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Esercizio abusivo professione: quando è reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13341/2024, ha confermato la condanna per esercizio abusivo professione a carico di un soggetto che, pur non essendo iscritto all’albo, svolgeva in modo continuativo e organizzato attività tipiche dell’avvocato. La Corte ha chiarito che anche l’attività stragiudiziale, se connessa a un potenziale contenzioso giudiziario, integra il reato, specialmente se crea l’apparenza di una prestazione professionale qualificata.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esercizio Abusivo della Professione: Anche l’Attività Stragiudiziale è Reato

L’esercizio abusivo professione legale non si limita alle aule di tribunale. Con la recente sentenza n. 13341 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: anche compiere atti tipici della professione forense in via stragiudiziale, ma in modo continuativo, organizzato e oneroso, integra il reato previsto dall’art. 348 del codice penale. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

Il Caso in Esame: Falso Avvocato e Recupero Crediti

Il caso riguarda una persona condannata in primo e secondo grado per il reato di esercizio abusivo della professione legale. L’imputata, pur non essendo iscritta all’Albo degli Avvocati, aveva svolto per anni attività tipiche della professione, qualificandosi come “avvocato” nella corrispondenza e intrattenendo rapporti con diversi clienti.

Le attività contestate includevano la gestione di pratiche di recupero crediti e trattative per la composizione bonaria di contenziosi civilistici. L’imputata operava da un vero e proprio studio, riceveva compensi per le sue prestazioni e rassicurava i clienti sull’avanzamento delle pratiche, mostrando loro persino atti del giudice di pace.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Vizio di motivazione sull’identità: Si contestava che non vi fosse prova certa che l’imputata fosse effettivamente la persona che si spacciava per avvocato, dato che molti contatti erano avvenuti solo per via telefonica o epistolare.
2. Violazione di legge sulla natura del reato: Si sosteneva che le attività svolte (recupero crediti e assistenza stragiudiziale) non fossero atti esclusivi della professione di avvocato, specialmente se non direttamente collegate a un’attività giurisdizionale in corso.
3. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Si lamentava che la Corte d’Appello avesse negato le attenuanti basandosi unicamente sui precedenti penali, senza considerare altri elementi a favore.

L’Esercizio Abusivo Professione secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la condanna. La decisione si fonda su un’interpretazione consolidata del reato di esercizio abusivo professione, che va oltre il mero compimento di atti riservati in via esclusiva a una professione.

Il principio cardine, definito dalla Corte come ius receptum, è che il reato si configura quando un soggetto compie, senza titolo, atti che sono univocamente individuati come di competenza specifica di una professione. Ciò avviene quando l’attività è svolta con modalità tali (continuità, onerosità, organizzazione) da creare, agli occhi del pubblico, l’oggettiva apparenza di un’attività professionale esercitata da un soggetto regolarmente abilitato.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha smontato punto per punto le argomentazioni della difesa.

Sull’identificazione: I giudici hanno ritenuto superata la questione, evidenziando come dalle testimonianze emergessero non solo contatti scritti, ma anche telefonici e di persona, durante i quali l’imputata si era qualificata come avvocato e aveva discusso delle pratiche legali. Questo insieme di elementi era sufficiente a identificarla senza ombra di dubbio.

Sulla natura dell’attività: Questo è il cuore della sentenza. La Corte ha specificato che, ai sensi della legge professionale forense (L. n. 247/2012), l’assistenza legale stragiudiziale è di competenza degli avvocati se è “connessa” all’attività giurisdizionale e svolta in modo continuativo, sistematico e organizzato. Nel caso di specie, tutte le pratiche gestite (risarcimento danni, recupero crediti con diffide e prospettive di azioni legali) erano considerate “strettamente prodromiche”, ovvero preparatorie, a un eventuale contenzioso. L’uso di carta intestata, la richiesta di acconti e la gestione organizzata di fascicoli hanno contribuito a creare quell’apparenza di professionalità che integra il reato.

Sulle attenuanti generiche: La Corte ha ritenuto legittimo il diniego delle attenuanti. L’elevato numero di precedenti penali specifici (dieci condanne) è stato considerato un elemento di tale gravità da prevalere su qualsiasi altra considerazione difensiva, assorbendo e superando ogni argomentazione in senso contrario.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza consolida un orientamento fondamentale: per commettere il reato di esercizio abusivo della professione di avvocato non è necessario difendere qualcuno in tribunale. È sufficiente svolgere attività tipicamente legali, anche stragiudiziali, in modo sistematico e organizzato, creando nei clienti l’affidamento di rivolgersi a un professionista abilitato. La decisione serve da monito per chi opera in settori contigui a quello legale, come il recupero crediti o la consulenza, sottolineando l’importanza di non superare mai i confini delle proprie competenze e di non utilizzare titoli o modalità che possano ingannare il pubblico.

È reato di esercizio abusivo della professione svolgere solo attività stragiudiziali come il recupero crediti?
Sì, secondo la sentenza lo è, a condizione che tale attività sia svolta in modo continuativo, sistematico e organizzato, e sia connessa o preparatoria a una potenziale azione giudiziaria. La creazione dell’apparenza di un’attività professionale qualificata è un elemento decisivo.

Cosa intende la Cassazione per attività “connesse” a quella giurisdizionale?
Per attività “connesse” si intendono quelle strettamente prodromiche, cioè preparatorie, a un futuro contenzioso. Ad esempio, una transazione stragiudiziale per un risarcimento danni o la diffida a debitori con l’avvertimento di un’azione legale rientrano in questa categoria, in quanto finalizzate a prevenire o introdurre un giudizio.

Una singola prestazione isolata può integrare il reato di esercizio abusivo della professione?
No, la sentenza chiarisce che una prestazione isolata non è di per sé sintomatica di un’attività svolta in forma professionale. Il reato richiede che il compimento degli atti avvenga con modalità quali la continuità, l’onerosità e l’organizzazione, tali da dare l’impressione di un’attività professionale strutturata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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