LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Esercizio abusivo professione e truffa: non reato complesso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un finto geometra condannato per esercizio abusivo di una professione e truffa. La Corte stabilisce che i due reati non costituiscono un reato complesso, in quanto tutelano beni giuridici diversi: il patrimonio (truffa) e l’interesse pubblico all’esercizio qualificato delle professioni.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esercizio Abusivo di una Professione e Truffa: Due Reati Distinti, non un Reato Complesso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10964 del 2025, ha affrontato un caso significativo che chiarisce la relazione tra il reato di esercizio abusivo di una professione e quello di truffa. La pronuncia conferma un principio fondamentale: quando un individuo si finge professionista abilitato per ingannare e ottenere un profitto, commette due reati distinti che possono coesistere, senza che uno assorba l’altro. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: un Finto Geometra e un Incarico Mai Eseguito

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo, confermata in primo e secondo grado, per i reati di esercizio abusivo della professione di geometra e di truffa aggravata. L’imputato, pur non avendo l’abilitazione necessaria, si era presentato come geometra a una vittima, facendosi affidare una serie di incarichi professionali. Tra questi figuravano la presentazione di una dichiarazione di successione, l’accatastamento di un immobile e la progettazione di lavori di restauro.

Per l’esecuzione di tali compiti, l’imputato aveva ricevuto un compenso di 4.700,00 euro, senza tuttavia mai portare a termine il lavoro pattuito e senza fornire riscontri concreti alla vittima.

Il Ricorso in Cassazione e le Tesi Difensive

Contro la sentenza della Corte d’Appello, la difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali.

Primo Motivo: L’esercizio abusivo di una professione come reato complesso

La difesa sosteneva che il reato di esercizio abusivo di una professione dovesse essere considerato assorbito in quello, più grave, di truffa. Secondo questa tesi, si sarebbe trattato di un’ipotesi di reato complesso (art. 84 c.p.), in quanto l’artifizio utilizzato per commettere la truffa consisteva proprio nel fingersi un geometra abilitato. In pratica, il primo reato era solo un mezzo per commettere il secondo.

Secondo Motivo: La Mancanza di Prova dell’Intento Fraudolento

In secondo luogo, si contestava la mancanza di una motivazione adeguata riguardo all’elemento psicologico della truffa. La difesa riteneva che non fosse stata fornita una prova sufficiente della volontà dell’imputato di ingannare la vittima, considerando le sole dichiarazioni della parte civile non decisive.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi con argomentazioni chiare e precise.

Sul primo punto, i giudici hanno ribadito un orientamento consolidato, seppur risalente, secondo cui l’esercizio abusivo di una professione e la truffa possono concorrere materialmente. I due reati non si assorbono perché sono posti a tutela di beni giuridici completamente diversi. La truffa protegge il patrimonio del singolo individuo, mentre l’esercizio abusivo di una professione tutela l’interesse della pubblica amministrazione a garantire che determinate attività professionali, di particolare delicatezza, siano svolte solo da soggetti qualificati e abilitati. La Corte ha inoltre sottolineato che nel caso di specie non si era di fronte a una condotta omogenea, ma ad azioni distinte sia sul piano funzionale che psicologico.

Riguardo al secondo motivo, la Cassazione ha ritenuto adeguata la motivazione della Corte d’Appello sulla sussistenza dell’intento fraudolento. Le numerose conversazioni telefoniche tra l’imputato e la vittima, unite al fatto che quest’ultima aveva versato una somma cospicua senza ricevere alcuna prestazione in cambio, erano elementi più che sufficienti a dimostrare l’intenzione di indurre in errore la controparte per procurarsi un ingiusto profitto.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione in commento rafforza un principio di grande importanza pratica: fingersi un professionista per truffare un cliente non è una condotta unica, ma un duplice illecito. Chi subisce un danno patrimoniale da un finto professionista non è l’unica vittima; lo è anche la collettività, il cui interesse a essere tutelata da pratiche professionali non qualificate viene leso. Questa sentenza serve da monito, confermando che il sistema penale risponde con fermezza a queste condotte, punendo separatamente sia l’attacco al patrimonio individuale sia la lesione dell’affidamento pubblico nelle professioni regolamentate.

L’esercizio abusivo di una professione può essere assorbito nel reato di truffa?
No. Secondo la Corte di Cassazione, i due reati possono concorrere materialmente e non si assorbono l’uno nell’altro, in quanto non costituiscono un’ipotesi di reato complesso.

Perché i due reati tutelano interessi diversi?
Perché la truffa è un reato posto a tutela del patrimonio del singolo cittadino, mentre l’esercizio abusivo di una professione protegge l’interesse generale della pubblica amministrazione a che determinate professioni siano svolte solo da persone in possesso della necessaria abilitazione.

Quali prove sono state considerate sufficienti per dimostrare l’intento di truffare?
La Corte ha ritenuto sufficienti le svariate conversazioni telefoniche tra l’imputato e la vittima, dalle quali emergeva l’intenzione di indurre in errore quest’ultima, e il fatto che l’imputato avesse ricevuto un pagamento di 4.700,00 euro senza mai eseguire le prestazioni professionali promesse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati