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Esecuzione pene concorrenti: limiti alla sospensione

Un condannato ricorre contro il rigetto della richiesta di estinzione della pena e di nullità di un provvedimento di cumulo. La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, confermando che l’esecuzione pene concorrenti non può essere sospesa nuovamente se una richiesta di misura alternativa per una delle pene incluse è già stata respinta. Le doglianze su errori di calcolo sono state ritenute aspecifiche.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Esecuzione Pene Concorrenti: la Cassazione sui Limiti alla Sospensione

L’esecuzione pene concorrenti rappresenta un momento cruciale nel diritto penale, in cui diverse condanne vengono unificate in un’unica pena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 20581/2025, offre chiarimenti fondamentali sui limiti alla possibilità di sospendere l’ordine di esecuzione, specialmente quando una richiesta di misura alternativa è già stata rigettata. Questo articolo analizza la decisione, spiegando i principi applicati e le implicazioni pratiche per i condannati.

I Fatti del Caso

Un condannato si rivolgeva al Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Torino per due motivi principali. In primo luogo, chiedeva la declaratoria di estinzione delle pene di reclusione e arresto per decorso del tempo. In secondo luogo, contestava la validità di un provvedimento di cumulo, sostenendo la sua nullità poiché l’ordine di esecuzione non era stato sospeso. Il Tribunale rigettava entrambe le istanze, sottolineando l’operatività di ostacoli normativi all’estinzione della pena (la recidiva specifica infraquinquennale) e l’impossibilità di concedere una nuova sospensione dell’ordine di esecuzione, dato che una precedente richiesta di misura alternativa era già stata respinta dal Tribunale di Sorveglianza. Contro questa ordinanza, il condannato proponeva ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le doglianze del ricorrente manifestamente infondate e aspecifiche. La decisione ha confermato in toto l’operato del Giudice dell’esecuzione, ribadendo principi consolidati in materia di esecuzione pene concorrenti e di sospensione dell’ordine di carcerazione.

L’inammissibilità della nuova sospensione nell’esecuzione pene concorrenti

Il cuore della pronuncia risiede nella questione della sospensione dell’ordine di esecuzione. La Cassazione ha richiamato il proprio orientamento secondo cui la sospensione prevista dall’art. 656 c.p.p., finalizzata a consentire al condannato di richiedere una misura alternativa alla detenzione, non può essere reiterata. Se questa opportunità è già stata concessa (e la successiva istanza di misura alternativa è stata rigettata) per una delle condanne, non può essere riproposta quando quella stessa condanna viene inclusa in un successivo provvedimento di cumulo. L’espressione “stessa condanna” si riferisce anche a una sola delle pene comprese nel cumulo, poiché questo istituto comporta l’esecuzione unitaria di tutti i titoli come se derivassero da un’unica sentenza.

Il Principio di Unitarietà dell’Esecuzione

Un altro pilastro della decisione è il principio dell’unitarietà dell’esecuzione. Ai sensi dell’art. 76, secondo comma, del codice penale, le pene di specie diversa (come reclusione e arresto) concorrenti si considerano, per ogni effetto giuridico, come un’unica pena della specie più grave. Ciò implica che non è possibile “sciogliere” il cumulo per dichiarare l’estinzione di una singola pena. Il cumulo crea un titolo esecutivo unitario e inscindibile.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto che il Giudice dell’esecuzione avesse correttamente applicato i principi giurisprudenziali consolidati. Le censure sollevate dal ricorrente nel suo appello, relative a presunti errori nel calcolo della pena per l’omessa considerazione dell’indulto e del presofferto all’estero, sono state giudicate aspecifiche. Il ricorrente non ha fornito elementi concreti per contestare quanto già accertato nell’ordinanza impugnata, la quale aveva dato atto che l’indulto era stato correttamente conteggiato e che mancavano i presupposti per considerare il periodo di detenzione sofferto in un altro Stato. La manifesta infondatezza delle doglianze ha quindi portato a una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce due concetti fondamentali nell’ambito dell’esecuzione pene concorrenti. Primo, il cumulo giuridico crea un’entità unica e inscindibile ai fini esecutivi. Secondo, l’opportunità di richiedere la sospensione dell’ordine di esecuzione per accedere a misure alternative è unica: una volta giocata e persa, non può essere riproposta per le medesime condanne, anche se confluite in un nuovo cumulo. La decisione sottolinea l’importanza di presentare ricorsi specifici e ben argomentati, poiché doglianze generiche o non provate conducono inevitabilmente all’inammissibilità.

È possibile ottenere una nuova sospensione dell’ordine di esecuzione per un cumulo di pene se una richiesta di misura alternativa è già stata rigettata in precedenza per una delle condanne incluse?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la sospensione non può essere reiterata. Se la richiesta di misura alternativa è stata respinta per una delle condanne, anche se poi inserita in un provvedimento di cumulo successivo, non è possibile ottenere una nuova sospensione.

Come vengono considerate le pene di specie diversa (es. reclusione e arresto) in un provvedimento di esecuzione di pene concorrenti?
Ai sensi dell’art. 76 del codice penale, le pene di specie diversa concorrenti sono considerate, per ogni effetto giuridico, come un’unica pena della specie più grave. Questo rafforza il principio dell’unitarietà dell’esecuzione e impedisce di ‘sciogliere’ il cumulo per estinguere solo una parte della pena.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché basato su doglianze manifestamente infondate e aspecifiche. Il ricorrente non ha contestato validamente i principi giuridici applicati dal giudice dell’esecuzione e ha sollevato questioni sul calcolo della pena (indulto e presofferto all’estero) senza fornire argomenti specifici e pertinenti che potessero scalfire la correttezza della decisione impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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