Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33855 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33855 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a Salerno il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Napoli il 28/03/2023;
visti gli atti ed esaminato il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
udito il AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha conclu chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udito l’AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, difensore dell’imputato, che ha concluso insistendo per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza con cui NOME è stato condannato per il reato previsto dall’art. 348 cod. pen.
All’imputato si contesta di avere abusivamente esercitato la professione di avvocato senza essere in possesso del titolo abilitativo in quanto cancellato dal 1.7.2014 dall’alb dei praticanti avvocati; l’imputato avrebbe autenticato la firma di NOME Benincasaapposta in calce alla querela depositata il 27.1.2016 presso la Procura della Repubblica di Avellino.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato articolando due motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione dell’art. 8 cod. proc. pen., quanto al competenza territoriale.
La condotta di autenticazione sarebbe avvenuta a Salerno e dunque il processo si sarebbe dovuto celebrare a Salerno.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la mancata assunzione di una prova decisiva, cioè una perizia calligrafica volta a dimostrare che l’imputato non avesse autenticato la querela.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Non è in contestazione che all’imputato si eertrsti solo la illegittima autenticazio a Salerno della firma apposta su un atto di querela.
Rispetto a tale quadro di riferimento la sentenza impugnata è gravemente viziata.
Secondo la Corte di appello sussisterebbe la competenza territoriale di Avellino perché la condotta contestata “risulta consistere … anche nel deposito presso la Procura della Repubblica di Avellino di un atto di querela recante la sottoscrizione del querelant autenticata dall’imputato” (così testualmente la Corte a pag. 2 della sentenza impugnata).
Si tratta di un’affermazione non condivisibile per due motivi.
Il primo è che, diversamente dagli assunti della Corte, la imputazione non contiene nessun riferimento al deposito della querela da parte dell’imputato.
Dunque, una indebita estensione del perimetro dell’accusa.
Il secondo motivo è che, ove pure si volesse ragionare con la Corte, nondimeno l’affermazione sarebbe errata.
Ai sensi dell’art. 337, comma 1, cod. proc. pen., la querela recante sottoscrizione autentica «può essere anche recapitata da un incaricato o spedita per posta in piego raccomandato». Per giurisprudenza consolidata la querela sottoscritta con firma autenticata dal difensore non richiede ulteriori formalità per la presentazione da part di soggetto diverso dal proponente, pur se privo di delega scritta (Sez. U, n. 26268 del 28/03/2013, Cavalli, Rv, 255583).
Dunque, anche se fosse stato contestato il deposito, nondimeno l’atto abusivo sarebbe stato solo quello della autenticazione.
Chiarito ciò, la sentenza deve essere comunque annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
A
3.1. Secondo le Sezioni unite, concreta esercizio abusivo di una professione, punibile a norma dell’art. 348 cod. pen., non solo il compimento senza titolo, anche se posto in essere occasionalmente e gratuitamente, di atti da ritenere attribuiti in via esclusiva una determinata professione, ma anche il compimento senza titolo di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva, siano univocamente individuati come di competenza specifica di una data professione, allorché lo stesso compimento venga realizzato con modalità tali, per continuatività, onerosità e (almeno minimale organizzazione, da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettiv apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato (Sez. U, n. 11545 del 15/12/2011- dep. 2012-Cani, Rv. 251820).
3.2. Nel caso di specie, all’imputato, si contesta, come detto, solo un atto abusivo una sola autenticazione di una sola firma di un querelante.
Si tratta tuttavia di un atto non esclusivo; ai sensi infatti dell’art. 39 disp. a proc. pen. l’autenticazione della sottoscrizione degli atti per i quali è prev l’autenticazione può essere effettuata oltre dal funzionario di cancelleria, dal notaio, difensore, dal sindaco, da un funzionario delegato dal sindaco, dal segretario comunale, dal giudice di pace, dal presidente del consiglio dell’ordine o da un consigliere da delegato.
Dunque un solo atto, non esclusivo.
Si tratta inoltre di un’attività non esclusiva e posta in essere una sola volta e modalità tali da non rivelare né una sua continuità e neppure l’esistenza di una minima organizzazione idonea a creare un’apparenza di un’attività professionale svolta da soggetto non abilitato.
Una condotta non sussumibile nella fattispecie contestata.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. Così deciso in Roma, 1’8 maggio 2024.