Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22993 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22993 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
V
NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), nato a Gujrat (Pakistan) ‘DATA_NASCITA, contro la sentenza della Corte d’appello di Milano del 10.5.2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 7.6.2022 la Corte di appello di Milano aveva disposto la consegna all’Autorità Giudiziaria dello Stato di Grecia di NOME
Ir destinatario di un mandato di arresto europeo eseguito il 14.1.2022 ed emesso il 21.3.2018 in forza di sentenza di condanna alla pena di undici anni di reclusione e euro 50.500 di pena pecuniaria, per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina commesso il 7.1.2010;
avverso la predetta decisione aveva proposto ricorso per cassazione il RAGIONE_SOCIALE articolando quattro motivi con cui aveva dedotto: viclazione di legge in relazione all’art. 28 del D. Lg.vo n. 10 del 2021; violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo all’art. 18-bis, lett. c), della legge 69 del 2005; violazione dei legge con riguardo all’art. 10 della legge n. 69 del 2005; violazione di legge con riferimento al rischio, se consegnato, di essere sottoposto a trattamenti inumati o degradanti;
con sentenza del 20.7.2022 la Corte di RAGIONE_SOCIALEzione ha annullato la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte d’appello di Milano giudicando fondati il. secondo ed il quarto motivo del ricorso, infondato il primo ed assorbito il terzo;
con sentenza del 10.5.2024 la Corte d’appello di Milano, giudicando in sede rescissoria ha rifiutato l’esecuzione del MAE emesso in data 21.3.2018 dall’autorità giudiziaria greca nei confronti di NOME COGNOME per l’esecuzione della pena di anni 11 di reclusione e riconosciuto la sentenza della Corte d’appello del Dodecaneso del 23.9.2011, limitatamente alla condanna inflitta per il reato di concorso nel favoreggiamento dell’ingresso e del soggiorno illegale in territorio greco di altro cittadino pakistano, fatto commesso in Rodi il 7.10.2010. Ha ordinato pertanto l’esecuzione della pena di anni 10 di reclusione in Italia;
ricorre nuovamente per cassazione NOME COGNOME tramite il difensore di fiducia che deduce violazione o errata applicazione della legge in relazione agli artt. 10, lett. f), 12 e 13 del D. Lg.vo n. 161 del 2010; mancan2:a, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione: rileva, infatti, che la Corte d’appello di Milano ha disposto l’esecuzione della pena portata dalla sentenza di condanna della Corte del Dodecaneso del cui passaggio in giudicato non vi è prova nemmeno desumibile dal fatto che, in assenza del COGNOME, la decisione di primo grado sarebbe stata impugnata dal difensore di ufficio nell’interesse di diversi imputati, mai indicati nominativamente; aggiunge che tali incertezze rendono impossibile verificare l’eventuale prescrizione del reato, risalente al 2010, o della pena, quali condizioni comunque ostative al riconoscimento; quanto al requisito della “doppia incriminazione”, segnala che la Corte d’appello di Milano ha genericamente evocato il D. Lg.vo 296 del 1998 ma che la lettura della sentenza greca non consente di comprendere quale sarebbe stata la condotta concorsuale ascrivibile
al COGNOME, le fonti di prova ed il suo grado di coinvolgimento nela vicenda risalente a 14 anni addietro;
6. la Procura AVV_NOTAIO ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso:
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
La sentenza impugnata è stata resa in fase di rinvio a séguito dell’annullamento di quella emessa in data 7.6.2022 dalla stessa Corte d’appello, in accoglimento del secondo e del quarto motivo del ricorso con cui la difesa aveva dedotto, rispettivamente: violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla portata dell’art. 18 bis lett c) della legge n. 69 del 2005 e alla sua applicabilit ai cittadini di Stati non membri dell’Unione europea ma residenti in Italia da più anni; violazione di legge in ordine al rischio di sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti alla luce della situazione RAGIONE_SOCIALE carceri greche da itenersi nota anche alla luce della pronunzia della Corte europea dei diritti dell’uomo del 14.1.2021 nel caso COGNOME contro Grecia.
La VI Sezione aveva ritenuto fondato il secondo motivo di ricorso osservando che la Corte costituzionale, con ordinanza n. 2:L7 del 2021, aveva disposto di sottoporre alla Corte di giustizia dell’Unione europea, in via pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), due questioni pregiudiziali direttamente incidenti proprio sulla vicenda in esame; aveva inoltre giudicato fondato il quarto motivo osservando che la Corte d’appello di Milano non aveva fatto corretta applicazione dei principi fissati dalla giurisprudenza (richiamando, a tal proposito, Sez. U, n. 6551 del 24/072020, Rv. 280433) essendosi limitata ad affermare, in termini giudicati generici e comunque assertivi, che nel carcere in cui il consegnando sarebbe detenuto, sarebbe assicurato uno “spazio vivibile” di tre metri quadrati “con la precisazione che, in caso, di sovraffollamento, il detenuto verrà trasferito in altra struttura carceraria”.
La Corte d’appello di Milano, in sede di rinvio, ha correttamente preso atto della decisione con cui la Corte Costituzionale, a séguito della pronuncia della Corte di Giustizia UE del 6.7.2023, e dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 18-bis, comma primo, lett. c) della legge n. 69 del 2005, introdotto dall’art. 6, comma quinto, lett. b), della legge n. 117 del 2019 e sostituite dall’art. 15, comma primo, del D. Lg.vo n. 10 del 2021 nella parte in cui non prevede che la Corte
d’appello possa rifiutare la consegna di un cittadino di uno stato terzo, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora ir territorio italiano e sia sufficientemente integrato in Italia.
I giudici di merito hanno fatto presente che, all’esito di tali decisioni, i legislatore interno era intervenuto con il DL n. 69 del 2023, convertito dalla legge n. 103 del 2023 estendendo le garanzie previste per il cittadino italiano o comunitario ai cittadini di paesi terzi radicato in Italia e dettando le condizioni ed i criteri per ritenere integrati tali presupposti in concreto, peraltro, giudica sussistenti con riguardo all’NOME di cui, di conseguenza, ha rifiutato la consegna alle autorità greche richiedenti.
La VI Sezione aveva giudicato infondato il primo motivo con cui la difesa dell’NOME aveva dedotto violazione di legge e vizio di motivazione sugli stessi elementi di fatto oggetto dell’odierno ricorso.
I giudici della fase rescindente, infatti, dopo aver chiarito quale fosse la normativa applicabile al caso di specie sulla scorta di quanto previsto dall’art. 28 del D. Lg.vo n. 10 del 2021, avevano osservato che “… non diversamente, il motivo è infondato anche in relazione al tema della ritualità del processo, avendo la Corte riportato in punto di fatto il contenuto della nota ricevuta dall’Autorità ellenica i cui si attesta che l’imputato, oltre a essere stato sempre assistito e difeso, ha testimoniato nel suo processo. Né, ancora, il motivo è fondato nella parte residua, essendo i dati indubbiati dal ricorrente evincibili dal mandato di arresto e dagli atti acquisiti”.
Si tratta, invero, RAGIONE_SOCIALE medesime doglianze inammissibilmente replicate in questa sede ed ormai precluse in quanto già devolute e vagliate nella precedente fase: si è chiarito, infatti, che per “parti” della sentenza, su cui può formarsi giudicato parziale, devono intendersi le statuizioni aventi un’autonomia giuridicoconcettuale e, quindi, non solo le decisioni che concludono il giudizio in relazione ad un determinato capo d’imputazione, ma anche a quelle che, nell’ambito di una stessa contestazione, individuano aspetti non più suscettibili di riesame (cfr., in tal senso, Sez. 5 – , n. 19350 del 24/03/2021, COGNOME, Rv. 281106 – 01; Sez. 3, n. 18502 del 08/10/2014, dep. 05/05/2015, COGNOME, Rv. 263636 01).
5. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE, non essendo ravvisabile alcuna ragione d’esonero.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma quinto, della legge n. 69 del 2005.
Così deciso in Roma, il 6.6.2024