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Esercizio abusivo professione: quando è reato?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso straordinario di un soggetto, radiato dall’albo, condannato per esercizio abusivo professione. La condanna era scaturita dal deposito di un atto di pignoramento navale, qualificandosi come avvocato. La Corte ha stabilito che tale atto è di natura giudiziale e non una mera attività stragiudiziale, confermando che il compimento di atti tipici della professione forense, anche se solo prodromici a un’esecuzione, integra il reato. Il ricorso è stato respinto anche perché basato su motivi non qualificabili come mero errore di fatto.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esercizio Abusivo della Professione: la Cassazione sul Deposito di Atti Giudiziali

Il reato di esercizio abusivo professione forense, previsto dall’art. 348 del codice penale, si configura non solo con l’attività di rappresentanza in giudizio, ma anche con il compimento di atti tipici che, pur esterni al processo, sono funzionali a procedure giudiziarie. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per aver depositato un atto di pignoramento navale pur essendo stato radiato dall’albo.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo che, nonostante fosse stato radiato dall’albo degli avvocati da diversi anni, si presentava presso gli uffici di una capitaneria di porto qualificandosi come legale e depositando un atto di pignoramento navale per conto di una società creditrice. Per questo fatto, veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di esercizio abusivo della professione, con l’aggravante della recidiva.

L’imputato presentava ricorso in Cassazione, che veniva rigettato. Successivamente, proponeva un ricorso straordinario per errore di fatto, sostenendo che la Corte avesse erroneamente valutato i suoi precedenti penali ai fini della recidiva e avesse frainteso la natura dell’atto da lui compiuto. A suo dire, il mero deposito di un atto non richiederebbe il titolo professionale di avvocato e, pertanto, non integrerebbe il reato contestato.

L’Esercizio Abusivo della Professione e la Natura dell’Atto

La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso, ha chiarito un punto fondamentale: l’atto di pignoramento, anche se depositato presso un’autorità marittima, non può essere considerato una semplice attività stragiudiziale. Si tratta, infatti, di un atto “giudiziale” di impulso, prodromico e funzionale all’esecuzione di una procedura di espropriazione forzata già in corso e seguita da un giudice.

I giudici hanno specificato che, indipendentemente dall’impiego formale della qualifica di avvocato, il compimento di un’azione come il deposito di un atto di pignoramento finalizzato a ottenere il fermo di un natante è un’attività tipica della professione forense. La legge (in particolare l’art. 646 del codice della navigazione) prevede specifici poteri del giudice dell’esecuzione per impedire la partenza della nave. L’atto posto in essere dal ricorrente era quindi finalizzato a sollecitare proprio l’esercizio di questi poteri, inserendosi pienamente in una procedura giudiziaria.

I Limiti del Ricorso Straordinario per Errore di Fatto

Un altro aspetto cruciale della sentenza riguarda l’inammissibilità del ricorso straordinario. La Corte ha ricordato che questo rimedio è previsto solo per correggere errori percettivi (sviste, equivoci nella lettura degli atti) e non errori di valutazione giuridica. L’errore di fatto deve aver viziato il processo formativo della volontà della Corte, portandola a una decisione diversa da quella che avrebbe preso altrimenti.

Nel caso specifico, le censure sollevate dal ricorrente non riguardavano errori di percezione, ma contestavano la valutazione giuridica compiuta dalla Corte. Per quanto riguarda la recidiva, il ricorrente ha introdotto nel ricorso straordinario elementi nuovi, mai dedotti nel precedente giudizio. Questo, secondo la Corte, viola il principio di autosufficienza del ricorso e trasforma l’impugnazione in un tentativo di ottenere un nuovo giudizio di merito, cosa non consentita.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità su due fronti. In primo luogo, ha stabilito che le questioni relative alla recidiva erano state sollevate in modo nuovo e diverso rispetto al ricorso originario, rendendole inammissibili. Era onere del ricorrente dimostrare di aver già sollevato tali specifici profili, cosa che non è avvenuta.

In secondo luogo, riguardo all’esercizio abusivo professione, la Corte ha ritenuto che la precedente sentenza avesse percepito correttamente i fatti e avesse fornito una risposta puntuale e giuridicamente corretta. La valutazione sulla natura “giudiziale” dell’atto di pignoramento non è un errore di fatto, ma un’interpretazione del diritto. Pertanto, non vi erano i presupposti per accogliere il ricorso straordinario. La decisione impugnata aveva correttamente applicato i principi di diritto, evidenziando che l’atto compiuto era funzionale a una procedura esecutiva e non una mera attività stragiudiziale.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale importante: il reato di esercizio abusivo professione si configura con il compimento di qualsiasi atto che, per sua natura e finalità, è riservato a professionisti abilitati, anche se svolto al di fuori delle aule di tribunale. Il deposito di un atto di pignoramento, essendo un impulso a una procedura esecutiva, rientra a pieno titolo in questa categoria. La decisione, inoltre, ribadisce i rigorosi limiti del ricorso straordinario per errore di fatto, che non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio per contestare le valutazioni giuridiche della Suprema Corte. L’esito finale è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a titolo di ammenda.

Il deposito di un atto di pignoramento da parte di un soggetto non abilitato costituisce esercizio abusivo della professione?
Sì. Secondo la sentenza, il deposito di un atto di pignoramento di un natante è un atto “giudiziale” di impulso, funzionale a una procedura di espropriazione. Pertanto, il suo compimento da parte di chi non è avvocato integra il reato di esercizio abusivo della professione, poiché si tratta di un’attività tipica riservata ai professionisti abilitati.

Quando è ammissibile un ricorso straordinario per errore di fatto alla Corte di Cassazione?
Il ricorso è ammissibile solo quando si lamenta un errore percettivo, come una svista o un equivoco nella lettura degli atti processuali, che abbia influenzato la decisione della Corte. Non è ammissibile se contesta la valutazione giuridica dei fatti o se introduce motivi nuovi non presentati nel precedente ricorso.

Cosa si intende per principio di autosufficienza del ricorso?
È il principio secondo cui il ricorso deve contenere in sé tutti gli elementi necessari (fatti, atti, documenti e motivi di impugnazione) per consentire alla Corte di decidere senza dover consultare altri fascicoli. Se il ricorrente lamenta un travisamento, deve indicare specificamente gli atti e allegarli, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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