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Esercizio abusivo professione: quando è reato?

La Cassazione conferma la condanna per esercizio abusivo della professione a un finto commercialista che gestiva la contabilità e accedeva al cassetto fiscale di un’imprenditrice con delega falsa. L’attività continuativa e organizzata integra il reato, anche se i singoli atti non sono riservati.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esercizio Abusivo della Professione: Finto Commercialista Condannato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato i confini del reato di esercizio abusivo della professione, confermando la condanna di un individuo che, pur non essendo abilitato, si spacciava per dottore commercialista gestendo per anni la contabilità di un’impresa. Il caso è emblematico perché chiarisce come la continuità e l’organizzazione dell’attività possano integrare il reato, anche quando i singoli atti compiuti non sono strettamente riservati a una professione regolamentata.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla denuncia della titolare di un’agenzia di viaggi che per anni si era affidata a un sedicente professionista per la gestione contabile e fiscale della sua attività. L’imputato, presentatosi come dottore commercialista, non si era limitato a tenere la contabilità, ma aveva anche curato la presentazione delle dichiarazioni fiscali e gestito i rapporti con gli enti previdenziali.

Il castello di menzogne è crollato durante una verifica fiscale, quando l’imprenditrice ha scoperto non solo che le dichiarazioni presentate a suo nome erano irregolari, ma anche che l’imputato aveva attivato a sua insaputa il suo “cassetto fiscale” online. Per farlo, aveva falsificato la firma sulla delega necessaria, ottenendo così pieno accesso alla sua posizione fiscale e presentando dichiarazioni integrative senza alcun confronto con la cliente. Inoltre, le copie delle dichiarazioni che le venivano fornite erano delle mere “bozze” diverse da quelle effettivamente trasmesse all’Agenzia delle Entrate.

La Corte di Appello aveva già confermato la responsabilità dell’imputato per i reati di esercizio abusivo della professione (art. 348 c.p.) e di accesso abusivo a un sistema informatico (art. 615 ter c.p.).

L’Esercizio Abusivo della Professione secondo la Cassazione

Il ricorrente sosteneva che le attività da lui svolte (tenuta contabilità, presentazione dichiarazioni) non fossero di competenza esclusiva dei commercialisti e che quindi non potesse configurarsi il reato. La Cassazione ha respinto questa tesi, richiamando un consolidato principio delle Sezioni Unite.

Il reato di esercizio abusivo della professione non scatta solo quando si compie un atto riservato in via esclusiva a una professione. Esso si configura anche quando una serie di atti, pur non essendo singolarmente esclusivi, sono svolti con modalità tali (continuità, onerosità, organizzazione) da creare l’apparenza di un’attività professionale regolamentata. Nel caso specifico, l’imputato:

* Si era presentato come professionista abilitato.
* Aveva gestito in modo continuativo e per anni l’intera contabilità e fiscalità del cliente.
* Aveva curato anche gli adempimenti relativi ai dipendenti.
* Operava in piena autonomia, fornendo al cliente documenti non veritieri.

Questo comportamento complessivo ha creato l’oggettiva apparenza di un’attività professionale svolta da un soggetto regolarmente abilitato, integrando pienamente il delitto contestato.

L’Accesso Abusivo al Cassetto Fiscale: Delega Falsa e Responsabilità

Anche la doglianza relativa all’accesso abusivo al sistema informatico è stata ritenuta infondata. L’imputato sosteneva di avere un mandato generale per operare, il che avrebbe giustificato l’accesso al cassetto fiscale. La Corte ha però sottolineato il punto cruciale: l’attivazione del cassetto fiscale è un servizio facoltativo che richiede un’espressa e specifica autorizzazione del contribuente.

L’imputato non solo non aveva questa autorizzazione, ma aveva falsificato la firma sulla delega per attivare il servizio. Di conseguenza, ogni accesso successivo è stato considerato abusivo, poiché avvenuto all’insaputa e contro la volontà della titolare dei dati. Il rapporto professionale esistente non poteva sanare la mancanza di una delega specifica e l’atto illecito (la falsificazione) posto in essere per ottenerla.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte di Appello. Le motivazioni si basano su tre pilastri. Primo, la condotta dell’imputato, analizzata nel suo complesso, integrava senza dubbio il reato di esercizio abusivo della professione, andando oltre il semplice compimento di singoli atti non riservati. Secondo, l’accesso al cassetto fiscale era palesemente illegittimo poiché basato su una delega con firma falsificata, rendendo irrilevante il rapporto fiduciario preesistente. Terzo, la gravità e la durata della condotta, che hanno causato un danno non lieve alla vittima, hanno impedito il riconoscimento di qualsiasi attenuante, come quella della particolare tenuità del fatto.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre importanti spunti di riflessione. Per i cittadini e le imprese, sottolinea la necessità di verificare sempre le credenziali dei professionisti a cui si affidano, specialmente in materie delicate come quella fiscale e contabile. Per gli operatori, ribadisce un’interpretazione ampia del reato di esercizio abusivo della professione, che non si limita alla violazione di competenze esclusive, ma sanziona chiunque, attraverso un’attività organizzata e continuativa, ingeneri nel pubblico la falsa apparenza di possedere un’abilitazione professionale che in realtà non ha. Infine, chiarisce che il mandato professionale non è una “carta bianca” e che per l’accesso a strumenti delicati come il cassetto fiscale è necessaria una delega specifica e autentica.

Svolgere attività contabile senza essere iscritti all’albo costituisce sempre il reato di esercizio abusivo della professione?
Non sempre. Il reato si configura quando il compimento di atti, anche non esclusivi di una professione, viene realizzato con modalità tali (continuità, onerosità, organizzazione) da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da un soggetto regolarmente abilitato.

Se affido la mia contabilità a un professionista, si intende che abbia anche l’autorizzazione ad accedere al mio cassetto fiscale?
No. L’accesso al cassetto fiscale non è un atto dovuto ma un servizio facoltativo che il contribuente può decidere di attivare. Richiede una delega specifica. Se il professionista attiva il servizio falsificando la firma del cliente, come nel caso di specie, commette il reato di accesso abusivo a sistema informatico.

Il reato di esercizio abusivo della professione può essere “assorbito” da quello di truffa?
No. La sentenza chiarisce che i due reati non configurano un concorso apparente di norme, poiché tutelano beni giuridici diversi. L’esercizio abusivo della professione può essere una modalità (un artificio) attraverso cui si consuma la truffa, ma i due reati concorrono, senza che uno assorba l’altro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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