Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 28074 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 28074 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA a MOLFETTA avverso la sentenza in data 30/10/202:3 della CORTE DI CASSAZIONE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME:0;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha ulteriormente illustrato i motivi d’impugnazione e ha insistito per il loro accoglimento.
RITENUTO :IEN FATTO
NOME, per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna con ricorso straordinario la sentenza in data 30/10/2023 della Corte di cassazione, che ha rigettato il ricorso presentato avverso la sentenza in data 21/04/2023 della Corte di appello di Messina. Tale sentenza, aveva confermato quella in data 19/11/2021 del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, che aveva condannato NOME per il reato di cui agli antt. 348 e 99, terzo comma, cod. pen..
In particolare, a NOME veniva contestato di avere esercitato abusivamente la professione di avvocato, presentandosi presso gli uffici della Capitaneria di porto di Milazzo, qualificandosi c:ome avvocato e depositando un atto
di pignoramento navale relativo a una motocisterna di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE, il tutto dopo essere stato radiato dall’albo degli avvocati dell’Ordine di Tran con provvedimento del 5 novembre 1996. Fatto accertato il 5/.11/2018.
Deduce:
In ordine alla contestata recidiva ex art. 99, comma terzo, cod. pen. di cui al decreto di citazione e alla concessione dei benefici di legge.
Il ricorrente deduce l’erronea considerazione della recidiva reiterata sulla base di un’errata lettura del certificato del Casellario giudiziale, siccome inficiato dalla erronea iscrizione di due sentenze di condanna poi cancellate, mentre un’ulteriore sentenza era stata successivamente cancellata perché estinta.
Osserva, dunque, che a suo carico poteva considerarsi un solo precedente, così che si era configurata solamente la recidiva semplice sulla base della sola sentenza irrevocabile in data 02/03/2005.
Aggiunge che la Corte di appello di Messina negava i benefici di legge sulla base di una sentenza pronunciata dal Tribunale di Trani, irrevoc:abile il 04/12/2020, ma successiva ai fatti e perciò irrilevante ai fini della recidiva.
Evidenzia che non sono stati considerati l’età e la buona condotta tenuta dal ricorrente in un arco temporale pari a 14 anni’ dal 2005 al 2019, nel corso del quale non era stato mai condannato.
Si assume che tutti tali fatti erano stati documentati davanti alla Corte di cassazione.
In ordine all’applicazione dell’art. 348 cod. pen..
A tale riguardo si premette che vi sono attività che non richiedono il titolo professionale e, tra questi, rientra anche quello della consegna di un atto per la successiva notifica.
Si afferma, dunque, che la Corte di cassazione ha equivocato tra la redazione dell’atto -per cui è richiesto il titolo professionale- confondendolo con la la mera consegna, per cui vale quanto già espresso.
Si aggiunge che la Corte di cassazione “ha omesso di dare lettura puntuale della notizia di reato del 05/11/2018 e dell’atto di pignoramento”, da dove emergeva che l’atto presentato da COGNOME era inadatto per l’esecuzione del pignoramento che, difatti, non veniva eseguito; che eantatore non agiva “in rappresentanza” delle parti, ma solo “su incarico” delle stesse.
CONSIDERATO IN FATTO
Il ricorso è inammissibile perché si colloca al di fuori dei limiti previs dall’art. 625-bis cod. proc. pen..
A tale riguardo va ricordato che l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. consiste
in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso. Dunque, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio (ex plurimis, Sez. 3, n. 47316 del 01/06/2017, Rv. 271145; Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Rv. 221280).
Con l’ulteriore precisazione che «è inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto quando l’errore in cui si assume che la Corte di cassazione sia incorsa abbia natura valutativa e si innesti su un sostrato fattuale correttamente percepito. (Sez. 6 – , Ordinanza n. 28424 del 23/06/2022, COGNOME, Rv. 283667 – 01).
1.2. Entrambe le censure si collocano al di fuori del perimetro così indicato.
1.2.1. Quanto alle censure relative alla recidiva, si rileva come dalla lettura della sentenza impugnata emerga che con il ricorso colà esaminato si eccepiva l’errata affermazione della recidiva reiterata perché fondata su una sentenza trascritta per errore nel certificato del Casellario Giudiziale e di seguito cancellata.
Davanti alla Corte, dunque, si sollevava la questione in relazione a una sola iscrizione.
La Corte valutava tale eccezione e rilevava come pur eliminando tale unica iscrizione denunciata di erroneità, permanevano comunque almeno tre condanne, per cui doveva considerarsi legittimo il riconoscimento della recidiva per come contestati.
Con l’odierno ricorso vengono sollevate questioni ulteriori rispetto a quelle denunciate davanti alla Corte ed esaminate con la sentenza impugnata, in quanto si aggiunge che le sentenze iscritte erroneamente erano due e non una.
Tale ulteriore circostanza, però, non risulta dedotta davanti alla Corte nel giudizio ordinario, così che l’odierna censura appare come la presentazione di un motivo nuovo e ulteriore rispetto a quelli esaminati con la sentenza che qui si impugna con il mezzo straordinario.
Peraltro, in ragione del principio di autosufficienza del ricorso, era onere dello stesso ricorrente dimostrare che anche tale ulteriore profilo era stato dedotto davanti alla Corte di cassazione in occasione dell’impugnazione che ha portato alla sentenza oggi impugnata.
Invero, va ribadito che «in tema di ricorso per cassazione, anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 165-bis disp. att. cod. proc. pen., introdotto dall’a 7, comma 1, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, trova applicazione il principio di autosufficienza del ricorso, che si traduce nell’onere di puntuale indicazione, da
parte del ricorrente, degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritien necessaria l’allegazione, materialmente devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato», (Sez. 5 – , Sentenza n. 5897 del 03/12/2020 Ud., dep. il 2021, Cossu, Rv. 280419 – 01).
Indicazioni affatto mancanti nel caso in esame, con conseguente inammissibilità del primo motivo di ricorso.
1.2.2. Con il secondo motivo d’impugnazione il ricorrente lamenta l’erronea applicazione dell’art. 348 cod. pen..
A tale riguardo, si rinviene nella sentenza oggi impugnata una puntuale rispostcballa medesima censura oggi riproposta e relativa alla possibilità che l’atto incriminato potesse essere compiuto anche da chi non avesse il titolo di avvocato. A tal proposito, dopo l’esposizione dei principi di diritto espressi da questa Corte sul tema, nella sentenza in esame si legge: “di tali regulae iuris la Corte di appello di Messina ha fatto corretta applicazione, evidenziando come l’atto posto in essere dal NOME – indipendentemente dall’impiego in quella occasione della qualifica di avvocato – non potesse essere qualificato come espressione di una mera attività stragiudiziale, ma, trattandosi del deposito di un atto di pignoramento di un natante presso l’autorità marittima, finalizzato a sollecitare il compimento di un fermo, dovesse considerarsi come atto “giudiziale” di impulso perché prodronnico e funzionale alla esecuzione di una procedura chi espropriazione già in corso, seguita da un giudice: ciò perché – come argutamente sottolineato dal AVV_NOTAIO generale nella sua requisitoria – l’art. 646 cod. nav. prevede espressamente la possibilità che il giudice dell’esecuzione, il comandante del porto o l’autorità cli polizia giudiziaria del luogo possano adottare provvedimenti per impedire la partenza di una nave, scongiurando il rischio di possibile successivo esito negativo del pignoramento. Per quanto sopra illustrato, era, perciò, irrilevante la circostanza che quell’atto potesse essere compiuto anche direttamente dalla parte creditrice interessata, a nome e nell’interesse della quale il NOME, qualificatosi come avvocato, aveva appunto posto in essere”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Risulta evidente come la Corte di cassazione abbia esattamente percepito la censura svolta e vi abbia dato una puntuale risposta con valutazione che oggi si impugna inammissibilmente.
COGNOME Quanto esposto porta alla declaratoria di inammissibilità del ricorso e a ciò segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condannala ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
a Presideflte Così deciso il 3 luglio 2024 Il Consigliere estensore