Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4774 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 4774  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI TRIESTE nel procedimento a carico di:
NOME nato a TRIESTE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/12/2022 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co 8 D.L. n. 137/20
Motivi della decisione
Con sentenza in data 14 dicembre 2022 la Corte d’appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza del GUP che, all’esito di giudizio abbreviato, ha condannato COGNOME NOME per tentata estorsione in danno di COGNOME NOME, ha riqualificato il fatto in esercizio arbitrario delle proprie ragioni e ha ridetermin la pena.
Ricorre per Cassazione il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Trieste deducendo vizio della motivazione.
Sostiene che la Corte d’appello è pervenuta alla diversa qualificazione del fatto sulla base di argomentazioni contraddittorie ritenendo provata la condotta dell’imputato volta al recupero del credito di un terzo soggetto, tale COGNOME NOME, senza nulla sapere dei rapporti intercorsi fra l’asserito debitore e creditore. Lamenta che non è dato comprendere da dove la Corte abbia tratto il convincimento della sussistenza di un previo concerto tra l’imputato e il ritenuto creditore per il recupero del credito vantato. Richiama lh Sezione unite Filardo e rileva che la Corte ha valorizzato come unico dato per ritenere la sussistenza del credito il fatto che nella medesima giornata in cui l’imputato aveva inviato alla persona offesa il messaggio reclamando l’importo di Euro 7.900 C perveniva sul cellulare della vittima la foto della fattura di pari data emessa dall’impres dell ‘Albe di.
Il ricorso è inammissibile.
Il primo giudice ha respinto la richiesta di diversa qualificazione del fatto su presupposto che la tesi del credito altrui era venuta alla luce solamente ad un anno di distanza, in sede di interrogatorio nel luglio del 2020, e ha sottolineato come mai prima di allora l’imputato aveva rappresentato alla persona offesa di avanzare pretese per conto altrui.
Secondo il primo giudice unico dato certo era quello che l’imputato ha richiesto alla persona offesa, attraverso intimidazioni verbali e fisiche, la consegna di una somma di denaro con riferimento alla quale non risultava alcuna legittima pretesa e che l’imputato non aveva alcun diritto di chiedere.
Il secondo giudice si è confrontato con la decisione del giudice per le indagini preliminari e ha ritenuto che la tesi, sostenuta dall’imputato, che si sarebbe trattato di un debito contratto dal COGNOME nei confronti di tale NOME COGNOME p l’esazione del quale lui si sarebbe adoperato, è riscontrate dallo scambio di messaggi intercorse .’ fra l’imputato e il COGNOME che dimostrano come quest’ultimo avesse ben compreso a quale rapporto giuridico l’imputato si riferisse
manifestando il proprio disappunto non tanto sull’an della pretesa bensì sulla intromissione dello COGNOME, giudicata inopportuna. Fatti certi che hanno messo seriamente in discussione la versione offerta dalla parte offesa di non avere avuto alcun rapporto commerciale con l’azienda dell’RAGIONE_SOCIALE.
È stato rilevato che poteva essere criticabile il fatto che non sia stato disposto l’esame dell’COGNOME al fine di chiarire tutti gli aspetti della vicenda. Nondimeno ta omissione processuale non poteva riverberarsi in danno dell’imputato a fronte dei dati accertati in fatto. Ed è stato evidenziato che sulla pretesa creditoria la persona offesa si è mostrata particolarmente evasiva e che comunque da dichiarazioni che la persona offesa non ha voluto verbalizzare, ma che sono riportate dagli operati nell’annotazione del 25 settembre 2019, è emerso che la cifra richiesta si riferiva a un presunto debito maturato nei confronti di un’impresa presso la quale lavorava la figlia del COGNOME e che è risultata essere proprio quella di NOME COGNOME.
Con motivazione coerente e logica, attenendosi ai principi affermati dalle Sezioni unite Filardo, la corte territoriale ha ritenuto accertato l’esistenza di debito del COGNOME nei confronti dell’COGNOME e che l’imputato ha agito al solo fine d far conseguire all’effettivo titolare il soddisfacimento del suo credito. E’ stato particolare sottolineato come dalle risultanze probatorie non è emerso che l’imputato abbia preteso un quid pluris per sé essendo anzi documentalmente provato che è stato reclamato il pagamento di un importo coincidente con quello preteso dall’COGNOME nei confronti del COGNOME. Correttamente è stato, pertanto, qualificato il fatto come esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
A fronte di quanto argomentato dalla sentenza impugnata le censure avanzate dal ricorrente si appalesano del tutto generiche per mancato confronto con le argomentazioni della Corte territoriale e comunque dirette a contestare gli apprezzamenti dei giudici di appello rispetto ai quali si oppongono argomenti di diverso segno valutativo.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Roma, 12/10/2023
Il giudice estensore
NOME COGNOME
La presidente gnna COGNOME