Esercizio Arbitrario delle Proprie Ragioni: Anche Rimuovere Addobbi è Reato
L’esercizio arbitrario delle proprie ragioni è un reato che sanziona chi, pur avendo un diritto da tutelare, decide di farsi giustizia da sé invece di ricorrere all’autorità giudiziaria. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto fondamentale di questo reato: la ‘violenza sulla cosa’ non richiede necessariamente un danno materiale. Analizziamo insieme questo caso emblematico che ha origine da una semplice disputa su degli addobbi natalizi.
Il Caso: Una Disputa Natalizia e l’Esercizio Arbitrario
La vicenda giudiziaria nasce da un gesto apparentemente banale: la rimozione di alcune decorazioni natalizie. Un individuo, ritenendo che gli addobbi posizionati dalla vicina di casa invadessero la sua proprietà, decideva di rimuoverli autonomamente. A seguito di questo gesto, veniva condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di cui all’art. 392 del Codice Penale.
L’imputato ha quindi presentato ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che la sua azione non costituisse ‘violenza sulla cosa’, in quanto non aveva danneggiato materialmente gli ornamenti. A suo dire, si trattava di una semplice riaffermazione del suo diritto di proprietà, priva di quella violenza richiesta dalla norma incriminatrice.
L’Analisi della Corte di Cassazione: la Violenza sulla Cosa
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: per integrare il requisito della violenza sulla cosa, non è necessario che l’oggetto venga distrutto, danneggiato o reso inservibile.
È sufficiente che la condotta dell’agente modifichi arbitrariamente la destinazione della cosa, incidendo sull’interesse della persona offesa a mantenere inalterato lo stato dei luoghi. In altre parole, l’atto di rimuovere gli addobbi, pur senza romperli, ha modificato la situazione esistente per imporre un preteso diritto, integrando così la fattispecie di reato.
L’Inammissibilità del Ricorso per l’Esercizio Arbitrario
Un ulteriore punto toccato dalla Corte riguarda la natura del ricorso. I giudici hanno evidenziato come l’appellante si fosse limitato a riproporre le stesse argomentazioni di merito già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. Il compito della Corte di Cassazione, in sede di legittimità, non è quello di rivalutare i fatti, ma di controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Poiché nel caso di specie non sono emersi vizi logici evidenti, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri. In primo luogo, la nozione giuridica di ‘violenza sulla cosa’. Viene specificato che essa sussiste ogni qualvolta si manifesti un’azione che, pur senza causare danni materiali, altera la destinazione di un bene per esercitare un preteso diritto. Rimuovere gli addobbi ha significato modificare la realtà fattuale per imporre la propria volontà, ledendo l’interesse della controparte alla conservazione dello stato dei luoghi.
In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che le giustificazioni fornite dall’imputato non sono state ritenute credibili. La valutazione delle prove e della credibilità delle parti è una prerogativa dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non può essere oggetto di una nuova discussione in Cassazione, a meno di palesi illogicità, qui non riscontrate. Di conseguenza, la condanna per esercizio arbitrario delle proprie ragioni è stata confermata, con l’aggiunta del pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria per l’inammissibilità del ricorso.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza offre un importante monito: lo Stato di diritto si basa sul monopolio dell’uso della forza e della risoluzione delle controversie da parte dell’autorità giudiziaria. Farsi ‘giustizia da sé’, anche per questioni apparentemente minori come una disputa di confine o il posizionamento di oggetti, può avere conseguenze penali serie. La decisione chiarisce che il confine tra l’esercizio di un proprio diritto e la commissione di un reato è netto: qualsiasi forma di imposizione unilaterale che modifichi lo stato delle cose, anche senza violenza fisica, rientra nell’ambito dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni ed è, pertanto, illecita.
Quando si configura il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni?
Si configura quando una persona, pur potendo rivolgersi a un giudice per far valere un proprio presunto diritto, agisce autonomamente utilizzando violenza sulle cose o sulle persone per ottenere ciò che ritiene gli spetti.
Per commettere ‘violenza sulla cosa’ è necessario danneggiare fisicamente un oggetto?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non è necessario arrecare un danno materiale. È sufficiente che la condotta modifichi la destinazione della cosa o alteri lo stato dei luoghi, incidendo sull’interesse della persona offesa a mantenerlo inalterato.
Cosa succede se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8560 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8560 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ORIA il 08/11/1948
avverso la sentenza del 22/04/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi di ricorso sono generici e riproduttivi delle stesse censure in fatto già adeguatamente valutate, atteso che secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità ai fini della configurabilità del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (art. 392 cod. pen.), sussiste il requisito della violenza sulla cosa nella condotta dell’agente che, pur non arrecando danni materiali, si manifesti come esercizio di un preteso diritto sulla cosa modificandone arbitrariamente la destinazione, in modo da incidere sull’interesse della persona offesa a salvaguardare il mantenimento inalterato dello stato dei luoghi;
rilevato che il ricorrente ripropone le medesime questioni di merito, sollecitandone una diversa valutazione non consentita in sede di legittimità, in difetto di vizi logici evidenti, atteso che le giustificazioni rese dall’imputato non sono state ritenute attendibili circa le ragioni dell’azione violenta posta in essere per rimuovere gli ornamenti natalizi posti sul confine dalla vicina;
ritenuto che dalla inammissibilità del ricorso deriva ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 7 febbraio 2025
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