Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23955 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 6 Num. 23955 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato il 07/07/1951 a Copertino avverso la sentenza del 19/12/2024 del Tribunale di Lecce.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procura generale NOME COGNOME che ha concluso per la conversione del ricorso appello, con trasmissione degli atti alla Corte d’Appello di Lecce.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Lecce ha dichiarat NOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 392 cod. pen. (“pe potendosi rivolgere al giudice, si faceva arbitrariamente ragione da sé usa violenza sulle cose, sostituendo le chiavi dell’appartamento di una unità abita
della struttura residenziale-alberghiera RAGIONE_SOCIALE della quale COGNOME NOME aveva diritto di godimento dalla 23a alla 35a settimana l’anno impedendogli di poterla utilizzare”) e lo condannava alla pena di euro tremila di “multa” .
COGNOME, quale amministratore unico della soc. RAGIONE_SOCIALE, che gestiva in comodato il complesso turistico-alberghiero RAGIONE_SOCIALE, aveva prima chiesto vanamente al socio COGNOME il versamento della quota a suo carico delle spese di manutenzione e mantenimento dei servizi della struttura, sostenute dalla soc. RAGIONE_SOCIALE nel periodo 2011-2017, in cui il complesso era stato sottoposto a sequestro preventivo, giusta l’accordo contrattuale stipulato il 23 giugno 2017 fra le due società. Quindi, preso atto della persistente morosità del socio, procedeva alla sostituzione delle chiavi della porta d’ingresso dell’appartamento di cui Cinisi vantava il diritto di godimento nel suindicato periodo di ogni anno.
Riteneva il Tribunale che la condotta materiale consistita nel mutamento di destinazione della cosa, così spogliando il titolare – seppure moroso – del diritto di godimento sulla stessa senza rivolgersi prima al giudice con l’apposita azione civile, integrava gli estremi, oggettivo e soggettivo, del reato contestato.
2. Il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione avverso la citata sentenza e ne ha chiesto l’annullamento, censurandone la violazione di legge (artt. 392 cod. pen. e 1460 cod. civ.) e il vizio di motivazione, quantomeno per il profilo del dolo dell’agente. E ciò per effetto, non solo della pretermissione delle dichiarazioni dei testi a discarico COGNOME e COGNOME, ma anche e soprattutto dell’omessa considerazione della previsione pattizia stabilita dall’art. 10.6 del Regolamento recante le Istruzioni per l’uso turnario delle RTA, approvato dall’assemblea dei soci con delibera del 7 dicembre 2006, per la quale “ai soci turnisti non in regola con il pagamento delle spese può essere inibito l’esercizio dei diritti di godimento sull’unità abitativa assegnata, fino alla data di effettuazione del pagamento medesimo”. Sicché era legittimo l’immediato ricorso dell’amministrazione del complesso turistico al concordato strumento di autotutela contrattuale racchiuso nel principio “inadimplenti non est adimplendum”, pure in assenza di un preventivo accertamento giudiziale della già riscontrata morosità del socio.
Quanto al trattamento sanzionatorio, il ricorrente ha evidenziato la discrasia fra la sanzione indicata in dispositivo ammenda rispetto a quella indicata in motivazione multa -, peraltro illegalmente fissata in misura eccedente il limite edittale massimo (“multa fino a euro 516”).
Con memoria in data 9 maggio 2025, il difensore ha rappresentato di condividere le conclusioni del Procuratore Generale in merito alla conversione del ricorso in appello, salvo annullamento.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRMO
Ritiene il Collegio che sia logicamente preliminare stabilire se la sentenza qui impugnata dal difensore dell’imputato con ricorso per cassazione sia ascrivibile al novero delle sentenze appellabili.
Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose ex art. 392 cod. pen. è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 516.
Ne consegue che, nonostante la palese erroneità dell’indicazione della pena dell’ammenda nel dispositivo della impugnata sentenza di primo grado – peraltro corretta in multa nella motivazione -, questa era di regola appellabile (Sez. 3, ord. n. 53430 del 22/11/2017, COGNOME, Rv. 272678; Sez. 4, ord. n. 3622 del 14/01/2016, COGNOME, Rv. 266225; Sez. 4, ord. n. 34253 del 01/07/2014, COGNOME, Rv. 259773; Sez. 2, ord. n. 10252 del 21/02/2013, COGNOME, Rv. 255546; Sez. 3, ord. n. 12673 del 07/03/2006, Caserta, Rv. 234594). Invero, l’inappellabilità stabilita dall’art. 593, comma 3, cod. proc. pen., come novellato dall’alt 2, comma 1, lett. a), d.lgs. 6 tebbraio 2018, n. 11, riguarda le sentenze di condanna con le quali sia stata applicata «legalmente» la sola pena dell’ammenda e non anche quelle in cui detta pena sia stata irrogata «illegalmente», perché in tal caso si priverebbe illegittimamente il condannato del diritto di accesso a un ulteriore grado di giurisdizione di merito.
Orbene, l’odierno ricorso immediato per cassazione del difensore dell’imputato, pure astrattamente consentito, non era tuttavia proponibile per saltum, siccome recante tra i motivi (ai nn. 2-3-5) le specifiche censure di merito di cui all’art. 606, comma 1, lett. d) e lett. e), cod. proc. pen. Sicché esso va convertito in appello ai sensi dell’art. 569, comma 3, cod. proc. pen. (cfr., da ultimo, Sez. 4, n. 1189 del 10/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274834).
P.Q.M.
Qualificato il ricorso come appello ai sensi dell’art. 569, comma 3, cod. proc.
pen., dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Lecce per il giudizio.
Così deciso il 14/05/2025