Esercizio Abusivo della Professione: la Cassazione Conferma la Condanna
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un caso di esercizio abusivo della professione medica, offrendo spunti cruciali sia sul piano del diritto sostanziale che su quello procedurale, specialmente in relazione alle norme emergenziali. Un soggetto, privo di laurea in medicina, è stato condannato per aver praticato sedute di agopuntura. Il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito e consolidando importanti principi giuridici.
I Fatti: Agopuntura Senza Titolo e la Scoperta Fortuita
Il caso ha origine dalla denuncia di una persona che si era sottoposta a diversi trattamenti di agopuntura, credendo di essere assistita da un medico qualificato. La verità è emersa solo in un secondo momento, quando la compagnia di assicurazione della vittima ha negato il rimborso delle spese sanitarie. La motivazione del diniego era inequivocabile: il professionista che aveva eseguito le prestazioni non era un medico laureato.
Questo ha portato alla luce l’attività illecita dell’imputato, che è stato condannato nei primi due gradi di giudizio per aver esercitato abusivamente una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato. La condanna includeva anche il risarcimento dei danni, sia economici che non, in favore della parte offesa.
I Motivi del Ricorso: Procedura e Danni contestati
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Vizio procedurale: Lamentava che l’avviso di citazione per il giudizio d’appello non specificava che l’udienza si sarebbe svolta con rito camerale non partecipato, ovvero con trattazione scritta, come previsto dalle norme anti-Covid.
2. Quantificazione del danno: Contestava la liquidazione del danno a favore della parte civile, ritenendola una mera riproduzione di argomenti già confutati.
3. Inattendibilità della vittima: Metteva in discussione la veridicità delle dichiarazioni della persona offesa, ritenendole non sufficientemente provate.
Esercizio abusivo professione: L’analisi della Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato e respinto tutti i motivi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
La questione procedurale del rito camerale
Sul primo punto, la Corte ha richiamato la sua giurisprudenza consolidata (in particolare la sentenza n. 14728 del 2022), affermando che l’omesso avvertimento circa la celebrazione del giudizio con rito cartolare non costituisce causa di nullità. Tale requisito, infatti, non è previsto dall’articolo 601, comma 6, del codice di procedura penale. La procedura seguita era, pertanto, pienamente legittima.
La contestazione sui danni e sulla credibilità della vittima
Per quanto riguarda il secondo e il terzo motivo, la Cassazione li ha giudicati inammissibili perché meramente reiterativi di censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. I giudici di secondo grado avevano già fornito una motivazione logica e coerente sia sulla consistenza dei danni subiti dalla vittima (compresi quelli economici per le prestazioni pagate a un soggetto non qualificato), sia sugli elementi che provavano la piena attendibilità delle sue dichiarazioni.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte si fonda sul principio di autosufficienza del ricorso e sulla non sindacabilità nel merito delle valutazioni operate dai giudici dei gradi precedenti, se adeguatamente motivate. La Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. In questo caso, i motivi del ricorso si traducevano in una richiesta di rivalutazione del merito, inammissibile in sede di legittimità. La reiterazione di argomenti già respinti, senza l’individuazione di specifici vizi di legittimità nella sentenza impugnata, porta inevitabilmente alla declaratoria di inammissibilità.
Conclusioni: Le Implicazioni della Sentenza
L’ordinanza consolida due importanti principi. In primo luogo, ribadisce la validità delle procedure d’appello svolte con trattazione scritta durante il periodo pandemico, anche in assenza di un avviso specifico nel decreto di citazione. In secondo luogo, sottolinea che il ricorso per cassazione non può essere una terza istanza di giudizio sul fatto. La condanna per esercizio abusivo della professione e per il conseguente risarcimento del danno viene così definitivamente confermata, insieme alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, a testimonianza della manifesta infondatezza della sua impugnazione.
L’omessa indicazione della trattazione scritta nell’avviso di udienza causa la nullità del procedimento?
No, la Corte di Cassazione, richiamando la giurisprudenza consolidata, ha stabilito che l’omissione dell’avvertimento sulla celebrazione del giudizio con rito camerale non partecipato (trattazione scritta), secondo la normativa emergenziale, non è una causa di nullità del decreto di citazione in appello.
È possibile riproporre in Cassazione le stesse censure già respinte dalla Corte d’Appello?
No, il ricorso viene dichiarato inammissibile se si limita a riproporre le medesime argomentazioni già esaminate e respinte con motivazioni corrette e logiche dal giudice precedente. Il ricorso in Cassazione deve sollevare questioni di legittimità e non può essere un semplice tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione palesemente infondata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21203 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21203 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SAN SEVERO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/11/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di Rione Vincenzo;
OSSERVA
Ritenuto che il primo motivo con cui si deduce la mancanza, nell’avviso della citazione in appello, della precisazione che si dovesse procedere con udienza a trattazione scritta senza la presenza dell’imputato è manifestamente infondato, tenuto conto della ormai solida giurisprudenza secondo cui «in tema di disciplina processuale pandernica da Covid-19, non è causa di nullità del decreto di citazione l’omesso avvertimento all’imputato della celebrazione d giudizio con rito camerale non partecipato ai sensi dell’art. 23-bis del d.l. 28 ottobre 2020 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, in quanto requisit non richiamato dall’art. 601, comma 6, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 14728 del 31/03/2022, Perciballi, Rv. 283179);
rilevato che, quanto al secondo motivo con cui si censura la parte della decisione che attiene alle statuizioni civili in ordine alla liquidazione del danno in favore della parte quantificazione del suo ammontare, risultano, rispettivamente, riproduttivo di identica censura confutata con corretti riferimenti in fatto e diritto dalla Corte di appello c:he ha messo in evid la consistenza dei danni anche economici subiti dalla persona offesa che aveva ricevuto la somministrazione di cure (agopuntura) da soggetto non laureato in medicina e chirurgia, e indeducibile non essendo stata formulata deduzione alcuna nei motivi di gravame;
rilevato che analoga inammissibilità sussiste in ordine al terzo motivo, anch’esso reiterativo di identica censura, avendo la Corte territoriale evidenziato gli elementi a sostegno del veridicità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa che aveva evidenziato come fosse stata sottoposta a sedute di agopuntura credendo di trovarsi al cospetto di un medico che, invero, scopriva non essere tale solo a seguito di mancato rimborso da parte dell’assicurazione che avrebbe, se effettuata da un medico, coperto tale prestazione sanitaria;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17/05/2024