atteso che la verifica delle ragioni del contrasto tra le diverse decisioni in ordine alla ricostruzione della stessa vicenda inerisce ad una valutazione tipica del giudizio di merito.
2.2. In data 18/05/2025 è pervenuta memoria difensiva di replica con conclusioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
1.1. La giurisprudenza di legittimità è ormai consolidata nell’affermare che il criterio distintivo tra il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni c violenza alle persone e quello di estorsione va individuato nell’elemento psicologico, posto che la condotta materiale può essere identica: «nel primo, l’agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione non meramente astratta ed arbitraria, ma ragionevole, anche se in concreto infondata, di esercitare un suo diritto, ovvero di soddisfare personalmente una pretesa che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria; nel secondo, invece, l’agente persegue il conseguimento di un profitto nella piena consapevolezza della sua ingiustizia» (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 02); che, dunque, il criterio di distinzione tra le fattispecie in esame non può essere individuato nel grado di intensità della violenza che caratterizza la condotta, non potendosi ritenere che è integrato il delitto di estorsione (e non quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni) nella condotta minacciosa che si estrinseca con una forza intimidatoria tale da andare al di là di ogni ragionevole intento di far valere un preteso diritto, caratterizzandosi per una gravità che appaia del tutto sproporzionata rispetto al fine perseguito; che, in secondo luogo, il reato di cui all’art. 393 cod. pen. è reato proprio non esclusivo (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 01), con la conseguenza che può essere commesso anche dal terzo che agisca nell’esclusivo interesse del creditore, senza pretendere nulla più di quanto dovuto (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 03).
Osserva, a tale ultimo proposito, il Collegio che il trattamento di favore sancito dall’art. 393 cod. pen. trova la propria ratio e la propria giustificazione di politica criminale nell’elemento psichico manifestato dal reo, di talché è ben possibile che anche un soggetto diverso dal preteso creditore possa rispondere di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone, laddove egli abbia agito immedesimandosi nella posizione di quest’ultimo, ovverosia per ottenere l’esclusiva soddisfazione dell’interesse creditorio, senza ricavare alcuna diversa utilità per sé. In altri termini, se la violenza o minaccia viene eseguita da un soggetto terzo rispetto al rapporto obbligatorio su mandato del preteso creditore, egli può rispondere di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (in concorso con quest’ultimo), solo se lo scopo da lui perseguito coincida esattamente con quello del titolare del preteso diritto, circostanza questa che gli consente di godere del trattamento più benevolo riservato dall’ordinamento al preteso creditore, in quanto ciò che caratterizza il reato è la sostituzione dello strumento di tutela pubblico con quello privato operata dall’agente.
1.2. Nel caso di specie, il giudice di secondo grado ha fatto malgoverno dei princìpi di diritto sopra sintetizzati, avendo ritenuto configurabile il reato d
estorsione in ragione delle modalità esecutive della condotta criminosa, valutate sproporzionate rispetto alle ragioni del credito ed in quanto l’azione delittuosa
sarebbe stata posta in essere non direttamente dal titolare del diritto, ma da terzi estranei al rapporto creditorio.
La sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bari, affinché, adeguandosi ai princìpi di diritto
sopra ribaditi, valuti, sulla base del materiale probatorio in atti, se il ricorrent abbia perseguito un interesse ulteriore rispetto alle ragioni creditorie e, alla luce
di tale criterio di discrimine, provveda a qualificare il fatto di reato.
2. La decisività del primo motivo rende assorbito il motivo nuovo.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bari.
Così deciso in Roma, il giorno 22 maggio 2025.