Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35690 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35690 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1.NOME, nata a Messina il DATA_NASCITA
2.NOME, nato a Messina il DATA_NASCITA
3.COGNOME NOME, nata a SAPONARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/01/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; udito l’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia di parte civile COGNOME NOME, e, per essa degli eredi COGNOME NOME e COGNOME NOME, che ha insistito per la conferma della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Messina, riqualificati i fatti ai sensi dell’art. 392 co pen., ha rideterminato la pena inflitta a NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in mesi quattro di reclusione ciascuno e ha confermato la condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile, NOME COGNOME, da liquidarsi in separata sede.
Con i comuni motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., gli imputati chiedono l’annullamento della sentenza impugnata e denunciano:
2.1. violazione di legge (artt. 420-ter, 478, 486, 498, 191 e 199 cod. proc. pen.). Osservano i ricorrenti che, confidando nel rinvio dell’udienza a seguito di richiesta di rinvio per legittimo impedimento dell’imputato NOME COGNOME, il difensore di fiducia degli imputati (l’AVV_NOTAIO COGNOME) non si era presentato all’udienza del 4 ottobre 2021, che si era tenuta in presenza di un difensore di ufficio al quale era stato concesso un termine a difesa ad horas per lo studio degli atti, essendo, invece, indispensabile la presenza del difensore di fiducia per orientare l’istruttoria dibattimentale tenuto conto del rapporto di parentela dei testi escussi sia con gli imputati che con il difensore della parte civile (NOME COGNOME), in altro processo ancora pendente. Da tale modalità di escussione discende la inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dai testi o perché parenti degl attuali imputati o perché parenti della parte civile COGNOME o di altra parte civile (NOME COGNOME) in separato processo;
2.2. violazione di legge per omessa notifica presso il difensore di fiducia, AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, ove erano elettivamente domiciliati, del decreto di citazione nel giudizio di appello degli imputati NOME COGNOME e NOME COGNOME; al difensore, infatti, era stato notificato solo il decreto di NOME COGNOME;
2.3. violazione di legge (art. 121 cod. proc. pen.) per il mancato esame dei motivi aggiunti presentati con memoria del 22 novembre 2023 e, quindi, nel rispetto del termine di giorni quindici per la proposizione dei motivi aggiunti;
2.4. violazione di legge (art. 392 cod. pen.) per la ritenuta sussistenza del reato essendo state poste a fondamento del giudizio di responsabilità degli imputati le dichiarazioni della parte civile e di testi legati da rapporti di parente con la parte civile NOME COGNOME ovvero con la parte civile di altro procedimento (NOME COGNOME). Non è stata valutata distintamente la posizione dei tre imputati, oggetto di esame cumulativo, e non sono state valorizzate le dichiarazioni del teste COGNOME, l’installatore dell’automazione di uno dei cancelli, che aveva approntato i doppioni delle chiavi e del telecomando da consegnare al COGNOME;
2.5. violazione di legge (art. 124 cod. proc. pen.), per tardività della querela proposta da NOME COGNOME;
2.6. erronea applicazione della legge penale (art. 392 cod. pen.) per insussistenza della violenza, che non può essere individuata nella mera condotta di apposizione di cancelli e lucchetti, non essendo mutata la destinazione della cosa. Plurime sentenze, anche della Corte di Cassazione, e decisioni di
archiviazione hanno escluso la configurabilità di reati in situazioni simili, pure ascritte agli odierni ricorrenti;
2.7. violazione di legge (art. 131-bis cod. pen.) per il rigetto della richiest di declaratoria di tenuità del fatto in relazione alle imputate NOME COGNOME e NOME COGNOME. Il giudizio di abitualità della condotta è smentito dal duplice rilievo che solo NOME COGNOME aveva intentato azioni civili a difesa del possesso e che la posizione delle ricorrenti è stata accomunata in precedenti vicende penali dalle quali erano state, invece, assolte.
3.In data 6 giugno 2024 il difensore dei ricorrenti, AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, ha trasmesso alla Corte, in vista della trattazione dell’odierna udienza, il certificato di morte di NOME COGNOME, chiedendo: “di dichiarare la estinzione del reato per remissione tacita di querela nel caso in cui gli eredi non avessero conferito specifico mandato per insistere nella querela”; l’esclusione della parte civile, nel caso in cui non dovesse risultare il riferimento specifico ai fatti reato all’interesse a rinnovare la costituzione; di dichiarare la improcedibilità del reato per violazione del divieto di secondo giudizio, con riferimento alla sentenza della Corte di cassazione del 19 gennaio 2022 e, infine, per l’annullamento senza rinvio, o con rinvio della sentenza impugnata, per insussistenza del reato o per la tenuità del fatto.
4.In data 18 giugno 2024 sono pervenute le conclusioni scritte della parte civile con nomina, procura speciale e elezione di domicilio degli eredi di COGNOME NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, che hanno nominato difensore di fiducia l’AVV_NOTAIO.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME sono inammissibili perché proposti per motivi generici e manifestamente infondati.
Sulla base delle prove dichiarative acquisite in dibattimento e della documentazione prodotta, la Corte di appello ha ritenuto accertato che gli imputati, comproprietari dei terreni, avevano dapprima apposto un lucchetto ad un preesistente cancello, impedendo l’accesso ad un’area di cui NOME COGNOME era comproprietario e in cui era ubicata anche la chiesa di famiglia, e, successivamente, avevano apposto bracci motorizzati ad altro cancello, impedendogli l’accesso al terreno di sua proprietà, condotte accertate 1’8 maggio e il 6 agosto 2018. La parte civile, che aveva prodotto documentazione relativa all’annosa vicenda civilistica che la oppone a NOME COGNOME e ai genitori NOME COGNOME e NOME COGNOME in merito all’uso della strada che gli consente l’accesso
ai terreni e immobili di proprietà, ha negato, altresì, di avere ricevuto le chiavi de lucchetto o del cancello motorizzato, fatti per i quali aveva sporto querela in data 8 agosto 2018.
2.E’ manifestamente infondato il motivo di ricorso con il quale, nell’interesse dei ricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME, il difensore denuncia violazione di legge per omessa notifica agli imputati del decreto di citazione al giudizio di appello.
Effettivamente non vi è in atti un “autonomo” decreto di fissazione dell’udienza, spedito all’AVV_NOTAIO, presso il quale NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano eletto domicilio in vista della trattazione del giudizio di appello. Ma si tratta di carenza irrilevante posto che, invece, è presente agli atti il decreto, notificato a mezzo EMAIL, al predetto difensore in qualità d domiciliatario, nel quale è indicato il numero del processo e l’indicazione che la notifica viene effettuata quale domiciliatario di NOME + NOME: specificazione adeguata e sufficiente a dar conto della trattazione del giudizio di appello e vieppiù chiara, tenuto conto che unica e comune era anche la dichiarazione di domicilio effettuata da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il contenuto cumulativo del decreto (con riferimento alla posizione di NOME + 2) e le modalità di notifica del decreto, eseguita a mezzo PEC al comune difensore e domiciliatario, non hanno pregiudicato il diritto di difesa poiché la indicazione del numero del procedimento consentiva alle parti e al difensore stesso di individuare il processo al quale era riferita l’udienza di trattazione.
3.Anche il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Le deduzioni difensive sono poste sotto due profili: da un lato, quello della violazione del diritto di difesa poiché all’udienza non sarebbe stato presente il difensore di fiducia in grado di orientare l’acquisizione della prova e, dall’altr sotto il profilo della incapacità a testimoniare delle persone escusse, in forza dei loro rapporti di parentela con gli imputati e con la parte civile, di questo o di alt processo.
Sotto il primo profilo, la presenza del difensore di ufficio, che ha chiesto e ottenuto termine per l’esame degli atti, non presta il fianco a rilievo alcuno.
Correttamente il Tribunale, rigettata la richiesta di rinvio per legittimo impedimento dell’imputato, della cui legittimità non si è discusso né si discute, ha nominato difensore di ufficio, non essendo stata giustificata la mancata presenza in udienza del difensore di fiducia.
La presenza del difensore di ufficio in udienza è idonea ad assicurare l’effettivo esercizio del diritto di difesa, in funzione del quale sono previsti i diritti
difensore di ufficio (la richiesta di termine a difesa; la possibilità di sospension dell’esame dei testi, quando necessario per la consultazione di atti): diritti che sono stati esercitati, la richiesta di termine a difesa, o erano esercitabili d difensore di ufficio e che, comunque, non sono stati compressi nella concreta dinamica ed evoluzione del dibattimento di primo grado.
Né merita miglior sorte del giudizio di manifesta infondatezza yl’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dai testi, che non è prevista dal codice di ri / che reca disposizioni con le quali vengono poste limitazioni solo con riferimento ai rapporti familiari con l’imputato, nel senso che è sufficiente che il giudice dia avviso alle persone da escutere delle facoltà di astensione.
Qui è sufficiente rilevare che neppure la violazione delle regole per l’esame dibattimentale del testimone dà luogo alla sanzione di inutilizzabilità, poiché non si tratta di prova assunta in violazione di divieti posti dalla legge, bensì di prov assunta con modalità diverse da quelle prescritte; né tale modalità determina una ipotesi di nullità, atteso il principio di tassatività vigente in materia e posto l’inosservanza delle norme indicate non è riconducibile ad alcuna delle previsioni delineate dall’art. 178 cod. proc. pen. (cfr. Sez. 1, n. 32851 del 06/05/2008, Rv. 241227).
4.Anche il quarto motivo di ricorso, collegato al precedente, è manifestamente infondato.
Va ricordato che in tema di valutazione della prova testimoniale, non essendo necessari elementi di riscontro esterni, il giudice deve limitarsi a verificar l’intrinseca attendibilità della testimonianza – avuto riguardo alla logicità, coerenza ed analiticità della deposizione nonchè all’assenza di contraddizioni con altre deposizioni testimoniali o con elementi accertati con i caratteri della certezza sulla base della presunzione che, fino a prova contraria, il teste, ove sia in posizione di terzietà rispetto alle parti, riferisce di solito fatti obiettivamente (principio di affidabilità) e mente solo in presenza di un sufficiente interesse a farlo (principio di normalità), specialmente nel caso in cui dalla veridicità del dichiarato possano scaturire conseguenze pregiudizievoli per sé o per altri (principio di responsabilità) (Sez. 6, n. 3041 del 03/10/2017, Giro, Rv. 272152).
La mera esistenza di un interesse della parte civile, NOME COGNOME, e i convergenti interessi dei testi escussi con quelli della parte civile (vuoi perché legati da rapporti di parentela con questi o con la parte civile di altro processo, NOME COGNOME), non è di per sé stessa sufficiente ad inferirne il giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni (o la incapacità a testimoniare).
Ciò che rileva, in un contesto probatorio caratterizzato dalla contrapposizione o contrasto di interessi tra l’imputato e i testi, è che il giudice compia un
ponderata valutazione di tali situazioni e che, con adeguata motivazione, dia conto delle risultanze di tale valutazione.
La Corte di appello ha compiuto tale doverosa verifica, anche alla stregua della documentazione prodotta, e deve escludersi, altresì, che sia pervenuta al giudizio di colpevolezza di NOME sol perché “figlia” degli altri imputati.
La Corte territoriale, infatti, ha ritenuto accertato che la predetta comproprietaria dei terreni sui quali persistono le strade interessate dai cancelli e ha valorizzato, inoltre, a suo carico le dichiarazioni di terzo estraneo (in particolare NOME COGNOME), che ne ha descritto il concreto interessamento nel commissionargli sia i lavori di automatizzazione di uno dei cancelli che l’approntamento delle chiavi e che ha escluso, altresì, di essere stato incaricato della consegna delle predette chiavi a persone diverse dagli imputati.
Risulta, inoltre, documentalmente provato che a NOME COGNOME appartiene la casella di posta utilizzata per notificare al solo NOME COGNOME intervenut automatizzazione del cancello, con la messa a disposizione della chiave.
La situazione di fatto accertata – la chiusura con un lucchetto del primo cancello; l’automatizzazione del secondo – è indubbiamente riconducibile alla decisione dei proprietari dei terreni sui quali insistono le strade che assicurano l’ingresso ai terreni o immobili di proprietà di NOME COGNOME: non è seriamente prospettabile l’ipotesi che altri possano avere effettuato tali chiusure, vieppiù perché non risulta agli atti che vi sia stata risposta al telegramma che il 10 maggio 2018 NOME COGNOME si era premurato di inviare a NOME, diffidandola dal rimuovere il lucchetto (e il cancello, per il quale è in corso alt processo).
5.Manifestamente infondato è il sesto motivo di ricorso, anche con riferimento alla violazione del divieto di bis in idem motivo riproposto anche con la memoria del 6 giugno 2024 – in relazione alla sentenza di questa Corte del 19 gennaio 2022 o a precedenti provvedimenti di archiviazione.
La sentenza del 19 gennaio 2022 ha annullato senza rinvio una precedente condanna a carico di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in relazione al reato di cui all’art. 392 cod. pen., in danno di NOME COGNOME.
Osserva la Corte che plurimi sono gli elementi di valutazione che incidono sulla struttura del reato di cui all’art. 392 cod. pen. a partire dalla situazione fatto o di diritto – alla quale è collegata la condotta.
Tale fattispecie presuppone, infatti, una pluralità di requisiti preesistenti ( cc.dd. presupposti) rispetto alla condotta materiale del reato, quali: “il preteso diritto”, id est il preteso diritto degli imputati all’uso esclusivo delle strade che insistono sui terreni di proprietà; la possibilità di ricorrere al giudice, azionando
sede legale una domanda per la tutela di tale preteso diritto, diritto che, nel caso che ci occupa, è stato esercitato dagli imputati mediante violenza sulla cosa, ovvero attraverso il mutamento della destinazione della res, contestato dalla parte civile, NOME COGNOME.
Anche la nozione di violenza, descritta al comma secondo dell’art. 392 cod. pen., va correlata – e si realizza- attraverso il risultato della condotta dell’agent sulla res.
La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, precisato che, in tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, la violenza sulle cose può consistere anche in un mutamento di destinazione d’uso del bene, che non determini danni materiali, purché l’intervento modificativo abbia concreta incidenza sull’interesse della persona offesa a mantenere inalterato lo stato dei luoghi, ostacolando in misura apprezzabile l’esercizio del suo diritto (Sez. 6, n. 35876 del 20/06/2019, Costantino, Rv. 276479). Tale mutamento si è ritenuto sussistente, ad esempio, nel caso in cui il locatore chiuda la porta di accesso ad autorimessa usata in comune con il conduttore, cosi da impedire a questi l’uso della cosa locata, concretando tale azione una immutazione della specifica destinazione che la cosa ha ai fini della particolare utilizzazione cui la hanno destinata le part contraenti.
E’, giustappunto, ciò che si è verificato nel caso in esame poiché, con la chiusura dei cancelli, realizzata mediante l’apposizione di una serratura (al primo cancello) e di bracci meccanici al cancello preesistente (nel secondo caso), cancello che non poteva essere utilizzato se non in possesso del relativo telecomando, si è in presenza di condotte idonee a realizzare lo scopo degli imputati che, pur potendo adire il giudice per vedere affermato il loro diritto all’uso esclusivo della strada, ne hanno immutato la destinazione attraverso la chiusura dei cancelli e, così, escludendo dalla fruizione del diritto di passaggio la parte civile NOME COGNOME.
Ben altra, in danno di altra parte civile – NOME COGNOME– la situazione posta a fondamento del precedente di questa Corte del 19 gennaio 2022, in cui si era accertato che “quasi contestualmente alla installazione del cancello” erano state consegnate alla persona offesa le chiavi dello stesso, con conseguente esclusione della illiceità penale del fatto non essendo stato ostacolato in maniera significativa l’esercizio del diritto di passaggio della persona offesa.
La dimensione storico-fattuale della condotta per cui si procede – così come accertata attraverso la deposizione del COGNOME e degli altri testi escussi – esclude che sia prospettabile la violazione del divieto di bis in idem, vieppiù non verificabile con riferimento ad altre situazioni oggetto dei provvedimenti di archiviazione: posto che i terreni sono gravati da più cancelli isicchè non è dato comprendere se
quello “chiuso” in danno di NOME COGNOME, con condotta risalente al 2014, sia lo stesso di quelli per i quali si procede, è, infatti, certamente diversa la persona offesa i cui diritti di passaggio sono stati violati con le condotte di cui si discute
6.E’ manifestamente infondato il motivo con il quale i ricorrenti denunciano violazione di legge per il mancato esame delle deduzioni difensive proposte con la memoria del 22 novembre 2023 in quanto espressamente esaminate dalla Corte nella parte in cui veniva eccepita la violazione del divieto di bis in idem e proposta la richiesta di applicazione della causa di non punibilità del fatto, ai sensi dell’ar 131-bis cod. pen.
7.1 ricorsi, sul diniego di applicazione della causa di non punibilità, sono manifestamente infondati e correttamente, in fatto, è stata rilevata la reiterazione delle condotte illecite in relazione alla pluralità dei fatti per i quali si procede, an con riferimento a NOME COGNOME e NOME COGNOME, a prescindere dal loro mancato coinvolgimento o intervenuta assoluzione in altre vicende. Del resto, con apprezzamento di merito non sindacabile in questa sede, la valutazione della Corte di appello riconduce i fatti non a precedenti condanne, ma alle condotte che, anche in sede civile, il COGNOME e gli altri comproprietari dei fondi dominanti hanno dovuto intraprendere per vedere riconosciuti i loro diritti di passaggio.
8.Vanno, infine, esaminate le deduzioni difensive che, sotto molteplici aspetti, contestano il rapporto civilistico a partire dalla tempestività della querela, oggetto di un motivo non solo generico e assertivo ma anche manifestamente infondato poichè è stata acquisita copia della querela proposta da NOME COGNOME in data 8 agosto 2015, dalla quale risulta che il cancello (per il quale era già pendente altro processo penale) era stato sempre rigorosamente mantenuto aperto e veniva chiuso solo a partire dall’8 maggio 2018 e mai più aperto, nonostante le intimazioni inviate, con telegramma del 10 maggio 2018, a NOME COGNOME. Il 6 agosto, infine, il COGNOME aveva constatato la chiusura dell’altro cancello (quella realizzata con l’installazione dei bracci meccanizzati a cura del COGNOME).
La querela deve ritenersi tempestiva alla luce del contenuto del telegramma diretto ad accertare la riferibilità della chiusura, riscontrata in fatto, alla decis di NOME e dei genitori, odierni imputati, anziché ad iniziative di altr interessati al passaggio. Questa Corte ha affermato il principio, applicabile alla fattispecie in esame, secondo cui il termine per la presentazione della querela decorre dal momento in cui il titolare ha conoscenza certa, sulla base di elementi seri e concreti, del fatto-reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva (Sez. 2, n. 37584 del 05/07/2019, COGNOME, Rv. 277081).
Il decesso della parte civile non determina alcuna remissione tacita di querela, come erroneamente prospettato dai ricorrenti.
Alla morte della persona costituita parte civile non conseguono gli effetti della revoca tacita né quelli interruttivi del rapporto processuale previsti dall’art. 30 cod. proc. civ. – inapplicabili al processo penale – in quanto la costituzione resta valida “ex tunc”. Né, in virtù del principio dell’immanenza della parte civile, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, possono integrare comportamento equivalente a revoca tacita o presunta la mancata comparizione in appello degli eredi del defunto titolare del diritto o la loro assoluta inerzia, atteso che l’art. comma secondo, cod. proc. pen., limita i casi di revoca presunta o tacita della costituzione di parte civile alle sole ipotesi di omessa presentazione delle conclusioni nel corso della discussione in fase di dibattimento di primo grado (Sez. 4, n. 39506 del 15/07/2016, COGNOME, Rv. 267904). La costituzione, pertanto, resta valida e l’erede del defunto può intervenire nel processo senza effettuare una nuova costituzione ma semplicemente dimostrando la propria qualità di erede e subentrando nella posizione della parte civile per qualsiasi rapporto processuale posto in capo alla stessa.
La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, precisato che l’erede succede anche nei rapporti contrattuali intercorrenti con il difensore, il quale diventa automaticamente patrono della parte civile subentrata ed è legittimato a depositare le conclusioni (Sez. 3, n. 17054 del 13/12/2018, M, Rv. 275904).
E’ quanto si è verificato nella fattispecie in esame, in cui gli eredi della part offesa, già costituita parte civile, si sono costituiti in giudizio con il patrocin difensore di fiducia, insistendo nella costituzione di parte civile in relazione a processo per il quale era precisamente individuata la persona degli imputati e la causa petendi, correlata alla illiceità della condotta di spoliazione del diritto all’us della strada, fin dal giudizio di primo grado.
Ne consegue la manifesta infondatezza del quinto motivo di ricorso e delle eccezioni prospettate con la memoria del 6 giugno 2024.
9.Segue alla dichiarazione di inammissibilità la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma, determinata come in dispositivo, a favore della Cassa delle ammende.
I ricorrenti devono, inoltre, essere condannati alla rifusione delle spese del presente grado in favore della parte civile, RAGIONE_SOCIALE, liquidate, secondo i parametri di cui al decreto n. 55 del 2014 e ss. modifiche, come in dispositivo tenuto conto della tipologia di attività processuali dispiegate nella presente fase.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE NOME, che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 21 giugno 2024
La Consigliera relatrice
Il Presidente