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Esercizio arbitrario: farsi giustizia da sé è reato

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni a carico di due persone che avevano rimosso una passerella per disabili, sostenendo che si trovasse sulla loro proprietà. La Corte ha stabilito che, indipendentemente dalla titolarità del diritto, nessuno può farsi giustizia da sé, ma deve sempre rivolgersi a un giudice. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile in quanto manifestamente infondato.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esercizio Arbitrario: La Cassazione Conferma che “Farsi Giustizia da Sé” è Reato

Nel nostro ordinamento vige un principio fondamentale: nessuno può farsi giustizia da solo. Anche quando si è convinti di essere nel giusto, è necessario rivolgersi all’autorità giudiziaria. La recente sentenza n. 19099/2024 della Corte di Cassazione ribadisce con forza questo concetto, analizzando un caso di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. La vicenda riguarda la rimozione di una passerella per disabili, un gesto compiuto dai proprietari di un’area che la ritenevano illegittimamente installata. Vediamo come la Suprema Corte ha affrontato la questione.

Il Caso: La Rimozione della Passerella per Disabili

I fatti traggono origine dalla decisione di due persone di rimuovere una passerella per disabili situata all’ingresso di uno stabile. Sostenendo che la struttura fosse stata collocata sulla loro proprietà privata, avevano deciso di agire autonomamente, rimuovendola e depositandola in un magazzino, rendendola di fatto inutilizzabile. Per questa azione, sono stati condannati in primo e secondo grado per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, previsto dall’art. 392 del Codice Penale.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa degli imputati ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi, tra cui:
* Vizi procedurali: Sostenevano un’irregolarità nella notifica del decreto di citazione a giudizio.
* Prescrizione del reato: Affermavano che il reato fosse già estinto per il decorso del tempo.
* Errata valutazione delle prove: Ritenevano che i giudici di merito non avessero considerato correttamente che la passerella era stata installata illecitamente sulla loro proprietà.
* Insussistenza del reato: Argomentavano che il delitto non fosse configurabile, in quanto la loro azione mirava a contrastare un’attività illecita.

L’Analisi della Corte sull’Esercizio Arbitrario

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili tutti i motivi del ricorso, ritenendoli manifestamente infondati. Il punto centrale della decisione riguarda la natura stessa del reato di esercizio arbitrario. I giudici hanno chiarito che, ai fini della configurabilità di questo reato, è del tutto irrilevante che il diritto che si intende far valere esista davvero. Ciò che la norma punisce non è la pretesa in sé, ma il modo in cui si cerca di farla valere. L’essenza del reato consiste proprio nel sostituire la tutela giurisdizionale, l’unica legittima, con un’azione privata e unilaterale.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che, nel momento in cui sorge una contestazione su un diritto, il cittadino ha l’obbligo di rivolgersi al giudice. Agire autonomamente, come nel caso della rimozione della passerella, integra pienamente il reato previsto dall’art. 392 c.p. La violenza sulle cose (la rimozione e il danneggiamento implicito della rampa) è stata lo strumento per esercitare arbitrariamente una pretesa che avrebbe dovuto essere discussa in un’aula di tribunale.
La Corte ha inoltre respinto la richiesta di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), evidenziando come la condotta avesse avuto conseguenze significative, impedendo l’accesso a persone con disabilità e ostacolando l’attività professionale che si svolgeva nell’edificio.

Le Conclusioni

La sentenza conferma un caposaldo del nostro sistema giuridico: lo Stato detiene il monopolio dell’uso della forza e della risoluzione delle controversie. Qualsiasi tentativo di ‘farsi giustizia da sé’ è illegale e costituisce reato. Anche di fronte a un’azione che si ritiene illecita, la via da percorrere è sempre quella legale, attraverso gli strumenti che l’ordinamento mette a disposizione. La decisione della Cassazione serve da monito: la ragione di un diritto non giustifica mai l’arbitrio di un’azione privata.

È possibile farsi giustizia da soli se si è convinti di avere un diritto su una cosa?
No. La sentenza chiarisce che chiunque, pur avendo un diritto da far valere, deve rivolgersi al giudice. Agire autonomamente per ripristinare il proprio presunto diritto integra il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Il reato di esercizio arbitrario sussiste anche se si dimostra che il diritto vantato è legittimo?
Sì. Ai fini della configurabilità del reato è irrilevante che il diritto che si intende tutelare esista concretamente. L’elemento che conta è la modalità antigiuridica con cui si agisce, sostituendo l’intervento del giudice con un’azione privata.

Perché il ricorso degli imputati è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte di Cassazione lo ha ritenuto manifestamente infondato. I motivi presentati erano visti come un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove, compito che non spetta alla Corte di Cassazione, e reiteravano questioni già correttamente risolte nei gradi di giudizio precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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