Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9941 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9941 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/02/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME
UP – 19/02/2025
R.G.N. 39876/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOMECOGNOME nato a Aosta il giorno 26/4/1962
rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia 2. COGNOME NOMECOGNOME nata a Aosta il giorno 13/2/1960 rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME – di fiducia 3. NOMECOGNOME nato a Aosta il giorno 12/9/1983 rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso la sentenza in data 17/5/2024 della Corte di Appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
dato atto che e stata richiesta la trattazione orale del procedimento;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata con riguardo al capo ‘c’ e per conseguente rideterminazione del trattamento sanzionatorio;
udito il difensore delle parti civili Commissione Albo degli Odontoiatri e Associazione Nazionale Dentisti Italiani, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità o comunque il rigetto dei ricorsi, depositando conclusioni scritte e nota spese delle quali ha chiesto la liquidazione;
udito il difensore della parte civile Associazione Italiana Odontoiatri della Valle D’Aosta, avv. NOME COGNOMEin sostituzione dell’avv. NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità o comunque il rigetto dei ricorsi, depositando conclusioni scritte e chiedendo la condanna degli imputati alla rifusione delle spese relative al presente grado di giudizio.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 17 maggio 2024 la Corte di Appello di Torino, giudicando in sede di rinvio a seguito di annullamento di precedente sentenza disposto dalla Corte di cassazione in data
13/9/2023, in parziale riforma della sentenza emessa all’esito di giudizio abbreviato in data 11 giugno 2021 dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Aosta, ha:
dichiarato NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili del reato di cui agli artt. 110, 348 cod. pen., ad esclusione del capo ‘r’ e del capo ‘i’ per NOME COGNOME e, riconosciute a entrambi gli imputati le circostanze attenuanti generiche, condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME, assorbito per quest’ultimo il reato di cui al capo ‘f’ nel reato di cui al capo ‘q’, alla pena di mesi 5 ed euro 10.000 di multa ciascuno;
assolto NOME COGNOME dal reato di cui al capo ‘r’ per essere già stato giudicato per lo stesso fatto e dal reato di cui al capo ‘i’ perchØ il fatto non sussiste;
dichiarato NOME COGNOME responsabile del reato di cui agli artt. 110, 348 cod. pen. e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, condannato la stessa alla pena di mesi 4 di reclusione ed euro 8.000 di multa;
concesso ai tre imputati il beneficio della sospensione condizionale della pena;
condannato i tre imputati alle spese dei due gradi di giudizio;
ordinato la pubblicazione della sentenza e disposto la trasmissione della stessa all’Ordine dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle professioni Sanitarie Tecniche di Torino;
condannato i tre imputati al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite da liquidarsi in separato giudizio nonchØ al risarcimento delle spese di rappresentanza e difesa dalle stesse sostenute.
Prima di procedere oltre, occorre doverosamente premettere una ricostruzione della vicenda processuale per la parte che in questa sede interessa.
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME erano in origine stati rinviati a giudizio innanzi al Tribunale di Aosta per rispondere del delitto di associazione a delinquere finalizzata alla commissione dell’esercizio abusivo della professione di odontoiatra, commesso presso il Centro dentistico Valdostano in Saint Christophe (AO) tra il 2013 ed il 2019 (capo 1), nonchŁ di plurime condotte di esercizio abusivo della professione di medico odontoiatra, commessi in Saint Christophe (AO) tra il 2013 ed il 2019, (capo 2).
Il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Aosta, con sentenza emessa in data del 11 giugno 2021, all’esito del giudizio abbreviato, assolveva gli imputati dai reati agli stessi ascritti con la formula perchØ il fatto non sussiste.
La Corte d’appello di Torino, con sentenza in data 25 gennaio 2023, in parziale riforma della sentenza di primo grado appellata dal Pubblico Ministero, condannava gli imputati per i soli fattireato di cui al capo 2).
La Corte di cassazione – Sezione VI Penale – con sentenza in data 13 settembre 2023 annullava la decisione della Corte di appello di Torino alla quale rinviava per nuovo giudizio rilevando che:
il giudice di appello che aveva riformato la decisione di condanna del giudice di primo grado, avrebbe dovuto produrre una c.d. ‘motivazione rafforzata’;
b) la Corte di appello di Torino non si era conformata a detto canone di giudizio, in quanto la rivisitazione della decisione di primo grado in ordine alla responsabilità penale degli imputati per i delitti di esercizio abusivo della professione medica contestati al capo 2) non era sorretta da argomenti tali da evidenziare oggettive carenze e insufficienze della decisione assolutoria; c) la Corte di appello non aveva considerato le dichiarazioni di NOME COGNOME, assistente alla poltrona dal 2014 al 2017 presso il Centro dentistico Valdostano, della dott.ssa NOME COGNOME odontoiatra del Centro dentistico Valdostano dal 2015 al 2020, e del dott. NOME COGNOME, odontoiatra del centro dal 2015 al 2018, ancorchØ dette dichiarazioni erano state utilizzate dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Aosta per confutare l’ipotesi di accusa;
d) la Corte di appello aveva, infine, omesso di confrontarsi con le prove contrarie emerse nel corso
del giudizio e con le censure formulate dalla difesa sul punto e, dunque, mancava nella motivazione una specifica disamina fondata sull’esposizione di circostanze di fatto o considerazioni logiche utili a superare i dubbi valutativi espressi nella pronuncia riformata.
Si Ł così giunti ad una nuova pronuncia in sede di rinvio della Corte di appello di Torino che in questa sede Ł oggetto di esame.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza e con atto unico, il difensore degli imputati, deducendo:
2.1. Violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. con riferimento agli artt. 157 e 348 cod. pen. nonchØ all’art. 531 cod. proc. pen.
Osserva il difensore dei ricorrenti che la Corte di appello avrebbe omesso di rilevare e motivare in relazione al fatto che la gran parte dei reati contestati agli imputati risultano comunque estinti per prescrizione in epoca anteriore alla pronuncia della sentenza impugnata.
In particolare, risulterebbero prescritti i reati di cui ai capi ‘a’, ‘h’, ‘j’, ‘k’, ‘l’, ‘B’ e ‘C’.
Inoltre, risulterebbe necessario accertare che nel corso del giudizio innanzi alla Corte di cassazione sono altresì maturati i termini di prescrizione dei reati di cui ai capi ‘b’, ‘e’, ed ‘A’ e per l’effettuazione di tale giudizio che richiede una attenta disamina delle dichiarazioni dei pazienti si imporrebbe un nuovo annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Giudice di merito.
2.2. Vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. con riferimento alla valutazione della documentazione fiscale in atti nonchØ in relazione al disposto di cui agli artt. 192, comma 1, e 546, lett. e), cod. proc. pen.
Sulla premessa che nel corso del procedimento sono state acquisite le fatture che il Centro dentistico rilasciava ai propri pazienti e sulle quali il personale amministrativo indicava le prestazioni rese ed il medico curante che le aveva effettuate attraverso l’apposizione del timbro del sanitario e di una sigla, onde ripartire i compensi tra i professionisti che vi lavoravano, rileva la difesa dei ricorrenti che la Corte di appello avrebbe erroneamente osservato che la documentazione fiscale acquisita non Ł idonea a smentire le dichiarazioni dei pazienti, ma anzi le corrobora.
In realtà, osserva sempre la difesa dei ricorrenti:
i professionisti fatturavano direttamente al Centro e non ai pazienti;
le modalità amministrative descritte erano finalizzate a garantire la regolare tenuta della contabilità interna;
considerare le fatture come ‘falsificate’ Ł frutto di un travisamento probatorio e le modalità di gestione della fatturazione non rappresentano un artifizio ma erano il mero frutto di una prassi convalidata anche dal primo giudice, stante la natura meramente fiscale di tale documentazione; d) la motivazione adottata dalla Corte di appello sul punto sarebbe contraddittoria perchØ da un lato si considera la documentazione fiscale come ‘assolutamente inattendibile’ e, dall’altro, il contenuto della stata Ł stato utilizzato solo contro gli imputati.
2.3. Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. con riferimento all’attendibilità dei pazienti rispetto alla pronuncia di primo grado, nonchØ in relazione al mancato rispetto del canone di giudizio ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’ di cui all’art. 533, comma 1, cod. proc. pen. e del canone di giudizio di cui agli artt. 530, comma 2, cod. proc. pen., 6, primo e secondo par. CEDU, 125, comma 3, cod. proc. pen., e 111, comma 6, Cost. e con riguardo alla normativa disciplinante le competenze dell’igienista dentale (in part. D.M. 15 marzo 1999, n. 137 e D.M. 14 settembre 1994 n. 669) e al reato di cui all’art. 348 cod. pen.
Evidenzia al riguardo la difesa dei ricorrenti che il G.u.p. aveva evidenziato le imprecisioni e
confusioni da un punto di vista anche tecnico nelle quali erano caduti i pazienti dichiaranti con una conseguente valutazione di inattendibilità degli stessi.
Per contro, la Corte di appello avrebbe giustificato tali imprecisioni richiamando la ‘particolare tecnicità’ di certe prestazioni e quindi piø soggette a possibili confusioni ed avrebbe in tal modo ribaltato la valutazione di attendibilità dei dichiaranti, comunque omettendo di provvedere, come richiesto dalla Corte di cassazione, a delineare in modo specifico le condotte poste in essere da ciascun imputato ed omettendo di verificare in concreto se le visite e le attività svolte da NOME COGNOME rientravano tra quelle consentite all’igienista dentale in base alla normativa ministeriale in materia che consente allo stesso di effettuare visite paradontali, di eseguire terapia paradontale non chirurgica, anche di mantenimento o di supporto, effettuare applicazione topica chimicofarmacologica, effettuare sigillature di solchi e fossette, eseguire documentazione fotografica e raccogliere documentazione radiografica.
2.4. Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione ai capi ‘c’ e ‘u’, con riferimento agli artt. 3, 27, comma 3, Cost., 49, comma 3, e 50 CDFUE, art. 4 prot. 7 CEDU.
Rileva al riguardo parte ricorrente che erroneamente la Corte di appello avrebbe pronunciato sentenza di condanna in relazione ai fatti di cui ai capi ‘c’ ed ‘u’ relativi al trattamento del paziente NOME COGNOME non tenendo conto della circostanza che la condotta del capo ‘c’ risulta essere ricompresa in quella di cui al capo ‘u’ che, rispetto al primo, contiene in piø l’esecuzione di una presunta radiografia.
Così operando, la Corte territoriale sarebbe incorsa nella violazione del principio del bis in idem
.
2.5. Vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in relazione al mancato rispetto del canone di giudizio ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’ di cui all’art. 533, comma 1, cod. proc. pen. e del canone di giudizio di cui agli artt. 530, comma 2, cod. proc. pen., 6, primo e secondo par. CEDU, 125, comma 3, cod. proc. pen., e 111, comma 6, Cost. in relazione al capo t), segnatamente alla contestazione di ‘diagnosi’.
Osserva al riguardo parte ricorrente che l’imputato NOME COGNOME Ł accusato al capo ‘t’ di avere effettuato una ‘radiografia panoramica dentaria e diagnosi a NOME COGNOME nell’anno 2018′. Rileva, tuttavia, richiamando il contenuto delle dichiarazioni dell’COGNOME che nessuna traccia in tali dichiarazioni Ł rinvenibile circa il fatto che NOME COGNOME ha effettuato alcuna ‘diagnosi’ al paziente.
Anche in questo caso, secondo parte ricorrente, la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di motivazione.
2.6. Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. circa la mancata applicazione della causa di non punibilità nei confronti di NOME
Si duole, al riguardo, la difesa della ricorrente del fatto che la Corte territoriale ha negato l’applicazione della predetta causa di non punibilità richiamando l’abitualità del reato e la protrazione nel tempo delle condotte tenute dall’imputata ed evidenzia sul punto la condotta marginale ed il minimo contributo fornito dalla COGNOME alla realizzazione delle condotte di cui all’imputazione, aggiungendo che il numero degli episodi contestati sarebbe inconferente rispetto alla posizione dell’imputata.
2.7. Violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. con riferimento all’art. 442, comma 2, cod. proc. pen.
Rileva al riguardo la difesa dei ricorrenti che dalla lettura della sentenza impugnata nella parte relativa al trattamento sanzionatorio si evince che non Ł contenuto alcun cenno alla riduzione di un terzo prevista per il rito abbreviato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso Ł manifestamente infondato.
E’ appena il caso di ricordare che questa Corte di legittimità, con assunti condivisi anche dall’odierno Collegio, ha avuto modo reiteratamente di chiarire che «Nell’esercizio abusivo della professione reato solo eventualmente abituale – la reiterazione degli atti tipici dà luogo ad un unico reato, il cui momento consumativo coincide con l’ultimo di essi, vale a dire con la cessazione della condotta» (Sez. 6, n. 20099 del 19/04/2016, COGNOME, Rv. 266746 – 01; Sez. 6, n. 15894 del 08/01/2014, COGNOME, Rv. 260153 – 01).
Quindi laddove vengano posti in essere, come nel caso in esame, piø atti riservati a chi sia in possesso della prescritta abilitazione, si risponde comunque di un unico reato e non di una pluralità di reati, avvinti dal vincolo della continuazione.
Detti principi hanno trovato ulteriore conferma in una ulteriore pronuncia di questa Corte (Sez. 3, n. 37166 del 18/05/2016, B., Rv. 268312 – 01) nella quale si Ł ribadito che «Nell’esercizio abusivo della professione – reato eventualmente abituale – la reiterazione degli atti tipici dà luogo ad un unico reato se lo scopo perseguito dall’agente Ł quello dell’esercizio di una determinata professione, dovendosi, invece, ravvisare una pluralità di reati in presenza di molteplici professioni esercitate». Non sfugge che nel caso in esame la contestazione, così come formulata, nel capo 2 della rubrica delle imputazioni riguarda l’esercizio abusivo di una professione (quella di medico odontoiatra) sia da parte di NOME COGNOME che di NOME COGNOME, condotte alla cui realizzazione avrebbe consapevolmente concorso la COGNOME rispettivamente moglie/madre dei due predetti coimputati. Pacifico, poi, che le condotte tenute da NOME e NOME COGNOME si sono protratte fino al 2019 mentre alla luce delle contestazioni effettuate alla Padoin nel capo 2 della rubrica delle imputazioni chiamata a rispondere delle condotte di cui ai punti ‘d’, ‘e’, ‘j’, ‘k’ e ‘C’ – risulta che la condotta concorsuale della stessa si Ł protratta fino al 2018, con la conseguenza, che alla luce del principi di diritto evidenziati che impongono di far coincidere il momento consumativo del reato di cui all’art. 348 cod. pen. con l’ultima delle condotte tenute, per nessuno dei tre imputati la prescrizione del reato in contestazione risulta maturata non solo al momento della pronuncia della sentenza impugnata ma neppure alla data odierna.
Occorre solo aggiungere, per dovere di completezza che, in evidente applicazione dei principi di diritto sopra delineati, correttamente ha operato la Corte di appello nella sentenza impugnata allorquando nel determinare il trattamento sanzionatorio nei confronti degli imputati non ha proceduto ad aumenti di pena per la c.d. ‘continuazione interna’ – così non applicando l’art. 81, comma 2, cod. pen. erroneamente riportato nel testo dell’imputazione – trovandoci nel caso in esame in presenza di piø condotte che configurano un unico reato.
Non fondati sono, invece, il secondo ed il terzo motivo di ricorso che appaiono meritevoli di trattazione congiunta.
Giova immediatamente evidenziare che la Corte di appello ha debitamente provveduto a quanto richiesto nella sentenza di annullamento pronunciata da questa Corte di legittimità, spiegando le ragioni di dissenso rispetto alle valutazioni effettuate dal G.u.p., debitamente evidenziando le ragioni per le quali ha operato una valutazione di attendibilità dei pazienti (ritenute caratterizzate in via generale dai requisiti di precisione, coerenza, logicità intrinseca del racconto e disinteresse) dando
correttamente atto e spiegando le ragioni di imprecisione di alcune di esse, nonchØ spiegando, per contro, le ragioni di inattendibilità o comunque, sotto certi profili, di irrilevanza, delle dichiarazioni dei testi NOMECOGNOME NOME e COGNOME (v. pagg. 10 e 11 della sentenza impugnata).
Altrettanto Ł a dirsi delle valutazioni effettuate dalla Corte di appello in relazione al contenuto della documentazione fiscale acquisita, laddove (v. pagg. 11 e 12) ha illustrato in maniera congrua e di certo non manifestamente illogica le valutazioni stesse.
La Corte di appello ha, poi, proceduto – anche in questo caso adempiendo alle prescrizioni date da questa Corte di legittimità – all’analisi delle singole condotte in contestazione (pagg. da 12 a 22 della sentenza impugnata), distinguendo tra le condotte ai danni di minori, quelle di somministrazione di farmaci, quelle relative all’effettuazione di radiografie, quelle riguardanti gli impianti, i ponti dentari e le corone e richiamando anche episodi oggetto di contestazione ma non trattati dal G.u.p.
Osserva l’odierno Collegio che non v’Ł pertanto alcun dubbio che ci si trovi in presenza di una c.d. ‘motivazione rafforzata’ idonea a ribaltare la decisione del G.u.p. e che la Corte territoriale risulta avere posto in essere sotto tutti i predetti aspetti una motivazione congrua non certo apparente, nØ ‘manifestamente’ illogica e tantomeno contraddittoria, così superando ‘il ragionevole dubbio’ che altrimenti l’avrebbe portata alla pronuncia di una sentenza assolutoria.
Per contro deve osservarsi che parte ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell’asseritamente connessa violazione di legge nella valutazione del materiale probatorio, tenta inammissibilmente di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito.
Al Giudice di legittimità Ł infatti preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti e del relativo compendio probatorio, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perchØ ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto, mentre questa Corte Suprema, anche nel quadro della nuova disciplina introdotta dalla legge 20 febbraio 2006 n. 46, Ł – e resta – giudice della motivazione.
In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965).
A ciò si aggiunge che non Ł sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti (Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, COGNOME, Rv. 250362).
Infine, deve essere evidenziato che la valutazione di manifesta infondatezza investe anche il punto del ricorso nel quale sostanzialmente si contesta che la Corte di appello non avrebbe tenuto in debito conto delle condotte che i decreti ministeriali in materia consentono che siano tenute da un odontotecnico e da un igienista dentale.
Osserva, infatti, l’odierno Collegio che la Corte territoriale ha debitamente motivato sul punto (v. pag. 12 della sentenza impugnata) correttamente applicando le regole di diritto che governano la materia.
Non fondato Ł poi anche il quarto motivo di ricorso nel quale la difesa del ricorrente ha dedotto
che la condotta del capo ‘c’ risulta essere ricompresa in quella di cui al capo ‘u’ con la conseguenza la Corte territoriale sarebbe incorsa nella violazione del principio del bis in idem . Deve al riguardo semplicemente evidenziarsi che – come peraltro ammesso dalla stessa difesa dei ricorrenti – non v’Ł completa sovrapponibilità tra le condotte descritte e che, in ogni caso, poichØ ci si trova in presenza di un unico reato e di certo non di due distinti reati, la (parziale) sovrapposizione delle condotte descritte non risulta configurare un bis in idem , oltretutto tenendo conto che la situazione lamentata non risulta avere comportato alcun effetto sul trattamento sanzionatorio non essendo stato applicato – come già evidenziato – alcun aumento per una eventuale ‘continuazione interna’ tra le condotte contestate.
Non fondato Ł altresì il quinto motivo di ricorso nel quale la difesa lamenta rispetto alla condotta tenuta nei confronti del paziente NOME COGNOME che nessuna traccia in tali dichiarazioni Ł rinvenibile circa il fatto che NOME COGNOME ha effettuato alcuna ‘diagnosi’ al paziente.
Basta rilevare al riguardo che al punto ‘t’ dell’imputazione di cui al capo 2 Ł contestata la ‘effettuazione di radiografia panoramica dentaria e diagnosi’ con la conseguenza che basta l’effettuazione della radiografia per ritenere integrato il profilo delittuoso della condotta e la eventuale mancata effettuazione anche di una ‘diagnosi’ non presenta quindi rilevanza alcuna nØ, anche in questo caso risulta avere inciso in alcun modo sul trattamento sanzionatorio dell’imputato.
Non fondato Ł infine anche il sesto motivo di ricorso nel quale la difesa lamenta il mancato riconoscimento nei confronti dell’imputata NOME COGNOME delle cause di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen.
Anche in questo caso la Corte di appello risulta avere debitamente e logicamente motivato sul punto (v. pag. 22 della sentenza impugnata) evidenziando la lunghissima protrazione nel tempo delle condotte ed il numero degli episodi che non consentono di qualificare il fatto come di speciale tenuità.
Si tratta di una valutazione di merito che non presenta pertanto vizi rilevabili in sede di legittimità.
Fondato Ł, invece, il settimo motivo di ricorso.
E’ di tutta evidenza che la Corte di appello nel determinare il trattamento sanzionatorio nei confronti degli imputati ha omesso di applicare la riduzione di cui all’art. 442, comma 2, cod. proc. pen. essendo gli imputati stati giudicati con le forme del rito abbreviato.
Trattandosi di un intervento sul trattamento sanzionatorio che non richiede alcuna valutazione di carattere discrezionale, lo stesso può essere operato direttamente da questa Corte di legittimità ai sensi dell’art. 620, lett. l), cod. proc. pen.
Ne consegue che deve disporsi l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio che deve essere rideterminato nella misura finale di mesi 3 e giorni 10 di reclusione ed euro 6.666,00 di multa per NOME e NOME e di mesi 2 e giorni 20 di reclusione ed euro 5.333,00 di multa per NOME NOME
Da quanto sopra esposto consegue il rigetto nel resto dei ricorsi degli imputati.
Ne discendono, altresì, le correlative statuizioni di seguito espresse in ordine alla rifusione delle spese del grado in favore delle costituite parti civili Commissione Albo degli Odontoiatri, Associazione Nazionale Dentisti Italiani e Associazione Italiana Odontoiatri della Valle D’Aosta, la cui liquidazione, tenuto conto del grado di complessità della vicenda processuale, viene operata secondo l’importo in dispositivo meglio enunciato.
P.Q.M
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio che ridetermina nella misura finale di mesi 3 e giorni 10 di reclusione ed euro 6666,00 di multa per NOME e NOME e di mesi 2 e giorni 20 di reclusione ed euro 5333,00 di multa per NOME. Rigetta nel resto i ricorsi. Condanna, inoltre, gli imputati, solido, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili Commissione Albo degli Odontoiatri, RAGIONE_SOCIALE (Associazione Nazionale Dentisti Italiani) ed RAGIONE_SOCIALE (Associazione Italiana Odontoiatri della Valle d’Aosta) che liquida in complessivi euro 5000,00 per ciascuna parte civile, oltre accessori di legge.
Così Ł deciso, 19/02/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME