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Esercizio arbitrario e prescrizione: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. La decisione si basa sull’intervenuta prescrizione del reato, resa possibile da un contrasto giurisprudenziale sulla natura del delitto, se di mera condotta o di evento. Poiché il motivo di ricorso non era manifestamente infondato, la Corte ha potuto dichiarare l’estinzione del reato per decorso del tempo.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esercizio Arbitrario: Quando la Prescrizione Annulla la Condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 12755/2025) offre un’interessante prospettiva sul reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e sulle dinamiche processuali che possono portare all’estinzione del reato per prescrizione. Il caso riguarda un individuo condannato per aver minacciato una persona al fine di ottenere la restituzione di una somma di denaro. La Suprema Corte ha annullato la condanna, non entrando nel merito della colpevolezza, ma dichiarando il reato estinto per il decorso del tempo. La chiave di volta della decisione risiede in un contrasto giurisprudenziale non ancora risolto.

I fatti di causa

L’imputato era stato accusato di aver minacciato una donna con messaggi telefonici per farsi restituire delle somme precedentemente prestate. Inizialmente, gli erano stati contestati due reati: molestie (art. 660 c.p.) ed esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alla persona (art. 393 c.p.).

Il Tribunale di primo grado aveva dichiarato prescritto il reato di molestie, ma aveva condannato l’imputato a due mesi di reclusione per il delitto di esercizio arbitrario. La Corte di Appello aveva successivamente confermato questa decisione.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali: una violazione procedurale e, soprattutto, un’errata applicazione dell’art. 393 c.p. Secondo la difesa, il reato non si era consumato ma era rimasto allo stadio di tentativo, poiché l’imputato non aveva mai ottenuto la restituzione del denaro.

Il contrasto giurisprudenziale sull’esercizio arbitrario

Il fulcro della questione legale risiede nella natura stessa del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Esistono due orientamenti interpretativi contrastanti nella giurisprudenza:

1. Reato di mera condotta: Secondo un primo orientamento, il reato si consuma nel momento stesso in cui viene posta in essere la violenza o la minaccia, a prescindere dal fatto che l’agente riesca o meno a soddisfare la propria pretesa. Ciò che la legge punisce è il “farsi giustizia da sé” in modo antigiuridico, non il conseguimento del risultato.

2. Reato di evento: Un orientamento più recente, invece, qualifica il reato come un “reato di evento”. In questa prospettiva, la consumazione avviene solo quando l’agente ottiene effettivamente ciò che pretendeva. Se la violenza o la minaccia non portano al risultato sperato (ad esempio, la restituzione della somma), il reato sarebbe configurabile solo come tentativo.

Proprio questo contrasto ha reso il motivo di ricorso dell’imputato “non manifestamente infondato”, un dettaglio tecnico di fondamentale importanza.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte non ha risolto il contrasto giurisprudenziale. Tuttavia, ha riconosciuto che l’esistenza stessa di questo dibattito rendeva il ricorso meritevole di considerazione. Secondo un principio consolidato, solo un ricorso palesemente inammissibile o infondato non può impedire il decorso della prescrizione.

Poiché il motivo di ricorso sollevava una questione di diritto legittima e dibattuta, il rapporto processuale si è validamente instaurato. Questo ha permesso alla Corte di esaminare d’ufficio la sussistenza di cause di estinzione del reato. I giudici hanno quindi calcolato il termine massimo di prescrizione per il delitto contestato (sette anni e sei mesi dalla commissione del fatto, avvenuta nel 2017), rilevando che tale termine era scaduto il 1° ottobre 2024.

Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna senza rinvio, dichiarando il reato estinto per intervenuta prescrizione.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine del diritto processuale penale: la prescrizione è una causa di estinzione del reato che deve essere dichiarata in ogni stato e grado del procedimento, a meno che non emerga con evidenza che l’imputato non ha commesso il fatto, che il fatto non sussiste o non costituisce reato. Nel caso di specie, dato che il ricorso era ammissibile, la Corte aveva il dovere di rilevare l’intervenuta prescrizione. L’estinzione del reato ha assorbito ogni altra questione, inclusa quella procedurale sollevata dalla difesa.

Conclusioni

Questa sentenza evidenzia come un contrasto giurisprudenziale possa avere effetti concreti e decisivi sull’esito di un processo penale. Sebbene la questione sulla natura del reato di esercizio arbitrario rimanga aperta, la sua esistenza è stata sufficiente a rendere il ricorso ammissibile e, di conseguenza, a permettere l’applicazione della prescrizione. Ciò dimostra l’importanza di una difesa tecnica attenta a sollevare questioni di diritto pertinenti, poiché queste possono aprire la strada a esiti processuali favorevoli, anche indipendentemente dall’accertamento della responsabilità nel merito.

Cos’è il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni?
È il reato commesso da chi, pur avendo un diritto da far valere, si fa giustizia da sé usando violenza o minaccia anziché rivolgersi a un giudice.

Perché la Cassazione ha annullato la condanna?
La Corte ha annullato la condanna perché il reato si è estinto per prescrizione, ovvero è trascorso il tempo massimo previsto dalla legge per perseguirlo. Ciò è stato possibile perché il motivo del ricorso si basava su un legittimo contrasto giurisprudenziale, rendendolo non manifestamente infondato.

Qual è il contrasto giurisprudenziale discusso nella sentenza?
Il contrasto riguarda la natura del reato di esercizio arbitrario. Un orientamento lo considera un reato di mera condotta (consumato con la sola minaccia), mentre un altro lo ritiene un reato di evento (consumato solo se si ottiene il risultato voluto). Se prevalesse la seconda tesi, in assenza del risultato, si configurerebbe solo un tentativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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